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Televisione

Tanti nodi verranno al pettine con le nuove assegnazioni

Frequenze all'asta in un caos lungo trent'anni

Non ci saranno nuove frequenze in regalo per Mediaset: il "concorso di bellezza" inventato dall'ex-ministro Romani è saltato. Ma l'assegnazione in seguito a una gara potrebbe creare nuovi problemi in aree dove la situazione è già critica.

20.12.11

Il Governo ha deciso: non ci sarà il "concorso di bellezza" per assegnare le cinque nuove frequenze del digitale terrestre. Si farà un'asta e lo Stato incasserà un po' di euro.
Era inevitabile: in questi tempi di magra un altro regalo a Mediaset è inconcepibile. Ora che il signore delle televisioni non è più capo del governo, non può più fare regali a se stesso, direttamente o facendo vista di farli al servizio pubblico (ancora controllato da se medesimo).

Tutto a posto? Neanche per sogno. Più si cerca di capire la questione, più essa appare ingarbugliata. Un pasticcio infinito che ha origini lontane, più lontane di quelle sommariamente descritte qualche mese fa nell'articolo Frequenze, il pasticcio che fa tremare il Governo. Ora la situazione potrebbe peggiorare, non solo per l'imminente asta, ma anche perché presto dovranno essere liberati i canali dal 61 al 69, da destinare alle comunicazioni mobili.

Ma perché l'asta delle "nuove" frequenze dovrebbe peggiorare il quadro? Per il semplicissimo motivo che molte delle frequenze da assegnare non sono libere, ma occupate dalla Rai. Due esempi sono il canale 24 in Emilia-Romagna e il 25 nel Lazio. Sono stati attivati subito dopo i rispettivi switch-off, quando si è visto che in troppe aree non si vedevano i canali del servizio pubblico. Errori nella pianificazione? No, errori nell'assegnazione, come spiega il professor Antonio Sassano nell'intervista pubblicata qui.

Ora sono molti i teleutenti che ricevono questi canali sulle frequenze "provvisorie". Che in seguito all'asta potranno essere assegnati ad altri operatori, oscurando definitivamente il servizio pubblico per moltissimi utenti. Quanti? Nessuno lo sa. O meglio, nessuno lo dice.

Chi volesse capire meglio le questioni tecniche trova una sintesi in Interferenze televisive tra geografia e politica, dove si vede come il problema non sia più tecnico che politico. A partire dalla metà degli anni '70 del secolo scorso, con l'avvento dell'emittenza privata, l'etere è stato oggetto di un'occupazione selvaggia, alla quale i governi che si sono succeduti per decenni non hanno saputo o voluto porre rimedio. All'inizio degli anni '80 la situazione era definitivamente compromessa.

La digitalizzazione poteva essere l'occasione per riordinare il sistema. Ma il Ministero ha assegnato più frequenze di quelle indicate dai tecnici e i canali digitali si interferiscono a vicenda tra regioni confinanti. In questo modo si perpetua una parte del caos che dura da trent'anni.

Non basta. A tutto questo si aggiungerà la revisione del Codice delle comunicazioni elettroniche, sulla quale sta lavorando il Governo, che cambierà i criteri di utilizzo delle frequenze. Meno televisione e più larga banda mobile. Cioè meno spazio per le emittenti televisive. Potrebbe essere l'occasione giusta per mettere un po' di ordine. Ci sarà la "volontà politica" di farlo?

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