Nei primi anni del '900, e per molti altri a venire, i fotografi inquadravano la scena attraverso i mirini "a traguardo". Prevedere il risultato richiedeva molta pratica. L'alternativa era il vetro smerigliato sul retro della fotocamera, erede della camera obscura. Anche qui l'esperienza era fondamentale: l'immagine era poco luminosa e capovolta.
I mirini ottici "a cannocchiale" si diffonderanno negli anni '30" con le Leica e le Contax.

Ottico, elettronico, telefonico: il mirino e i suoi problemi

Lezioni di fotografia  N. 14  – 19 settembre 2022 Precedente  Successiva
   Indice delle lezioni

Il piccolo schermo sul dorso della fotocamera è un'utile innovazione della fotografia digitale, soprattutto per controllare le immagini appena scattate. Molti lo usano anche per inquadrare la scena, al posto del mirino ottico (eye level finder), ma spesso non è la scelta migliore. In questa lezione vediamo quando e perché usare l'uno o l'altro sistema di visione. E capiremo anche perché il telefono cellulare, privo di mirino ottico, non può sostituire una "vera" fotocamera. Con buona pace della pubblicità, che cerca di farci credere il contrario.

Nell'ambito professionale è sempre in uso il sistema reflex, ottico-meccanico, basato su specchio mobile, vetro smerigliato e pentaprisma, vecchio di oltre settant'anni (la prima reflex con questo schema fu l'italiana Rectaflex del 1949). Ma sta uscendo dalla scena: le fotocamere mirrorless (senza specchio) combinano i  vantaggi del reflex con quelli del digitale, sono più semplici, più compatte, più economiche da costruire. Nel giro di pochi anni le reflex saranno usate solo dagli appassionati, anche se la visione dell'immagine reale sul vetro smerigliato può essere più efficace dell'immagine virtuale elettronica. Mentre quest'ultima ha il vantaggio di rendere più chiare le scene poco illuminate, che sul vetro smerigliato appaiono scure, come nella realtà.

Come sempre l'innovazione comporta dubbi e discussioni. Il vero dilemma è tra luso del mirino ottico o del display sul dorso dell'apparecchio. Molti si sono abituati al display, ma il mirino eye level, dicono le leggi dell'ottica, offre una visione decisamente migliore. Cerchiamo di capire perché.

L'area utile dello schermo di uno smartphone è più grande di quella offerta dallo schermino di una reflex o mirrorless.
Con un'app per le riprese a distanza si può usare il telefonino come schermo aggiuntivo, ma resta il problema della scarsa visibilità dei display in condizioni di forte luce ambiente.
Una Leica del 1949 con il 35mm f:2,8 "sovietico" degli anni '70): il mirino per le diverse focali è composto da una serie di piccoli "cannocchiali" di diversa "potenza", cioè di diverso fattore di ingrandimento, ciascuno calcolato per una delle focali disponibili (28, 35, 50, 85, 135mm) .
L'ingrandimento a 50mm era basso, intorno al 50%, ma comunque superiore a quello del mirino incorporato nella camera.
Tutto ruota intorno al fattore di ingrandimento del sistema ottico. E' il rapporto tra le dimensioni del soggetto e quelle della sua proiezione  sulla superficie sensibile (pellicola, sensore digitale, ma anche la retina dell'occhio), misurando l'angolo sotto il quale l'occhio stesso vede il soggetto (lo schema qui sotto è più chiaro delle parole).
Non occorrono grandi competenze scientifiche per capire che un'immagine grande presenta più dettagli di una piccola. Ma potrebbe non essere chiaro perché l'inquadratura nel mirino oculare è molto più " grande" di quella che si vede nel display. Il punto di partenza è che la dimensione di un'immagine viene misurata dalla vista sulla base della sua dimensione angolare. Se nel mirino l'angolo è lo stesso, l'ingrandimento è del 100%, cioè di un fattore pari a 1.
Per esempio: prendiamo un oggetto lungo un metro e lo guardiamo da una distanza tale da essere visto sotto un angolo di 50°. Ora, se guardiamo lo stesso oggetto attraverso un mirino con ingrandimento dell'80% (ovvero con un fattore pari a 0,8), lo vediamo sotto un angolo di 40°. Se invece il nostro sistema di visione ha un ingrandimento del 120% (ovvero un fattore pari a 1,2), lo vedremo sotto un angolo di 60°.
I mirini delle reflex/mirrorless non arrivano al 100% di ingrandimento; i migliori  sfiorano il 95%, ma ci sono molti apparecchi di fascia alta che non arrivano al 90%.
Lo schema di uno dei migliori mirini reflex mai costruiti: il Photomic FTn della Nikon F: Inquadrava il 100% del fotogramma, ma l'ingrandimento era pari a 0,9x, cioè con l'obiettivo 50mm la visione angolare era il 90% di quella a occhio nudo (illustrazione da Il libro Nikon del 1970).

