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Che cosa resterà del dramma della Costa Concordia al Giglio

L'Italia incagliata e la storia dei due comandanti

Concludiamo le riflessioni sulla aspetti mediatici del naufragio della nave da crociera. Una storia che appare costruita come una fiction di successo. E le reazioni del pubblico sembrano indicare che in Italia qualcosa sta cambiando. 

30.01.12

E' ancora in prima pagina, anche se ha lasciato l'apertura ad altre notizie. Il naufragio mediatico della Costa Concordia durerà ancora a lungo e si imprimerà nella memoria collettiva. Lasciando, probabilmente, qualche sedimento non trascurabile.
E' questo l'aspetto che vale la pena di analizzare, naturalmente a grandi linee, per completare il discorso iniziato qualche giorno fa in Costa Concordia, si è incagliata l'informazione. Dove abbiamo visto come la valanga comunicativa sia stata caratterizzata da incompetenza e superficialità.

C'è una notizia che aiuta a collegare le due parti del discorso. Un organo di stampa, non il solito blog, ha scritto che il naufragio all'isola del Giglio è la più grande tragedia del mare dopo l'affondamento del Titanic. Un capolavoro di cialtroneria, oltre che di smemoratezza. Senza arrivare all'affondamento dell'Andrea Doria, nel 1956, basta scorrere le cronache recenti per trovare naufragi disastrosi. Come quello della Princess of the Stars, nel 2004, o quello del traghetto Estonia nel Mare del Nord, nel 1994. In tutti e due i casi le vittime furono più di ottocento.

Ma il paragone bislacco tra la Costa Concordia e il Titanic impazza sulla Rete, anche se i due eventi hanno ben poco in comune. Il Titanic affondò nell'Atlantico con 1700 morti. La Concordia non è neanche affondata, si è semplicemente adagiata su un basso fondale. E se qualche decina di vittime sono comunque una tragedia, le dimensioni dei due naufragi non sono paragonabili.
Eppure nell'immaginario collettivo il dramma recente si collega a quello di un secolo fa. Forse perché molti ricordano il polpettone cinematografico del 1997 (e qui ritroviamo quei sedimenti della memoria collettiva dei quali accennavo all'inizio: il film con Di Caprio fu un grande evento mediatico).

In ogni caso non è difficile identificare alcune cause dell'emozione suscitata dalla tragedia dell'Isola del Giglio. Prima di tutto è una vicenda che ha i caratteri di una fiction cinematografica o televisiva. A cominciare dal contesto, che è quello della serie americana Love Boat, andata in onda con grandi ascolti in tutto il mondo dal 1977 e durata dieci anni (in Italia è stata trasmessa su Canale 5 dal 1980).

Crociere spensierate, personaggi simpatici, ambiente di lusso, vicende amorose. Un'immagine zuccherosa di società opulenta, oggi riproposta da una insistente pubblicità che offre vacanze da ricchi a prezzi più o meno popolari. Quanto basta per far volare la fantasia.
All'improvviso il dramma. La nave incagliata nella notte, migliaia di persone in pericolo. La commedia diventa tragedia. In diretta, come tutti i grandi fatti del nostro tempo. Con il conseguente effetto-valanga mediatico.

Gli ingredienti ci sono tutti, a cominciare dal contrasto tra il "cattivo" - il comandante che ha provocato l'incidente -  e il "buono" - l'ufficiale della Capitaneria di porto - che lo richiama severamente alle sue responsabilità e organizza i soccorsi con freddezza e competenza.
Non basta. Dopo qualche giorno entra in scena il personaggio che mancava, la donna, all'inizio misteriosa, che (forse) distraeva il comandante in plancia.

L'eroe positivo e l'eroe negativo si fronteggiano nella fantasia come personaggi di una antica saga o di un film. Ma la verità è più articolata, come se si montassero insieme per sbaglio due pellicole diverse. La trama principale è quella dei film catastrofici americani, con l'eroe positivo che domina la situazione e salva le persone in pericolo. Di fronte non ha il malvagio, il terrorista o semplicemente il fato. Ha un personaggio che ricorda un italiano cialtrone da film di costume. Insomma, Burt Lancaster contro Alberto Sordi. Ma nessuno dei due ha sbagliato film, perché è una storia vera.

Così il dramma diventa spettacolo. Niente di nuovo, verrebbe da dire. Ho ancora ricordi precisi di come vissi, da bambino, il naufragio dell'Andrea Doria. Attraverso la radio e i giornali, perché a casa mia la televisione sarebbe entrata molti anni dopo. Per quei tempi fu un grande evento mediatico. Mi restano impresse nella memoria le prime pagine del Corriere della sera e de Il Piccolo di Trieste, con le grandi foto in bianco e nero, prima della nave coricata sul fianco, poi, il giorno dopo, quelle della poppa che si levava sul mare prima di scomparire.

Anche allora in tanti vissero con profonda emozione quelle ore drammatiche. Anche allora c'erano un eroe positivo, il comandante dell'Andrea Doria Piero Calamai, e uno negativo, il terzo ufficiale della Stockholm Johan-Ernst Carstens-Johannsen. Le polemiche furono violente e durano ancora oggi. Ma non c'era l'internet. La gente poteva solo ricevere le notizie e commentarle in famiglia o al bar. Come massimo qualcuno poteva mandare una lettera al direttore di un giornale, che poteva anche non essere pubblicata.

