Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013

Televisione

Molte lezioni vengono dalla campagna elettorale di marzo

TV e internet: la convergenza è incominciata

La censura c'è, ma può essere un boomerang. Sospeso dalla televisione, Santoro invade le altre TV e il Web. Sul quale, non a caso, compare per la prima volta Berlusconi. Ma perché ha cambiato idea sulla privatizzazione della Rai?

6 aprile  2010

Passata la festa, gabbato lo santo, dice l'antico proverbio. Qui la "festa" non è la Pasqua appena trascorsa, ma sono le elezioni del 28 e 29 marzo scorsi. E il santo gabbato è l'informazione, scomparsa dall'agenda delle questioni più urgenti. Sostituita dalla ripresa delle solite diatribe politiche inconcludenti. 
Il fatto è che nel mese passato i problemi dell'informazione sono venuti alla luce con drammatica evidenza.

Prima non avevamo mai toccato con mano la forza di una "legittima" censura e constatato la capacità di reazione di giornalisti con la schiena dritta e dei media nel loro insieme. Così come abbiamo osservato l'efficacia di un'informazione televisiva al servizio di una parte politica e incurante delle regole e delle inutili sanzioni di un'autorità di garanzia, la cui indipendenza è oggetto di fondati dubbi. Dovremmo ricavarne una serie di lezioni per il futuro.

Prima lezione: il Italia c'è la censura. Non è morta la libertà di stampa: l'articolo 21 della Costituzione è sempre lì e appare improbabile che il Corriere della sera o la Repubblica siano sequestrati o chiusi d'autorità. Ma la censura colpisce il mezzo più seguito e più influente: la televisione. Perché è difficile non chiamare "censura" il bavaglio messo alle trasmissioni di approfondimento di tutte le emittenti (anche se poi il TAR ha salvato le emittenti private). Anche l'ardita impresa di Corradino Mineo, di trasmettere in diretta l'evento organizzato da Michele Santoro a Bologna, è riuscita solo in parte.

Il fatto è noto: Annozero è imbavagliato, insieme agli altri approfondimenti della Rai. Ma Michele Santoro organizza una puntata speciale, che va in onda da Bologna senza i mezzi della Rai e sarà diffusa da molte emittenti private e siti internet. RaiNews24 annuncia la diretta dell'evento. C'è da immaginare quale trambusto si sia verificato ai piani alti di viale Mazzini alla notizia che era stato escogitato il modo per aggirare la censura. Non potendo vietare anche l'informazione, si è fatto ricorso a un mezzo bavaglio: Raiperunanotte è stato trasmesso "in differita", e con il taglio dell'intervento di Daniele Luttazzi.
Non è la prima volta che la Rai ricorre all'espediente della diretta-differita per avere il tempo di oscurare interventi "pericolosi": è successo per la prima volta nel 2004 con la festa del 1. maggio (vedi Prove tecniche di non- trasmissione). E c'è da temere che succederà ancora.

Ma qui arriva la seconda lezione: in uno stato democratico ci sono gli anticorpi che combattono la censura. E questa può rivelarsi un boomerang che si abbatte su chi lo ha lanciato. Così Annozero, cacciato dagli studi della Rai, è andato "in piazza", su diverse emittenti private e sul Web. "Un botto, un terremoto", è stato il commento di Santoro ai numeri (anche a quelli ufficiali della Rai) sugli ascolti di Raiperunanotte. Tre, quattro, forse addirittura sei milioni di spettatori. Molti di più di una normale puntata di Annozero. Perché, è ovvio, al pubblico già folto che segue la trasmissione si sono aggiunti molti altri spettatori, spinti dalla curiosità. E, probabilmente, molti giovani che non guardano spesso la tv , ma che sono abituali, attenti frequentatori del Web.

Da qui arriva la terza lezione: si sta verificando la tante volte preannunciata "convergenza" dei media. Lo stesso evento è andato in onda su diverse emittenti private, dal satellite o dal digitale terrestre. E sul Web. Questo significa che il baricentro dell'informazione si sta spostando dalla televisione generalista a un insieme di mezzi diversi, con esiti ancora imprevedibili. I primi effetti si vedono nella ormai drammatica crisi dei giornali di carta, sempre più in affanno per la concorrenza dell'informazione on line. E, guarda il caso, proprio in questi giorni il signore delle televisioni incomincia a comparire anche sulla Rete, che fino a ora aveva sostanzialmente snobbato.

Dell'evoluzione prende atto l'Unione europea, con la direttiva 2007/65/CE, che vede la centralità dei "media audiovisivi" al posto di quella della televisione. Ma l'Italia, obbligata a recepirla, la stravolge. Invece di far rientrare la televisione nell'universo dei media audiovisivi, riconduce tutto alla prima. Risulta chiaro dal testo del decreto legislativo 44/10 (il cosiddetto "decreto Romani), pubblicato pochi giorni fa sulla Gazzetta ufficiale. Testo che, dopo le proteste suscitate dal primo schema, mette in chiaro le esclusioni più ovvie, ma conferma l'impostazione "pan-televisiva" che si vuole dare all'universo dei media digitali. Prevedendo per i siti di informazione audiovisiva un regime simile a quello delle tv.

L'ultima, e forse più importante lezione che viene dalla campagna elettorale del mese scorso, è l'urgenza di ricostruire un vero "servizio pubblico" radiotelevisivo. Un sistema "dei cittadini" e non del governo e della maggioranza parlamentare. Lo ha detto con chiarezza Gad Lerner a Raiperunanotte: la Rai non è più pubblica, è una televisione privata di proprietà dei partiti.
E anche Berlusconi, in un'intervista a Sky, alla domanda "Privatizzare la Rai?", ha risposto: "Tutte le democrazie hanno un servizio pubblico. La Rai è diventata una tv commerciale. Quindi non so se è giusto privatizzarla. Non può continuare così se vuole che gli italiani paghino il canone".

Strano. Non era proprio lui, che voleva privatizzare la Rai, con la legge firmata dal fido Gasparri? Forse il fatto è che una televisione "commerciale" fa concorrenza alle sue. Mentre la parte pagata con i soldi del pubblico può essere facilmente presidiata dai vari Minzolini. Il quale, intanto, provvede alle epurazioni dal video dei giornalisti che non approvano la sua linea editoriale.

Fino a quando la televisione resterà il medium più influente sulla società italiana, l'anomalia del servizio pubblico radiotelevisivo sarà il problema dei problemi.

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