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Sistema informazione

La lunga storia di Europa 7 

20.02.08
La storia di Europa 7 parte da lontano. Le radici della vicenda risalgono agli anni '70 con la nascita delle TV private (allora chiamate "libere"), dopo due sentenze della Corte costituzionale emesse nel 1974. Queste sentenze (n. 225 e n. 226) circoscrivono i limiti del monopolio pubblico e pongono le premesse per il sistema televisivo privato. La legittimità delle trasmissioni "di portata non eccedente l'ambito locale" è sancita dalla sentenza n. 202 del 1976. 

Nella prima metà degli anni '80, come tutti sanno, si forma l'impero televisivo di Berlusconi, attraverso la creazione e l'acquisizione di emittenti televisive locali. Berlusconi crea un network nazionale, approfittando del vuoto normativo che segue le sentenze della Corte costituzionale e aggirando la normativa in vigore. Intervengono alcuni pretori che fanno disattivare gli impianti: siamo nel 1984. Il nascente impero rischia di crollare, ma interviene l'allora Presidente del consiglio, Craxi, che emana un primo e poi un secondo decreto-legge, convertito dal Parlamento dopo aspre polemiche (legge 10/85).

Il "decreto Berlusconi" stabilisce: "Sino all’approvazione della legge generale sul sistema radiotelevisivo e comunque non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è consentita la prosecuzione dell’attività delle singole emittenti radiotelevisive private con gli impianti di radiodiffusione già in funzione alla data del 1° ottobre 1984, fermo restando il divieto di determinare situazioni di incompatibilità con i pubblici servizi".
E' la prima proroga dello stato di fatto determinato dal vuoto legislativo. La prima di una lunghissima serie, che dura ancora oggi con la "legge Gasparri".

Gli anni passano nell'inerzia del legislatore e il sistema privato si consolida disordinatamente. Nel 1990 la legge n. 223 (Mammì) non mette ordine: fotografa e legittima il disordine, proroga ancora lo status quo.
Niente di nuovo, o quasi, con la successiva normativa "di sistema", la legge n. 249 del 1997 (Maccanico), che proroga ancora la situazione di fatto in attesa del riordino delle frequenze.

Nel 1999 il punto cruciale: in applicazione del dettato della legge 249, vengono messe all'asta le frequenze. Si presenta, a sorpresa, il signor Francesco Di Stefano da Avezzano: è il proprietario dell'emittente Europa 7. Ha le carte in regola, ottiene due concessioni. Ma non può trasmettere, perché le frequenze alle quali ha diritto sono occupate da Rete 4, che non vince la gara.

Francesco Di Stefano mette mano alle carte bollate e inizia una vicenda giudiziaria il cui ultimo atto (per adesso) è appunto la sentenza del 31 gennaio 2008 della Corte di giustizia UE. Ma nel frattempo sono arrivate altre proroghe e una nuova sentenza della Corte costituzionale, la n. 466 del 2002. Che ha stabilito l'obbligo per Rete 4 di passare sul satellite dal gennaio 2004. Ma nel 2003, alla faccia della Corte, altra proroga con il decreto-legge n. 352.
Intanto è arrivata anche la legge n. 112 del 2004 (Gasparri), con complicate regole per un nuovo assetto in vista della televisione digitale terrestre e la prosecuzione, ancora una volta, dello status quo.

Ecco come raccontavano la vicenda Dario Fo e Franca Rame mentre la legge Gasparri era in discussione al Parlamento. Il testo è tratto da "Il signore che rubò una televisione, anzi due", riprodotto in decine di siti (l'originale non sembra più reperibile):