Oggi non sono solo gli organi di informazione a decidere se una vicenda è da prima pagina. E per quanto tempo deve restarci. Con la Rete un elemento nuovo si è inserito nel ciclo dell'informazione. Le emozioni del pubblico possono influire più delle decisioni dei media sulla vita e sul senso delle notizie. In parte si tratta di voyeurismo e anche di quella che in tedesco si chiama Schadenfreude, ovvero la gioia (inconscia) di vedere la sofferenza degli altri.

Ora consideriamo due frammenti del baccano mediatico di questi giorni. Il primo è un post del blog della Costa Crociere, che racconta un "inchino" della Concordia all'isola di Procida. Vi si legge che il 30 agosto scorso la nave

ha omaggiato con il suo saluto e con la sua breve sosta nella rada della Corricella, l’isola di Procida, tutto ciò grazie al Comandante Francesco Schettino, di Meta di Sorrento. Una grande emozione non solo per i procidani ma anche per i numerosi turisti presenti che hanno accolto la grande e possente nave con applausi, striscioni, musica trombette e vuvuzelas, a bordo di motoscafi, pescherecci, natanti di ogni genere. L’arrivo della nave è stato annunciato da 10 colpi di mortaio ai quali Costa Concordia ha risposto con 3 fischi di sirena, rituale di saluto. Sicuramente una gioia ed una novità per tutti, anche per gli ospiti della Costa Concordia pronti sui ponti esterni con macchine fotografiche e telecamere ad immortalare quel momento unico, ed a festeggiare e salutare con bandiere e fazzoletti. Come lo stesso primo ufficiale di coperta originario di Procida ha dichiarato ‘’Una festa, un atto d’amore e un omaggio alla tradizione marinara che procidani e sorrentini hanno nel dna’’.

L'atmosfera da Love Boat, con tanto di grazie al comandante, ha un riflesso nel secondo frammento. Le cronache di lunedì 23 gennaio riportano che,  durante la partita di calcio del giorno prima tra il Napoli e il Siena, i tifosi del club Napoli Meta (la località dove è nato e abita il comandante) hanno esposto uno striscione: "Comandante Schettino siamo con te". Scandaloso. Non si spiega solo con il campanilismo, perché Schettino è un personaggio tipico dell'Italia di questi anni. Uno in cui molti si riconoscono e che votano alle elezioni.

A questo punto il quadro è completo. La Costa Concordia è la metafora del nostro Paese, che corre allegramente verso il naufragio con al comando uno sbruffone irresponsabile. Il quale, anche quando è chiaro che la festa sta diventando tragedia, assicura che tutto va bene.
Ma l'Italia non è solo la nave del bunga-bunga. Quando la situazione volge al disastro, arriva un "tecnico" che prende in mano la situazione. E' semplicemente un ufficiale competente, che fa con serietà il suo mestiere. E diventa un eroe.

Gli eroi sono un'altra cosa. Ma oggi in Italia appaiono eroi quelli che semplicemente fanno il loro dovere. Come il calciatore Simone Farina, che rifiuta di farsi corrompere per truccare una partita. Come un capo del Governo che continua a riscuotere il consenso della maggioranza degli italiani, mentre li bastona a suon di tasse e rincari.
Evidentemente abbiamo bisogno di persone così. E siccome alla ribalta ce ne sono poche, in un modo o nell'altro ne facciamo degli eroi.

Consideriamo ancora la figura del comandante De Falco. Il punto-chiave non è il "vada a bordo, cazzo" che ha fatto il giro del mondo. E' quando ordina a Schettino di riferire "se ci sono bambini, donne o persone bisognose di assistenza". E poi: "Con cento persone a bordo lei abbandona la nave?".
De Falco è un marinaio. Uno che ha impressi nella coscienza quei due principi che guidano gli uomini di mare nei momenti tragici di un naufragio: "Prima le donne e i bambini. Il comandante per ultimo".
In fondo non fa altro che imporre il rispetto delle regole. In un'epoca in cui le regole appaiono troppo spesso come inutili contrattempi.

L'eroe di una notte poteva diventare un personaggio mediatico, un frequentatore di talk-show, uno di quei "massimi esperti" del tutto e del nulla che vengono chiamati a pronunciare oracoli e sentenze per ogni occasione. Niente di tutto questo. Continua a fare il suo lavoro come un uomo di governo a cui non interessa vincere le prossime elezioni.

L'interesse sul naufragio della Costa Concordia durerà a lungo. Ci sarà lo spettacolo (mediaticamente grandioso) del relitto che torna a galleggiare. Ci sarà il processo. Nell'aula del tribunale vedremo di nuovo uno di fronte all'altro i due comandanti. Forse ci sarà ancora qualcuno che "farà il tifo" per Schettino. Ma la stragrande maggioranza sarà dalla parte di De Falco. Molti giovani apprenderanno la lezione della responsabilità e del rispetto delle regole.

Alla fine della storia, la vicenda della nave incagliata, metafora dell'Italia incagliata, sembra rivelare un aspetto positivo: qualcosa sta cambiando, se la maggioranza degli italiani si riconosce in persone serie e responsabili. Che non concedono nulla ai riflettori delle cronache, che non cercano il consenso.
Tecnici che svolgono seriamente i compiti a cui sono chiamati, senza riguardo per nessuno. E poi tornano a casa, come i dittatori dell'antica Roma.

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