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Internet e stampa

"Rendere esplicito", questo è il problema

11.04.02

Questa disposizione, inserita un po' a sproposito nella legge 39/02 (deleghe al Governo per l'attuazione di disposizioni comunitarie) è destinata a influire sul regime delle testate telematiche disegnato dalla legge 62/01 e potrebbe offrire una via d'uscita a tutti i siti informativi che non possono o non vogliono avere un direttore responsabile e iscriversi nel registro della stampa del tribunale.
Ma con questa norma la situazione non si chiarisce, anzi diventa ancora più ingarbugliata. Forse il decreto legislativo di attuazione della delega, che dovrà essere emanato entro il 1. marzo 2003, metterà un po' di ordine, ma c'è il fondato rischio che il quadro normativo diventi ancora più contraddittorio. Vediamo perché.

Come ormai tutti sanno, il regime della stampa è definito dalla legge 8 febbraio 1948, n. 47, che impone all'art. 2 l'obbligo di indicare su ogni pubblicazione le generalità del proprietario, dell'editore ecc. Se la pubblicazione è periodica, stabilisce l'art. 5, occorre anche che la testata sia iscritta nel registro della stampa tenuto dal tribunale competente per il luogo di pubblicazione. Per ottenere la registrazione è necessaria la presenza di un direttore responsabile, che deve essere iscritto nell'Albo dei giornalisti.
Un altro obbligo (originariamente previsto dalla legge 416/81, istitutiva del Registro nazionale della stampa, modificata appunto dalla 62/01), riguarda l'iscrizione nel  Registro degli operatori di comunicazione (ROC) tenuto dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

L'estensione del regime della stampa alle pubblicazioni telematiche è stata oggetto di discussioni per anni, fino all'emanazione della legge 62/01, che dà (correttamente, il linea di principio) una definizione di "prodotto editoriale" che comprende sia le pubblicazioni tradizionali, sia quelle in formato digitale, comunque diffuse. L'art. 1, comma 3, estende a tutte le pubblicazioni gli obblighi sanciti dagli articoli 2 e 5 della legge del '48, mentre l'art. 16 stabilisce che l'iscrizione nel ROC (prevista dalla legge 249/97) "esonera" dall'iscrizione nel registro della stampa. Quest'ultima disposizione è giuridicamente discutibile, per i motivi che abbiamo esposto più volte (vedi Editoria, un confuso groviglio normativo).

Ora l'art. 31 della legge comunitaria dice che il governo deve "rendere esplicito" che l'obbligo della registrazione riguarda solo le testate che intendono avvalersi delle provvidenze stabilite dalla legge del 2002. Quale delle due registrazioni, quella nel registro del tribunale o quella nel ROC? Sono possibili due interpretazioni, nessuna della quale appare del tutto convincente:

1. La lettura sistematica della disposizione (cioè il suo raffronto con l'ordinamento esistente), porterebbe alla conclusione che il legislatore si riferisca solo alla seconda iscrizione, quella nel registro dell'AGCOM, che sostituisce il vecchio Registro nazionale della stampa. Tuttavia questo adempimento è solo richiamato dalla legge 62/01, perché l'obbligo sorge dalla 249/97 e quindi la norma appare zoppa.

2. Se invece il legislatore ha inteso rendere facoltative ambedue le iscrizioni, quella presso il tribunale e quella nel ROC, allora salta tutta la normativa sulla stampa, compresa la necessaria presenza del direttore responsabile, perché non sono ipotizzabili regimi diversi per la carta stampata e l'informazione radiotelevisiva da una parte e per l'informazione digitale dall'altra. Del resto la stessa legge 62/01 detta regole comuni per tutti i mezzi di informazione e non appare coerente la previsione che le testate telematiche siano tenute all'iscrizione nel registro della stampa solo per ottenere le provvidenze.

Questa è la pura e semplice conclusione a cui conduce l'elementare applicazione della logica del diritto: nella legge dell'anno scorso non solo sono incongruenti l'art. 1, comma 3 e l'art. 16, ma anche la successiva prescrizione di "rendere esplicito" il fine dell'iscrizione non si presta a un'interpretazione univoca e soddisfacente.
Ed è comunque molto difficile "rendere esplicito" che la frase L’iscrizione è condizione per l’inizio delle pubblicazioni significa il contrario, cioè L'iscrizione non è condizione per l'inizio delle pubblicazioni, ma solo per chiedere le provvidenze.

Riuscirà l'emanando decreto delegato a sciogliere i dubbi? E' improbabile, anche perché tutta la normativa sull'informazione non regge l'impatto del nuovo assetto della società, conseguente allo sviluppo delle tecnologie. Torneremo su questo argomento, di fondamentale importanza.
Adesso però dobbiamo chiederci se la disposizione dell'art. 31 della legge comunitaria cambia qualcosa negli adempimenti dovuti da chi gestisce un sito di informazione. La risposta è un deludente "ni"...

Sul piano formale la legge 62/01 non è ancora cambiata, e le interpretazioni rassicuranti date da alcuni politici durante la campagna elettorale dell'anno scorso erano chiacchiere in libertà prive di valore giuridico.
Tuttavia la disposizione dell'art. 31 della legge comunitaria costituisce, se non una "interpretazione autentica" formale, almeno un'indicazione interpretativa che proviene dal legislatore stesso, senza dubbio orientata ad attenuare gli obblighi determinati dalle disposizioni del 2001. Quindi un giudice chiamato a decidere sull'illiceità della pubblicazione di un periodico telematico nel periodo che precede l'emanazione delle disposizioni previste dalla legge-delega, troverebbe qualche difficoltà a pronunciare una sentenza di condanna e probabilmente rinvierebbe il processo in attesa della norma delegata (per alcune considerazioni su due recenti sentenze in materia, vedi l'articolo di Daniele Minotti Internet e stampa, le decisioni dei giudici).

In conclusione per tutti i prodotti editoriali, periodici o no, resta valido l'obbligo di esporre le indicazioni previste dall'art. 2 della legge 47/48, dal momento che per questa incombenza non è prevista alcuna disposizione modificativa della 62/01. L'obbligo di registrazione dei periodici telematici resta formalmente in vigore, ma la norma è praticamente inefficace (senza considerare i dubbi di costituzionalità della norma stessa, espressi anche da Guido Scorza in Anonimato in Rete e responsabilità del provider).

Per ora non si può dire di più.

 

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