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Sistema informazione

Da Napoli la svolta sul digitale terrestre

24.07.06
La televisione analogica terrestre non si spegnerà quest'anno, né nelle regioni dove lo "switch-off" era programmato per la fine di questo mese né nel resto d'Italia alla fine di dicembre.
La decisione del ministro delle comunicazioni Gentiloni risale ad alcune settimane fa e ha trovato grande consenso nella seconda conferenza nazionale sul digitale terrestre, che si è tenuta a Napoli dieci giorni fa con il significativo titolo "La televisione di tutti".
Dunque switch-off rinviato al 2008 nelle regioni pilota e transizione definitiva al nuovo sistema tra il 2010 e il 2012, come previsto dall'Unione europea.

Ma non è questa la novità più interessante emersa dalla conferenza di Napoli, perché era chiara a tutti (tranne che al passato Governo) l'impossibilità di compiere in tempi tanto brevi una transizione di tale complessità e tale impegno economico. La vera novità è l'adozione di un diverso modello di televisione digitale terrestre, fondato in primo luogo sulla gratuità dell'accesso come regola generale e sulla pay-tv per alcune programmazioni.
Una specie di rivoluzione, perché fino a ora la televisione digitale terrestre (DTT) in Italia era stata impostata su un modello diverso.

Il quadro immaginato nella passata legislatura era più o meno questo: oltre al trasloco dell'attuale programmazione pubblica e privata dall'analogico al digitale, il DTT avrebbe dovuto svilupparsi su due filoni principali, servizi a pagamento (pay-TV) da una parte e il cosiddetto T-government dall'altra, ovvero una serie di servizi per i cittadini erogati dalle pubbliche amministrazioni.
Sulla televisione a pagamento si è lanciata subito Mediaset, con importanti investimenti destinati ad assicurarle fin dall'inizio una rilevante quota di mercato. Sul T-government ha puntato il governo, distribuendo finanziamenti per lo sviluppo di applicazioni per l'accesso alle pubbliche amministrazioni. Pay-TV e T-government avrebbero dovuto trainarsi a vicenda, con il secondo come "fiore all'occhiello" dell'innovazione tecnologica.

In tutto questo i maligni possono trovare una curiosa coincidenza: la stessa persona controllava sia Mediaset, sia il Governo. E quelli ancora più maligni potrebbero rilevare una coincidenza ancora più curiosa: la sostanziale assenza del sistema televisivo pubblico in tutto il processo di avvio, assenza che nei fatti favoriva il concorrente privato. Ma è acqua passata.
Infatti una delle novità più importanti della conferenza di Napoli è il forte impegno della Rai come motore dello sviluppo del DTT, sulla scia degli altri Paesi europei nei quali il servizio pubblico ha un ruolo determinante nell'avvio del sistema.

Ma a questo punto sorge una lunga serie di domande. La prima è perché sia così urgente "spegnere"  la televisione analogica. La risposta è che nello spazio di un solo canale analogico si possono collocare molti canali digitali. Siccome la banda radio disponibile per il segnale televisivo terrestre è limitata e già da tempo satura, è necessario disporre di canali liberi per le emissioni in tecnica digitale, che permettono di moltiplicare il numero dei canali trasmissibili in una determinata zona.
Qui si inserisce l' iniziativa del ministro Gentiloni, che ha avviato per prima cosa il censimento delle frequenze, premessa della loro equilibrata assegnazione. Le frequenze sono una risorsa pubblica e limitata, saccheggiata disordinatamente da trent'anni: è indispensabile mettere ordine affinché l'evoluzione non si trasformi in un aggravamento del caos.

L'Unione europea ha ragionevolmente previsto lo "switch-off" tra il 20010 e il 2012, mentre il nostro precedente esecutivo aveva anticipato il termine di quattro-sei anni. Perché? Evidentemente per "forzare" il sistema e lasciare indietro tanti operatori di piccole dimensioni, non ancora pronti per contrastare la forza del duopolio Rai-Mediaset,  con la seconda più avanti dell'emittenza pubblica nell'offerta di servizi e contenuti.
In tutto questo c'è da segnalare che l'Unione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia, per il meccanismo con il quale la legge Gasparri ha suddiviso le frequenze del digitale terrestre, mantenendo sostanzialmente la prospettiva del duopolio Rai-Mediaset. Il Governo risponde che questo è uno dei punti della legge che sarà modificato.

