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Sistema informazione

I problemi del decoder unico

di Eugenio Prosperetti* - 06.07.06
Caro direttore,

ho letto con interesse il tuo articolo Diritti degli utenti qualcosa si muove? e mi permetto di condividere con te alcune riflessioni estemporanee che essa mi ha provocato.

In particolare, la parte finale dell’articolo in questione pone l’accento su un tema che – nel bene e nel male – è al centro del dibattito di questo interessante periodo; sono infatti tornati sul tavolo i temi dell’interconnessione e dell’accesso – già posti all’attenzione del mercato e del regolatore in tutta la loro complessità circa dieci anni fa quando si trattò di realizzare l’unbundling della rete di telecomunicazioni pubblica - in una declinazione a più livelli.

Non è più sufficiente assicurare interconnessione ed accesso ad una sola rete ma, in una prospettiva in cui l’utente domestico è il punto terminale ed il fruitore di tutta la connettività “consumer”, esiste una intensa dialettica tra reti che tecnicamente possono essere una cosa sola mentre, per scelte di mercato, rimangono separate e non “interoperano” o non sono “interconnesse”.
Le modalità con cui la separazione avviene sono quelle di cui più volte abbiamo scritto su queste pagine: esistono protocolli proprietari che proteggono il proprio set-top-box o la propria codifica di trasmissione via IP, scelte commerciali nel senso di non interconnettere la propria rete in tutto o in parte, blocco di frequenze con vincolo delle stesse al possesso di una SIM o altro dispositivo, ecc.

Se e in che misura queste tecniche debbano essere oggetto di limitazioni regolamentari è inevitabilmente argomento sui tavoli di tutti i regolatori internazionali.
In particolare, è argomento che coinvolge molti ambiti di regolamentazione: accedere ad un sistema di distribuzione di contenuti digitali (es. un decoder o un terminale che attraverso una rete consente di visualizzare un video-on-demand) è qualcosa che chiama in azione i più vari ambiti normativi:

- ho avuto possibilità di scelta? (norme sulla concorrenza)
- il contenuto proviene dal legittimo titolare? (norme sulla proprietà intellettuale)
- il contenuto è contrario all’ordine pubblico/buon costume? (norme antiterrorismo, tutela dei minori, ecc.)
- il mio sistema deve poter consentire la decodifica del contenuto? (norme su interconnessione/interoperabilità)

Si tratta di un percorso normativo che è, per il futuro, ancora da chiarire del tutto.
Una indicazione cui molti – tu per primo nell’articolo che qui commento – fanno ancora spesso riferimento è in realtà venuta a mancare: il testo unico sulla radiotelevisione ha infatti abrogato espressamente l’art. 2 comma 2 della L. 78/99, che prevedeva l’obbligo del decoder unico e il relativo divieto di commercializzazione di apparecchi non conformi a tale indicazione.

Si può d’altronde capire che il decoder unico previsto da quella norma era quello che consentiva la visione di Stream e Tele+, non certo un apparato che integrava tecnologie multipiattaforma.
Sarebbe interessante capire se per l’utente un apparato che abbinasse Sky+Fastweb+AliceHomeTV+digitale terrestre potrebbe portare vantaggi.
Forse il costo degli abbonamenti necessari a sostenerne il funzionamento non giustificherebbe l’onere di commercializzazione.

Evidentemente il concetto di decoder unico, qualora si voglia riprendere tale filone di dibattito partendo dal combinato dei principi del testo unico sulla radiotelevisione e del codice delle comunicazioni elettroniche – che offrono ottimi spunti al riguardo - dovrà essere diverso: si tratterà di un decoder “unico” rispetto ad una piattaforma.
E’ quello allora che esiste per il digitale terrestre: il decoder digitale terrestre consente di vedere qualunque cosa trasmessa con protocollo DVB-T e a nessuno è consentito trasmettere con tale protocollo programmi non ricevibili dal set top box.

Si potrebbe discutere di estendere tale logica ad altre piattaforme.
In questo senso la sentenza del giudice di pace di Bologna, pubblicata sull’ultimo numero di InterLex, è emblematica dell’assenza di vera regolamentazione “pro-mercato” sui decoder e sulle tecniche di distribuzione di contenuti digitali: tale sentenza – balza agli occhi – non risolve il problema dell’abbonato perché è impensabile che la società convenuta cambi le tecniche di codifica per un solo cliente, e non risolve il problema della società convenuta che deve pur potere avere uno strumento legale di transizione da una tecnica all’altra senza lasciare “orfani”.
 

* Avvocato of counsel  Portolano Colella Cavallo Studio Legale – eprosperetti @ portolano.it

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