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Televisione

Questa volta la campagna mediatica non ha funzionato bene 

Elezioni e televisione: qualcosa sta cambiando

E' opinione comune che la televisione sia il mezzo più potente per la formazione delle scelte politiche. Ma dalle elezioni amministrative delle scorse settimane emergono risultati che sembrano indicare un cambiamento forse inarrestabile. 

06.06.11

Secondo il signore delle televisioni nonché capo del Governo, la "colpa" della batosta subita con le elezioni amministrative sarebbe di Annozero. Michele Santoro gli ha risposto che una trasmissione settimanale non può essere più efficace di un intero contesto di informazione in gran parte allineato diversamente. E ha ragione, almeno a prima vista.

Però la questione è molto interessante, perché riguarda l'opinione più diffusa sul potere della televisione e sulla sua capacità di influenzare le scelte politiche di una larga percentuale dei cittadini-elettori.
Che l'informazione politica in Italia sia "sbilanciata" dalla parte della maggioranza di governo è una constatazione che deriva semplicemente dai numeri.

Non ho a portata di mano dati aggiornati. Ma chiunque può fare a spanne la somma delle ore di esposizione settimanale dei telespettatori al TG1 (con il supporto a seguire di Giuliano Ferrara), al TG2, al TG5, al TG4 e a Studio aperto. E confrontarla con le due ore di Annozero. Anche se aggiungiamo Ballarò, Che tempo che fa e Parla con me (le trasmissioni da sempre nel mirino del succitato signore), la differenza resta molto ampia.

Si deve anche considerare che nei telegiornali l'informazione è a senso unico, senza quel "contraddittorio" che viene invocato (spesso a sproposito) per altri contenuti televisivi. Nei telegiornali ogni opinione tende a presentarsi come un fatto, ogni notizia come verità. Invece nei programmi di approfondimento, come Annozero, sono sempre in campo due opposte fazioni. In questo modo è più facile che lo spettatore sia indotto a riflettere sui fatti che gli vengono proposti e che raggiunga un convincimento più maturo e forte di quello che può derivare da notizie subite passivamente.

Ma questo non basta a spiegare come mai nell'ultima campagna elettorale la potenza del fuoco berlusconiano non abbia sortito il solito effetto. Gli elettori hanno votato di testa loro. Le spiegazioni sul piano politico sono tante e non ci interessano in questa sede. Il problema è capire se il potere della televisione sia finito o se fino a oggi abbiamo sbagliato qualcosa nel valutarlo. La questione non è di poco conto, perché coinvolge il modo di fare la televisione e le sue regole.

Regole che oggi si chiamano soprattutto par condicio e che sono alla base dei continui quanto inutili interventi dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Essa rileva quasi sempre "sbilanciamenti" a favore del Governo nell'informazione televisiva, raccomanda e poi commina sanzioni, risibili di fronte agli interessi in gioco (vedi anche Invasione di campo. E l'arbitro chiede spiegazioni).

Probabilmente il "fallimento comunicativo" delle scorse settimane ha due ragioni. Una è contingente: se la comunicazione non incontra una disposizione favorevole da parte del pubblico, l'insistenza ne peggiora gli effetti.
La seconda ragione è strutturale: il contesto dell'informazione sta cambiando. Anche se la televisione mantiene un forte potere di persuasione (se non altro perché è sempre il mezzo più seguito), altre fonti entrano in campo. Parlo naturalmente del Web e dei suoi diversi "canali", dai giornali online ai blog, ai social network.

Canali che sono seguiti soprattutto dai ragazzi, abbastanza impermeabili alle suggestioni della televisione. Ma questi ragazzi crescono e diventano elettori!
Altri li stanno seguendo. Sono persone che non hanno avuto la televisione come balia, ma l'internet come punto di contatto col mondo. Questo significa che il potere della televisione, come l'abbiamo vissuto fino a oggi, sta diminuendo. O almeno sta cambiando, a mano a mano che le nuove generazioni si affacciano alla vita politica.

Non mi sembra che questo sia un male. Anzi. La crescita delle fonti di informazione e di conoscenza è comunque un fatto positivo.
Ma c'è un altro aspetto da considerare: anche all'interno dello stesso sistema televisivo sono in corso cambiamenti significativi. Nel duopolio Rai-Mediaset si sta inserendo un terzo, forte protagonista. E' La7, con il TG di Enrico Mentana e con programmi di approfondimento che ne seguono il principio: dare le notizie e aiutare a capirle.

D'accordo, gli ascolti de La7 sono poca cosa di fronte a quelli complessivi del duopolio. Ma vi dice niente il fatto che il numero di persone che ha seguito Mentana nelle trasmissioni sui risultati delle elezioni amministrative sia stato di poco inferiore a quello che si è sintonizzato sugli studi della testata "ammiraglia" del servizio pubblico, al comando di Minzolini?

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