La Terra e la Luna si vedono perché sono materia che reagisce con la luce del Sole. Ma il cielo è nero perché nello spazio non c'è materia che possa reagire con la luce. Questa è la semplice dimostrazione del fatto che la luce non si vede. Si vede solo la materia colpita dalla luce (foto da Wikipedia).

Qual è la materia prima per "fabbricare" le immagini?

Lezioni di fotografia  N. 13  – 11 gennaio 2021 Precedente  Successiva
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«Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole un albero...» cantava Sergio Endrigo tanti anni fa. Certo, per fabbricare qualsiasi cosa occorre una materia prima. Ma qual è la materia prima che occorre per "fabbricare" una fotografia?
Quando ponevo questa domanda ai miei studenti, nel secolo scorso, la risposta più comune era «la pellicola». Risposta sbagliata. E' facile capirlo oggi, perché la pellicola non si usa più, ma le foto si fanno lo stesso. E facile capire che il sensore elettronico non è la materia prima che serve a fare fotografie, neanche i bit e nemmeno hardware e software. Perché la materia prima della fotografia è sempre la luce.
Già, la luce. Infatti "fotografia" significa appunto "scrittura con la luce", come tutti sanno. Dunque la luce è l'elemento essenziale da considerare quando "pensiamo" una fotografia o una scena in movimento. La luce, come si vede dall'esempio qui a destra, può costituire il motivo di uno scatto che, con una luce diversa, potrebbe essere banale.
Tutto parte  da un principio che a prima vista può apparire strano: la luce non si vede, come dimostra la notissima fotografia qui a sinistra. Quello che noi vediamo, e registriamo, sono i corpi luminosi e la materia colpita dalla luce. E se la luce cambia, cambia la nostra percezione della realtà.

In questa lezione Il soggetto è uno solo: l'antico convento che domina la valle sulla quale si affaccia il balcone di casa mia. Una scena già vista diverse volte nelle puntate precedenti, qui ripresa con una luce sempre diversa, a diverse ore e in diverse stagioni. Cambiano le inquadrature, perché la luce (e i colori che essa genera) suggeriscono di volta in volta immagini differenti.

Il soggetto è abbastanza banale. Ma questa foto "funziona" grazie al colpo di luce obliquo. Fotografie come questa dimostrano che luce è la materia prima che serve a "fabbricare" l'immagine.
Questa è la scena di riferimento, la ripresa verso mezzogiorno di un paesaggio in piena estate, in una giornata di sole.
Ecco, è un'immagine alquanto banale, che sfrutta senza farsi troppe domande una materia prima inesauribile, una materia che non inquina ed è sempre gratis.

Ho scritto "senza farsi troppe domande": questo è il punto. Perché, per scattare foto non banali, è necessario considerare il problema di come scegliere e sfruttare la luce.
Lo vediamo nelle prossime immagini.

 

Dall'estate all'inverno, con qualche spruzzo di neve. Più o meno alla stessa ora in cui è stata scattata la prima foto c'è una luce completamente diversa.
E' interessante osservare che nelle due inquadrature l'occhio non è attratto dagli stessi particolari: a parte l'edificio al centro, alcune aree che appaiono interessanti nella seconda foto non hanno particolare rilievo nella prima e viceversa. I motivo è che il bianco della neve riflette più luce e quindi attribuisce maggiore evidenza a tutta l'area dietro il soggetto, mentre nella foto precedente l'occhio era attratto dalla vegetazione in primo piano, più luminosa.
Autunno. Alle prime ore del mattino il cielo nero minaccia un temporale. La luce calda (circa 4800°K) del Sole basso sull'orizzonte filtra da uno squarcio tra le nuvole e genera una sensazione completamente diversa da quella della foto di riferimento (l'effetto è accentuato da un pizzico di sottoesposizione).

Dall'istogramma RGB (qui sotto) si vede come tutta l'inquadratura si risolva in un impasto di basse luci. Ma l'aspetto più interessante si scopre osservando la foto successiva.