Berlusconi nel 1985 aveva solo una rete di televisioni locali che trasmettevano non contemporaneamente gli stessi programmi.
Era una furbata che permetteva di violare la legge, visto che allora era vietato a soggetti privati di possedere televisioni nazionali.
Ma Berlusconi si mette d'accordo con Craxi che gli fa un decreto legge apposta.
E fin qui, lo sapevamo già...
Così Berlusconi ha finalmente tre televisioni nazionali vere. Ma molti storcono il naso perché, essendo possibili solo 11 reti nazionali, è un po' anomalo che un solo imprenditore se ne prenda tre. Non siamo nel Far West che il primo che arriva si prende tutto...
Nel 1994 la Corte Costituzionale con la sentenza 420 stabiliva, in difesa del pluralismo, che un unico soggetto privato non potesse detenere tre reti nazionali, concedendo un periodo di transizione e rimettendo il problema al legislatore per una soluzione definitiva entro e non oltre l'agosto 1996.
Arriva il 1996, scade nell'indifferenza generale la decisione della Corte Costituzionale e Berlusconi continua ad avere tre Tv.
Nel 1997 la legge Maccanico stabiliva che un soggetto non potesse detenere più di due reti e che, finché non ci fosse stato un "congruo sviluppo" via satellite e cavo, Rete4 avrebbe potuto continuare a trasmettere via etere, quest'ultima decisione in palese contrasto con le decisioni della Corte Costituzionale che aveva deciso per un termine definitivo entro l'agosto 1996.
D'Alema, una volta diventato capo del governo, decide di risolvere la questione e indice una gara per l'assegnazione delle concessioni delle reti nazionali.
La commissione nominata dal Ministero è presieduta da un avvocato di Mediaset. Berlusconi si aspetta che finalmente possa detenere legittimamente, con un regolare mandato dello Stato, le sue tre reti e relative frequenze. Nel luglio 1999 si svolge questa gara d'appalto, per partecipare si richiedono requisiti spaventosi e sembra chiaro che nessuno riuscirà a scombinare i giochi.
Invece, colpo di scena.
Arriva un tipo con uno scatolone enorme pieno di documenti e dice: "Buon giorno sono Francesco Di Stefano di Europa 7, vorrei due reti nazionali, grazie."
Panico! E chi è questo? E' pazzo?
No, non è pazzo, è il loro peggior incubo.
Iniziano a mettergli i bastoni tra le ruote:
"Le manca il certificato 3457!"
"No è qui!"
"Il modulo 13 bis compilato in 8 lingue?"
"Ne ho due copie, bastano?"
Ma poi trovano la furbata: "Il bando di gara richiede di avere 12 miliardi di capitale versato per rete, lei ne ha solo 12, può chiedere una sola Tv."
"Balle!" risponde il signor Di Stefano, "dodici miliardi sono per concorrere, non per ognuna delle due frequenze".
Ricorre al Tar e poi al Consiglio di Stato e vince.
Insomma alla fine gli devono dare una concessione per una rete nazionale e
presto anche una seconda, perché ne ha diritto e a Berlusconi ne tolgono una, non che la debba chiudere, deve traslocarla sul satellite che comunque è ricevuto da 18 milioni di italiani.
Ma a questo Di Stefano non gli vogliono dare proprio niente.
Evidentemente lui deve essere uno che da piccolo lo allenavano ad abbattere i muri con la cerbottana perché avvia una serie di procedimenti giudiziari spaventosa. Ingiunzioni, diffide, cause penali, civili, regionali, Commissione Europea. E vince tutti i ricorsi, tutti gli appelli, tutte le perizie.
E alla fine arriva alla Corte Costituzionale che nel novembre 2002, sentenza numero 466-2002, stabilisce inequivocabilmente che:
- Retequattro, dal 1 gennaio 2004 dovrà emigrare sul satellite
- Le frequenze resesi disponibili dovranno essere assegnate a Di Stefano!
L'avete sentito dire al telegiornale?
Abbiamo chiesto a Di Stefano come si sentisse in questa storia e ci ha risposto con un lieve sorriso:
"Nonostante siano trascorsi ben nove anni dalla decisione della Corte Costituzionale, Mediaset continua a detenere e utilizzare appieno tre reti nazionali su un totale di sette concessioni assegnate sulle undici assegnabili (comprese quelle Rai). Il fatto che un soggetto, a cui è stata data una concessione (in concessione si dà un bene pubblico, in questo caso le frequenze), non riceva poi materialmente il bene è un avvenimento che non ha precedenti al mondo".
Nel luglio 1999 Centro Europa 7 aveva fatto richiesta di due concessioni, una (Europa 7) l'ha ottenuta, per l'altra (7 Plus) c'è stato un diniego, in quanto non ritenuta idonea per la mancanza del requisito del capitale sociale. Una sentenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto esistente il requisito del capitale sociale, per cui siamo in attesa di una seconda concessione, anche se il ministro Gasparri prende tempo.
Nel frattempo Centro Europa 7 per iniziare le trasmissioni, si e' dotata di:
una struttura di oltre 20.000 mq, di otto grandi studi di registrazione per le proprie eventuali produzioni, di una library di oltre 3000 ore di programmi e di tutto ciò che è necessario per una rete televisiva nazionale con 700 dipendenti.
Questa preparazione è stata necessaria poiché la legge stabilisce che, entro sei mesi dall'ottenimento della concessione, la neo-emittente ha l'obbligo di iniziare le trasmissioni.
Attualmente Centro Europa 7 è una società praticamente ferma, non ha alcun introito, poiché non è stata messa in condizione di operare, ma ha avuto, e continua ad avere, pesanti oneri per la gestione della struttura, l'adeguamento della library, l'adeguamento tecnologico, le ingenti spese legali, i costi dei dipendenti...
Ma ora altro colpo di scena...
Gasparri si sta muovendo per salvare Rete4.
Il D.D.L. Gasparri, art. 20 comma 5 e art. 23 comma 1, realizza in pratica un condono, riconoscendo il diritto di trasmettere a "soggetti privi di titolo" che occupano frequenze in virtù di provvedimenti temporanei, discriminando così le imprese come Europa 7 che hanno legittima concessione, il tutto sempre al fine di salvaguardare Retequattro.
Infatti, quest'ultima potrà continuare a trasmettere, in barba alla sentenza del '94 e del 2002 della Corte Costituzionale e della legge 249/97, pur non avendo ormai da quasi quattro anni la concessione, mentre Europa 7 non potrà mai trasmettere, dimenticando che nel luglio 1999 c'è stata una regolare gara dello Stato per assegnare le concessioni, gara persa da Retequattro e vinta da Europa 7.
Si realizza quindi un ennesimo gravissimo stravolgimento del diritto.
In pratica, chi ha perso la gara (Retequattro) può continuare tranquillamente a trasmettere, e chi l'ha vinta (Europa 7), perde definitivamente tale diritto. Non vi sembra straordinario?

Il lungo contenzioso non è finito. I ricorsi di Europa 7 sono arrivati alla Corte di Giustizia europea, che con la sentenza del 31 gennaio 2008 ha dato ancora una volta ragione alla "televisione che non c'è". Il seguito è ancora da scrivere: se ne parla nell'articolo Europa7. La fine del duopolio televisivo in Italia?

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