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Televisione

Scade il CDA mentre cambia la maggioranza nella Commissione

Per la Rai è il momento giusto per cambiare sistema

Ci sono le premesse per porre fine all'anomalia italiana di un sistema mediatico controllato da una sola persona, signore delle televisioni e, fino a pochi giorni fa, capo del governo. La Rai deve essere indipendente dalla politica.

06.12.11

La Grande Anomalia sta per finire? Corrono sempre più insistenti le voci di un progetto del governo Monti per cambiare i criteri di nomina dei vertici del servizio pubblico, con tutto quello che ne consegue.
A stretto rigore l'Esecutivo non dovrebbe occuparsi di questa materia, che spetta al Parlamento. La Corte costituzionale lo ha affermato in modo inequivocabile con la sentenza n. 225 del 1974. La famigerata legge Gasparri ha fatto carta straccia di quella pronuncia. E' tempo di ripristinare la legalità costituzionale.

Tuttavia il fatto che il governo Monti non sia espressione diretta dei partiti può essere un punto di forza per l'avvio di una riforma che ponga fine all'influenza della politica e della maggioranza parlamentare sul servizio dei media pubblici.

La congiuntura è favorevole: il prossimo 28 febbraio - praticamente domani - scade il mandato del consiglio di amministrazione e del direttore generale. E' possibile un periodo di proroga, ma si impone un cambiamento. Non è pensabile che la prossima campagna per le elezioni politiche sia ancora una volta influenzata da un servizio pubblico sotto lo stretto controllo dell'ex presidente del Consiglio nonché signore delle televisioni private.

Per chi non lo ricordasse, il CDA della Rai è nominato dalla Commissione parlamentare "di indirizzo e vigilanza", che rispecchia la maggioranza parlamentare e nomina sette dei nove componenti. Gli altri due spettano al ministero del tesoro, cioè al Governo. La logica vorrebbe che alla caduta di un esecutivo decadesse anche il consiglio di amministrazione nominato dallo stesso esecutivo. In mancanza di una norma di questo segno, i consiglieri dovrebbero spontaneamente dimettersi (mi sembra di sentire delle risate).

I cambiamenti nello scenario politico hanno avuto una conseguenza importante: un componente della Commissione parlamentare è passato dalla maggioranza al Gruppo misto. Con la conseguenza che la ex maggioranza parlamentare non è più tale neanche nella Commissione: i voti sono ora venti contro venti e quello del presidente Sergio Zavoli diventa determinante.

Dunque oggi è possibile porre fine al controllo di quasi tutto il sistema televisivo nelle mani di una sola persona: può avere i giorni contati l'aspetto più devastante del conflitto di interessi, quello che è stato definito ufficialmente come "l'anomalia italiana" da parte del Parlamento europeo.

In questa prospettiva diventano quasi irrilevanti le anticipazioni di una specie di riforma interna annunciata dal CDA la settimana scorsa, con l'obiettivo di rimettere in ordine i bilanci in rosso. L'unica iniziativa che sembra apprezzabile è l'unificazione di RaiNews con il Televideo. Un primo accenno a quel progetto di "testata unica" che potrebbe risollevare l'informazione del sistema pubblico. Soluzione già ipotizzata nel piano editoriale Rai per l'offerta generalista TV (vedi anche Una testata giornalistica unica per la Rai? sul sito di Infocivica).

Invece è importante che si incominci a discutere di un nuovo assetto del servizio pubblico, anche in vista della scadenza della concessione alla Rai, che cadrà nel 2016. Sembra una data lontana, ma l'esito non è del tutto scontato. I vertici di viale Mazzini dovranno presentare una Rai solida, efficiente, perfettamente in grado di svolgere quella missione che oggi sembra quasi dimenticata. Grazie anche alla degenerazione del sistema lottizzatorio che va avanti da decenni.

Per questo si deve imboccare subito la strada di un profondo rinnovamento del sistema. Anche con la nomina di un amministratore delegato al posto del CDA "politico" e del direttore generale altrettanto politico.
Non sarebbe tollerabile una situazione come quella del breve governo di centro-sinistra guidato da Romano Prodi tra il 2006 e il 2008, durante il quale il controllo del servizio pubblico rimase nelle mani del centro-destra.

Il Censis ci ricorda di nuovo che la televisione resta il canale di informazione largamente più seguito dagli italiani. Dunque è urgente cambiare il sistema.

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