 

 

Pochi giorni dopo la foto precedente, alla stessa ora, il cielo è sereno e l'effetto cambia completamente. Si nota che la vegetazione è più rossa, ma non è solo l'effetto naturale dell'inverno alle porte. E' la luce diretta che stacca i colori più della luce  diffusa (si nota in particolare nell'area a destra).

La dimostrazione è nell'istogramma qui sotto, da confrontare con quello della foto precedente. E' evidente che a una luce differente corrisponde una resa dei colori del tutto diversa, anche se la temperatura di colore, qui di 5000°K, è quasi la stessa. 

Ancora di prima mattina, con il Sole che si specchia sui vetri delle finestre del convento. Altra luce, altra storia.

Il riflesso "sparato" dall'ultima finestra direttamente nell'obiettivo è l'effetto della legge della riflessione, per la quale l'angolo della luce incidente sulla superficie che riflette è uguale all'angolo della luce emergente. In sostanza l'angolo tra il vetro e il Sole è uguale a quello tra lo stesso vetro e l'asse di ripresa.
La verifica è facile osservando le altre finestre: a mano a mano che aumenta l'angolo tra i vetri e la fonte di luce, il riflesso diminuisce.

 

Questa foto è l'opposto della precedente, sotto l'aspetto della luce  incidente: dalla luce diretta del Sole alla luce diffusa delle nuvole. La luce che si definisce "diffusa" colpisce il soggetto da infinite direzioni, così tutte le finestre generano gli stessi riflessi.
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Tramonto d'inverno, luce "di taglio" e la facciata del convento è in ombra. Il colore caldo della luce è quasi lo stesso del primo mattino (la banda dei colori più freddi è attenuata dal più alto spessore dell'atmosfera che la luce deve attraversare quando il Sole è basso sull'orizzonte).
Ancora una volta il senso di una fotografia è dato dalla luce, in un'inquadratura che si fa beffe della classica regola che prescrive di "fotografare con il sole alle spalle".
Una regola evidentemente sbagliata.
La ripresa notturna dell'ennesimo incendio estivo rivela un'interessante gioco di luci. La temperatura di colore è quella giusta per la scena, come si vede dal colore del muro del convento e dai lampioni, ma il fumo è illuminato dalle fiamme e quindi appare rosso.

Il fuoco notturno è il risveglio di un incendio che alla fine della giornata sembrava spento: lo vediamo nella foto che segue, che aiuta a capire come la luce reagisce con la materia.

 

Qui accanto si vede l'incendio al tramonto, quando pareva quasi domato. Osserviamo il colore del fumo alla luce del giorno: è grigio-azzurrino e in parte tende al marrone. Questo è il colore delle particelle sospese nell'aria, che riflettono lo spettro completo della luce del giorno.

Invece nella foto precedente abbiamo visto il fumo rosso, per la mancanza di una componente blu nella luce prodotta dalle fiamme.

Nelle due foto qui sotto, il ritorno dei pompieri. In quella a sinistra sta arrivando la prima autopompa e il fumo è ancora rosso (si nota appena il riflesso blu sulla casa in basso a destra). Nella seconda foto sta passando la seconda autopompa, mentre la prima ha già raggiunto le vicinanze del fuoco dietro la collinetta. Ora il fumo tende a virare verso il blu, perché è illuminato anche dai lampeggianti dei due mezzi.

Il punto interessante è che cambia solo il colore del fumo, mentre  i colori delle altre luci della scena restano uguali nelle due inquadrature

Concludiamo con una situazione di luce particolare, la solita scena in un mattino di nebbia. Una situazione spesso non facile da controllare. Le goccioline sospese che formano la nebbia diffondono, rifrangono e riflettono la luce. Così abbassano il contrasto e confondono i dettagli..
In collina la nebbia non è uniforme come di solito in pianura, ma ci sono densità diverse e squarci che rivelano i colori. E ancora una volta la luce si rivela la materia prima necessaria anche per realizzare immagini inconsuete. 

 

 

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