L'aumento del numero di canali significa sia un maggiore pluralismo informativo sia una maggiore disponibilità di programmi ad alto valore aggiunto (ad "accesso condizionato", cioè a pagamento), con la conseguente espansione sul piano economico e dell'occupazione. Dunque la DTT come motore di sviluppo, e ciò basterebbe a giustificarne la diffusione. Ma c'è un altro ordine di problemi da affrontare, che riguarda l'integrazione del digitale terrestre nel sistema globale dei media, in particolare tra la tv via satellite e l'internet. La prima ha il vantaggio di poter essere vista in ogni luogo, mentre il DTT soffre delle stesse limitazione dell'analogico e si riceve poco o nulla nelle aree "in ombra". La seconda presenta una interattività molto più forte.

A prima vista col digitale terrestre non c'è nulla che non si possa fare con la televisione satellitare o l'internet. Potrebbe sembrare quindi un mezzo praticamente inutile, perché la disponibilità di un maggiore numero di canali rispetto al sistema terrestre analogico può essere assicurata dal satellitare, con la stessa quota di interattività; mentre l'internet offre non solo un numero praticamente illimitato di fonti di contenuti, ma anche l'interattività più efficace.
E quando si parla dell'internet non di deve pensare solo al World Wide Web e alle modeste possibilità del video in streaming, ma soprattutto alla IPTV, la "vera" televisione via internet che sembra vicina al decollo.

L'integrazione tra DTT e internet può essere una chiave di volta per lo sviluppo di tutto il settore multimediale. Per questo il CNIPA, nel secondo bando per i finanziamenti al digitale terrestre, ha previsto anche "la realizzazione di un Set Top Box Avanzato (STBA) completamente Open Source, che garantisca l’integrazione fra piattaforma DTT e IP e che gestisca la connettività in banda larga sia wired che wireless". 

E qui incominciamo a intuire quali possono essere le implicazioni e le interazioni tra i diversi media (che, come vedremo, giustifica l'esistenza del DTT) e anche le loro sovrapposizioni: la televisione terrestre non arriva dovunque, ma anche la banda larga (indispensabile per la IPTV) non copre tutto il territorio. La tv via satellite arriva dappertutto, ma ha un'interattività limitata. E ci sono altri tecnologie in arrivo, come la televisione mobile, che in questo periodo  incomincia a raggiungere i telefonini predisposti, e il WiMAX, per il quale si attendono le regole nelle prossime settimane.

Il quadro è dunque complesso e in frenetica evoluzione e non solo per quanto riguarda le "piattaforme". Infatti sulle piattaforme devono circolare contenuti, che qualcuno deve produrre e qualcuno deve distribuire. Quali contenuti per quali piattaforme? Sono possibili, e quali problemi comportano, i contenuti "multipiattaforma? Come possono essere distribuiti e come si possono "incrociare" e integrare contenuti prodotti per piattaforme diverse?
E in tutto questo, come si devono pagare e riscuotere i "diritti digitali" senza i quali il sistema non può funzionare?
Cercheremo di rispondere ad alcune domande essenziali, tracciando un quadro d'insieme dei nuovi media, con la serie di articoli La TV digitale terrestre nel sistema dei media.

Per completare il quadro  non dobbiamo dimenticare che nel sistema televisivo italiano è sempre aperto il problema di Sky Italia. Il decoder coattivo, proprietario e "blindato", rende molto difficile la vita degli utenti della TV satellitare  imponendo la scelta di determinati canali e rendendo difficile o impossibile riceverne altri (vedi Decoder unico: lo strumento  per la "convergenza" dei media e Sky Italia condannata dai giudici di pace). L'attuale governo fa delle liberalizzazioni la sua bandiera: non sarebbe questa una liberalizzazione (a costo zero) da fare subito, assicurando ai cittadini il fondamentale diritto all'informazione?

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