Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013

Televisione

Nuovi legami con le TV locali per la Rai che deve reinventarsi

Rai e TV locali: il servizio pubblico di prossimità

La proposta di Carlo Rognoni, ex consigliere di amministrazione della Rai, indica una strada possibile per un nuovo ruolo del servizio pubblico nell'era della rivoluzione digitale: sostenere l'informazione delle TV locali.

di Carlo Rognoni - 07.01.13 (da l'Unità del 30.12.12)

Il sistema dei media è al centro di una tempesta perfetta. La rivoluzione digitale sta sconvolgendo tutti i mercati storici singolarmente presi – carta stampata, televisione, radio, cinema. Il web conquista spazi vecchi e nuovi e liquida le certezze di un tempo che fu. Il grande cambiamento è sia di tipo strutturale (per semplificate internet, la convergenza digitale) sia legato alla difficile situazione congiunturale (la crisi ha provocato la caduta dei fatturati pubblicitari).

Chiunque prenderà in mano il governo del Paese, insomma, dovrà assumersi anche la responsabilità di immaginare nuovi scenari, nuove soluzioni che diano una risposta a questa doppia crisi, che – ripeto – è strutturale e congiunturale al tempo stesso.
Da dove cominciare? Partiamo dalla televisione e in particolare dall’idea di servizio pubblico, la cui responsabilità sta proprio nelle decisioni delle forze politiche.

Prima domanda: può la Rai restare l’azienda che è oggi? Per viale Mazzini è cominciato il conto alla rovescia: meno tre. Mancano tre anni alla scadenza della Convenzione Stato-Rai e non è scritto sulla pietra che la Convenzione debba essere rinnovata così come lo fu anni fa. Se si leggono le regole dell’Unione europea si scopre, anzi, che anche i privati, a determinate condizioni, possono aspirare a fare servizio pubblico.

Seconda domanda: può l’arcipelago delle televisioni locali sopravvivere così come ha funzionato fino a oggi, grazie soprattutto a finanziamenti a pioggia sempre meno generosi, e che cominciano a risentire pesantemente dei tagli alla spesa necessari per combattere il mostro del debito pubblico? Ha senso provare a trovare un filo conduttore che unisca il destino della Rai a quello di alcune tv locali in nome dell’idea di servizio pubblico?

Per la Rai la politica ha il dovere di chiarire che cosa è giusto aspettarsi da un servizio pubblico audiovisivo, non più solo televisivo. Mentre i partiti devono fare un passo indietro rispetto alla gestione quotidiana. E chi guiderà la Rai di domani non dovrà più farsi condizionare da logiche partitocratiche d’antan, dalla spartizione, dalla lottizzazione. Davanti a sé avrà alcune difficili e importantissime scelte strategiche: dal fare i conti con la frammentazione degli ascolti alla necessità di riorganizzare l’offerta, con in testa sia il tema della qualità sia soprattutto la domanda che nasce dalla rete, da internet. Dovrà arrivare alla separazione – anche proprietaria - fra una Rai “operatore di rete” e una Rai “fornitrice di contenuti”. E infine dovrà reinventarsi l’idea stessa di servizio pubblico sui territori, regioni, grandi e piccoli comuni.

Ed è proprio ripensando alla presenza sui territori che si può intravvedere un nuovo ruolo per la Rai. Si possono immaginare intrecci e legami che il futuro del servizio pubblico potrebbe avere con il variegato mondo delle televisioni locali.
Non si tratta di mettere insieme due debolezze ma di costruire una nuova forza dall’unione di più soggetti, una forza in grado di rispondere alle diverse crisi di cui tutto il sistema soffre.

Da una parte la Rai che oggi fa i conti con una crisi di credibilità, di identità, di ritardi tecnologici, di bilancio. E che con l’aiuto che potrebbe dare alle tv locali sia in termini economici, contrattuali, sia in termini culturali e tecnologici, potrebbe recuperare un ruolo centrale per il rilancio dell’idea stessa di un servizio pubblico moderno e allargato.

Dall’altra le tv locali che stanno vivendo il periodo più nero da quando, 38 anni fa, è nata l’emittenza televisiva locale privata. Un numero crescente di tv locali sta scoprendo che televendite e maghi non seducono più nessuno. Non è meglio provare a fare informazione per il territorio che coprono con il loro segnale? Non è meglio offrire servizi ai cittadini diventando televisioni di prossimità? Alcune tv locali hanno già cominciato ad avventurarsi lungo queste scelte di maggior servizio e qualità e per molte di loro sta maturando la convinzione di meritare il riconoscimento di piccoli e importanti servizi pubblici locali. Le tv di prossimità, d’altra parte, arrivano dove la Rai non può certo arrivare.

E poi: ha senso che ogni tv locale aspiri a diventare operatore di rete? Non sarebbe più saggio consorziare il patrimonio delle frequenze ed evitare lo spreco di una risorsa che oggi non è più così carente come un tempo e che tuttavia serve soprattutto ai servizi di mobilità, al wi-fi, alle tlc?

Da qui la sfida che un nuovo governo dovrebbe affrontare: è pensabile un processo graduale, un percorso prudente quanto si vuole, il meno velleitario possibile, che leghi nell’idea di servizio pubblico la Rai e quelle tv locali pronte a garantire un’informazione pluralista sulla base di contratti di servizio stipulati con gli enti locali, Regioni, Comuni e la stessa Rai?

E gli enti locali non potrebbero impegnarsi nel recupero dell’evasione, oggi del canone, domani della tassa di scopo che dovrebbe sostituire il canone? E se una quota di quanto recuperato venisse “girato”, in base a regole chiare e predeterminate, a quelle tv locali che più si impegnano a fare servizio pubblico di prossimità? Sia la Rai sia le tv locali avrebbero solo da guadagnarci a percorrere questa strada. E soprattutto avrebbero da guadagnarci i cittadini che potrebbero contare su più informazione e su più servizi.

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