Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013

Televisione

I tagli troppo "mirati" nell'attuazione della direttiva UE

Eccesso di delega o eccesso di potere televisivo?

Non solo il taglio della pubblicità, che colpisce soprattutto Sky. Un altro taglio colpisce la produzione italiana di fiction, con l'eliminazione delle quote introdotte nel 2008 dal centro-sinistra. Internet: norme pericolose.

18 gennaio 2010

C'è un forte sospetto di incostituzionalità per "eccesso di delega" nelle modifiche al testo unico della radiotelevisione che il Governo sta per introdurre con l'attuazione della direttiva europea sui "servizi di media audiovisivi". "Eccesso di delega" è il vizio di un decreto legislativo che può determinarne l'incostituzionalità: se il Governo emana un testo che contiene norme non previste dalla legge-delega, queste cadono sotto la scure della Corte costituzionale, se un giudice solleva il caso davanti alla Corte stessa. Nello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/65/CE il vizio deriverebbe dal fatto che il Parlamento ha delegato il Governo a recepire la direttiva 2007/65/CE, ma non a modificare le norme del testo unico della radiotelevisione delle quali la stessa direttiva non impone la modifica. "Eccesso a prescindere" lo ha definito Giuseppe Giulietti. Ma forse sarebbe più corretto chiamarlo "eccesso di potere televisivo", visto che nel nostro Paese il potere del governo si identifica spesso con il potere della televisione.

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Ma tant'è. Andiamo avanti con l'analisi del testo iniziata una settimana fa (vedi Le polpette avvelenate del nuovo Testo unico radio-TV).
Come abbiamo visto, nel testo comunitario c'è un significativo cambiamento di prospettiva: dalla "televisione" si passa ai "media audiovisivi". La direttiva interpreta quindi correttamente l'attuale momento di convergenza dei media, in particolare il fatto che stanno cambiando le modalità di fruizione dei contenuti. Diminuisce il peso della TV "lineare" e aumenta l'offerta di programmi a richiesta, anche attraverso l'internet (nelle diverse modalità della web-tv e della IP-tv). Ma da qui a sottoporre buona parte dei contenuti audiovisivi di internet alla stessa disciplina della televisione di distanza ne corre molta.

Invece il nostro legislatore, con disposizioni confuse e contraddittorie, mette sullo stesso piano le trasmissioni televisive e i contenuti multimediali del web. Si legge infatti alla lettera a) delle definizioni che un "servizio di media audiovisivo" sono anche i servizi "anche veicolati mediante siti Internet, che comportano la fornitura o la messa a disposizione di immagini animate, sonore o non, nei quali il contenuto audiovisivo non abbia carattere meramente accidentale". Nulla del genere è nella direttiva. Ma la domanda che sorge a questo punto è: YouTube è un'emittente televisiva? Deve chiedere l'autorizzazione a trasmettere al Ministero delle attività produttive?

La risposta è (probabilmente) "no", solo perché la società non sembra soggetta alla giurisdizione italiana, ai sensi dell'art. 2 del testo in questione. Ma non è detta l'ultima parola, alla luce delle recenti sentenze che riguardano Pirate Bay e proprio YouTube (vedi Pirate Bay, YouTube, Google: l’Italia al contrattacco di Paolo Ricchiuto su InterLex).
Ancora: l'art. 6 dello schema aggiunge al testo unico un articolo 32-bis (Protezione dei diritti d'autore) che impone ai fornitori di servizi di media audiovisivi una serie di obblighi, peraltro senza aggiungere nulla di nuovo a quanto previsto in altra forma dalla legge 633/41. Ma, siccome tra questi fornitori sono compresi gli internet provider, sembra rientrare dalla finestra quell'obbligo generale di sorveglianza opportunamente cacciato dalla porta dalla direttiva 2000/31/CE e recepito dall'art. 17 del decreto legislativo 70/03.

In ultima analisi, sembra che il nostro governo abbia ricondotto al mondo della televisione l'universo dei media, e in particolare l'intenert, mentre il legislatore comunitario ha più correttamente compreso la televisione nel contesto multimediale del nostro tempo. "Approccio pantelevisivo", lo ha definito Guido Scorza su Punto Informatico: una definizione da sottoscrivere.

Un altro punto, che sta sollevando accese polemiche, riguarda la sparizione delle misure di sostegno alla produzione italiana. Non è facile individuare la norma incriminata, nel solito linguaggio criptico della nostra legislazione. E' necessario leggere l'art. 44 del testo unico, come è stato modificato dalla legge finanziaria 2008 (ma nessun sito istituzionale rende disponibile il testo vigente del decreto legislativo 177/051). Lo schema di decreto modifica appunto l'art. 44, eliminando le disposizioni a favore della produzione italiana. E' un regalo a tutte le emittenti che attingono largamente, e a basso costo, alla produzione straniera. Anche questa norma non attua alcuna disposizione della direttiva europea.

A questo punto è difficile sperare in un ripensamento del Governo: qualsiasi "parere" venga espresso dalle Camere non è vincolante. E gli eccessi di delega spesso non sono stati portati davanti alla Corte costituzionale (un caso esemplare è l'assassinio dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione compiuto attraverso il codice sui dati personali).
Continuiamo pure a farci del male.

(1) Potrebbe essere imbarazzante: collazionando pazientemente la prima versione le norme che hanno successivamente modificato il testo unico, si scopre che la legge 244/07 ha modificato il comma 3 dell'art. 51, comma inesistente perché già abrogato dalla legge 101 dello stesso anno. Ma non c'è da stupirsi troppo, con un Parlamento che pubblica la riproduzione di un brutto fax spedito dalla Presidenza del consiglio come testo ufficiale dello schema di decreto legislativo esaminato in queste pagine. E se non fosse autentico? Per le trasmissioni documenti ufficiali le istituzioni non hanno la posta certificata, che il ministro Brunetta offre gratis ai cittadini, con grande spreco di soldi pubblici?

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