Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013
Home Curriculum Blog Mappa del sito E-mail Storico
Sistema informazione

Tra la "Gentiloni" e la finanziaria, dove va la TV? 

16.11.06
Alla Camera si discute del digitale terrestre, la finanziaria stanzia 40 milioni. Ma non si parla di riforma del sistema. Il servizio pubblico secondo Minoli.
Procede lentamente alla Camera dei deputati la discussione sulla legge finanziaria 2007. Si farà in tempo a discutere dell'articolo 122 "transizione alla televisione digitale" o il Governo porrà la questione di fiducia prima che si arrivi a quel punto? Il dibattito sarebbe interessante, perché ci aiuterebbe a capire come in Parlamento si immagina il futuro della televisione. Comunque ne vedremo delle belle quando approderà all'aula il "disegno di legge Gentiloni" (C.1825), che si intitola "disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale" e ha già suscitato violente reazioni dell'opposizione.
Dunque nello stesso tempo ci sono due proposte normative sulla stessa materia, lo sviluppo della DTT, mentre non si parla di riforma complessiva del sistema. Nella finanziaria è proposto uno stanziamento di 40 milioni di euro: ma è così importante il digitale terrestre?

Certamente sì, perché costituisce l'unico grimaldello oggi utilizzabile per scardinare il duopolio Rai-Mediaset, che soffoca il nostro sistema televisivo. Con la redistribuzione delle frequenze (per la quale serviranno un paio d'anni), e con l'aumento del numero dei canali reso possibile dalla tecnologia digitale, dovrebbe essere possibile realizzare quel pluralismo informativo che tanto serve al nostro Paese. Almeno in teoria.

Nella sostanza le proposte di Gentiloni appaiono prudenti, addirittura timide, e gli effetti si vedranno non prima del biennio 2008-2009.
Giovanni Minoli, ospite di Fabio Fazio a "Che tempo che fa" domenica scorsa, ha detto che il DDL Gentiloni è l'inizio di un percorso, non il punto di arrivo, "un inizio di trattativa".  Visto il fuoco di sbarramento aperto dal partito di Mediaset alla presentazione del testo, forse sarebbe stato utile un progetto meno prudente, posto che in ogni trattativa qualcuno deve concedere qualcosa all'interlocutore.

Comunque, anche senza introdurre modifiche sostanziali nel regime attuale, il testo di Gentiloni va al di là della pura transizione al digitale terrestre. Cerca di superare il famigerato SIC (Sistema integrato delle comunicazioni) della legge Gasparri, cerca di rendere più efficace il sistema sanzionatorio per gli operatori che non rispettano le regole, introduce un tetto del 45 per cento della raccolta pubblicitaria totale nel settore televisivo. Ma basta riflettere un attimo su questo dato per capire che siamo lontani da soluzioni veramente efficaci: 45 alla Rai, 45 a Mediaset, resta un misero 10 per cento per tutti gli altri, compresi quelli che, nelle speranze di Gentiloni, dovrebbero entrare nel mercato.

Minoli ha detto altre cose interessanti, soprattutto per quanto riguarda la cosiddetta "televisione di qualità". Il problema è, ha affermato Minoli, che la Rai fa molta televisione di qualità, che raggiunge anche elevati indici di ascolto, ma va in onda in orari "catacombali".
Sorge a questo punto una domanda: se le trasmissioni "di qualità" ottengono il gradimento di significative fasce di pubblico, perché non vengono proposte in orari di grande ascolto? Ma forse si dovrebbe rovesciare la domanda e chiedere perché nelle fasce di punta si vedano tanti programmi-schifezza.

La risposta dei signori del marketing è che i programmi-schifezza ottengono comunque uno share più alto, il che significa battere la concorrenza e avere più pubblicità.
Così si arriva alla questione essenziale: perché il sistema televisivo pubblico deve essere in concorrenza con quello privato? I fini sono diversi. La televisione pubblica deve essere una televisione "di servizio", servizio pagato dai cittadini attraverso una tassa chiamata "canone". Invece la televisione commerciale si deve alimentare con la pubblicità per ottenere il giusto profitto d'impresa.

La televisione pubblica che insegue l'impresa privata sul terreno del profitto, e per questo sacrifica la sua funzione di servizio, viene meno al suo compito. Naturalmente nulla impedisce che anche la Rai produca programmi commerciali e guadagni, ma allora si dovrebbe separare la programmazione fatta con i nostri soldi da quella fatta con i soldi della pubblicità.

Non si dica che una televisione solo "di servizio", solo "di qualità" sarebbe noiosa. Pensiamo a un canale sul quale si alternino, in prima serata, Dario Fo con le "lezioni" su Mantegna (magari seguito dalle chicche di "PassepARTout di Philippe Daverio), l'indomani Piero e Alberto Angela, un altro giorno i misteri di Carlo Lucarelli, poi le inchieste di Rai News 24, per non parlare de "La storia siamo noi" di Minoli. E si potrebbe continuare a lungo, perché  nei palinsesti della Rai ci sono molti programmi di eccellente livello.

Un canale così, un canale veramente "di servizio" potrà trovare spazio nel digitale terrestre. Ma dovremo aspettare anni. Invece di una buona televisione abbiamo bisogno subito. Dunque si deve lavorare sulla Rai di oggi. Il fatto è che  le decisioni su come la televisione pubblica debba svolgere i suoi compiti sono nelle mani della politica.
La politica è il vero "padrone" della Rai. Forse sono i politici, al di là delle dichiarazioni di facciata, a non volere una televisione pubblica di qualità?

Alla domanda di Fazio perché la politica dovrebbe uscire dalla televisione, Minoli ha risposto: "Perché non è in grado di occuparsene, o se ne occupa troppo in un modo che non favorisce né lo sviluppo né il miglioramento del prodotto... O il prodotto è centrale, o non ha senso parlare di servizio pubblico".

Parole da sottoscrivere. Ricordando che esiste una proposta di una legge di iniziativa popolare "per un'altra TV" (vedi La Rai non sarà la BBC, ma si deve tentare). Dal sito dedicato all'iniziativa si apprende che il testo è stato assegnato alle commissioni riunite cultura e trasporti della Camera e sarà discusso insieme al disegno di legge Gentiloni.
Il punto fondamentale della proposta è l'indipendenza del servizio pubblico televisivo dal controllo della politica. Ma perché nessuno ne parla?

Per intervenire su questo argomento scrivi a

Top - Indice della sezione - Home

© Manlio Cammarata 2009

Informazioni di legge