Anche nella maggior parte delle reflex/mirrorless attuali il campo inquadrato è più o meno tagliato ai bordi, mentre l'ingrandimento è inferiore a 1, per limitare le dimensioni del sistema di visione.

Lo schema dell'ingrandimento dell'inquadratura in un mirino oculare con un fattore teorico di 1 (in pratica è spesso inferiore a 0,9), 
Da una distanza di 3 metri, se osserviamo dalla testa ai piedi una persona alta 1,70m, il nostro sguardo compie un arco di circa 40°. E' lo stesso campo coperto da un obiettivo 50mm sul lato lungo del formato" 24x36mm.
Dunque, se inquadriamo il nostro soggetto alla stessa distanza di visione con l'apparecchio in verticale, il soggetto riempie il fotogramma.
Se l'ingrandimento del mirino fosse del 100%, il nostro occhio lo osserverebbe sotto lo stesso angolo della visione a occhio nudo.
E' per questo che un'ottica di focale vicina alla diagonale del fotogramma è considerata "normale".
Nella foto qui a sinistra le mucche sembrano ambedue a fuoco. Ed è un'immagine quasi quattro volte più grande di quella che si vede nello schermo posteriore di una reflex (qui a destra).

Ma l'ingrandimento  – qui sotto – rivela  che è a fuoco solo l'animale in primo piano. In sostanza, il monitor incorporato nella fotocamera non permette di prevedere con sufficiente precisione il risultato finale. Che invece si può almeno intuire guardando nel mirino e usando (quando c'è) il controllo della profondità di campo.

La scena come appare sullo schermo posteriore di una reflex, che misura sulla diagonale 3" (7,5cm), o poco più. Qui si vede (più o meno) a grandezza naturale su uno schermo da 27" FHD (1920x1080).
Sembra che tutto sia a fuoco.
Inquadrare dallo schermo del  telefonino o dal display della fotocamera significa vedere un'immagine molto più piccola di quella offerta da un mirino eye level. A 30 centimetri di distanza, l'intero schermo di un telefonino è visto sotto un angolo tra i 10° e i 20° circa, mentre la visione nel mirino occupa l'intero campo visivo nitido, con un ingrandimento che dipende dalla focale dell'obiettivo. La differenza si vede in questa coppia di scatti.
Il primo, qui a sinistra, era una prova per  valutare la resa di un obiettivo in controluce quasi totale, senza un paraluce adeguato alla focale, come si vede dai riflessi e dall'alone diffuso (flare). Guardando nel display posteriore, quella piccola macchia chiara in basso a destra era quasi invisibile. Ma, guardando con attenzione nel mirino, si vedeva una "forma" ben diversa da quella di un possibile riflesso spurio.
Cambio immediato di obiettivo. Il telezoom rivelava una meravigliosa ragnatela (eccola qui sotto). Ma vista – e fotografata – una ragnatela così bella.

Ecco perché è importante usare il mirino oculare, quando è possibile. Si vedono dettagli che negli schermini posteriori non si possono notare o analizzare.

Lavorare con le focali estreme non è semplice, sopratutto quando l'ottica ha più di quarant'anni di vita come il venerando MTO 1100mm (qui a sinistra). Occorrono un treppiede robusto ed è utile una testa con regolazione micrometrica, perché con un angolo di campo di soli 2° è difficile solo trovare il soggetto. In questi casi il mirino ottico è scomodo, usare il display  posteriore è l'alternativa. L'ingrandimento dell'immagine aiuta la messa a fuoco, sempre critica quando la profondità di campo è praticamente nulla, ma la luce ambiente e i riflessi possono rendere ardua l'operazione.

Una possibile soluzione è l'uso di un paraluce per il display (qui a destra): con una spesa contenuta (bisogna cercare il modello adatto alla fotocamera), la visione migliora non poco. Nell'uso della camera a mano libera, c'è il vantaggio di tenere d'occhio il "fuori-campo". A volte questo è il solo motivo per usare il display invece del mirino.

La soluzione finale: l'uso come monitor di un televisorino da 10" (inservibile come tale dopo il passaggio al digitale terrestre T2), dotato di porta HDMI. Con l'aggiunta di un paraluce di cartone fatto al volo. 
Un "mirino" di queste dimensioni è una vera pacchia per inquadrare e mettere a fuoco con la massima precisione (solo scene statiche!). Ma anche con i monitor da 5" o 7", che si possono comperare a cifre ragionevoli, si può lavorare bene.

Un'ultima considerazione. Al tempo della fotografia digitale e dei teleobiettivi "superzoom", usare un'ottica vecchia di mezzo secolo, che pesa quasi quattro chili, ha senso solo a scopo didattico o per puro divertimento. Ma le "lezioni di fotografia" sono nate proprio per questo.

Manlio Cammarata reporter - Newsletter
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