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Professione giornalista

La legge-truffa sull'equità retributiva è ferma al Senato

La non-riforma e le illusioni dei pubblicisti

Mancano due settimane al varo del decreto di riforma delle professioni regolamentate. Tra le quali, solo in Italia, c'è quella di giornalista. Ma non ci sono buone notizie per l'esercito dei giornalisti precari.

30.07.12

Vedi anche:
Gli articoli e le leggi sull'Ordine dei giornalisti

Che fine ha fatto la Proposta di legge C3555 "Norme per promuovere l’equità retributiva nel lavoro giornalistico"? Se lo chiedono molti colleghi pubblicisti, illusi da un titolo che ha il sapore di una pubblicità ingannevole. La risposta è che il provvedimento è chiuso in un cassetto, in attesa del varo della riforma delle professioni. 

Dobbiamo partire da qui, dal regolamento che dovrà essere emanato entro il 13 agosto prossimo, per capire il (non)senso della presunta "equità retributiva". Ne ho già parlato alcuni mesi fa in I (giornalisti) precari presi in giro due volte, ma è opportuno approfondire la questione.

Dunque in Italia tra due settimane ci sarà la riforma (epocale?) delle professioni. Il testo finale del regolamento conterrà alcune differenze significative rispetto allo schema di DPR predisposto dal Governo, in seguito a una serie di osservazioni molto critiche formulate dal Consiglio di Stato.
I giudici di Palazzo Spada hanno promosso il testo nel suo insieme, ma le loro osservazioni toccano punti essenziali della riforma. In particolare la definizione di "professionista" (ritenuta troppo ampia), la durata del tirocinio, i corsi di formazione iniziale e le modalità della formazione permanente.

Tutto questo riguarda solo in piccola parte la professione giornalistica, mai citata nel testo. E soprattutto non tocca la sostanza di un ordinamento professionale ormai fuori dal tempo (oltre che dallo spazio, perché negli altri stati democratici non esistono ordinamenti chiusi come il nostro).

Come non esistono, per quanto è dato di sapere, situazioni vergognose come quella che riguarda migliaia di giornalisti precari, in alcuni casi iscritti come pubblicisti, in altri del tutto privi di qualsiasi forma di riconoscimento della professione. Abusivi, per legge, e passibili di sanzione penale se si qualificano per il lavoro che svolgono.

Come tutti sanno, in Italia la professione di giornalista è regolata dalla legge 3 febbraio 1963, n. 69. Essa prevede due categorie di giornalisti: i professionisti e i pubblicisti. I primi sono "coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista": i secondi sono "coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi".
Ci sono poi i praticanti e gli iscritti all'elenco speciale.

La realtà è diversa. Le categorie di pubblicisti sono almeno tre.
1. Quelli che sono assunti da un editore ai sensi del contratto nazionale: professionisti di fatto, non sono qualificati professionisti.
2. I liberi professionisti che svolgono in forma prevalente e continuativa la professione di giornalista. Ma per la legge non esistono: si può essere professionisti solo dopo aver passato l'esame di idoneità professionale.
3. I "pubblicisti a norma di legge", cioè persone hanno una diversa attività principale. Questi ultimi non dovrebbero essere neanche considerati giornalisti (un avvocato, che fa l'avvocato, e che scrive regolarmente articoli di diritto, è sempre un avvocato, non un giornalista).

Infine ci sono quelli che l'Ordine definisce "(giornalisti)", cioè giornalisti tra parentesi, perché non può riconoscere il titolo di giornalista chi non è iscritto all'albo. Sono i precari dell'informazione, "giornalari" invece che giornalisti (vedi Giornalisti e precari: la casta dei "giornalari" e (Giornalista): una professione tra parentesi)

Questa situazione non trova paragoni con quella delle vere professioni regolamentate. Non ci sono iscritti all'Ordine dei medici che fanno i ragionieri, né ingegneri che hanno uno studio legale. E l'esercizio abusivo delle rispettive professioni è un reato molto serio, per i danni che può provocare.
Ma, ditemi voi, che danni può commettere un giornalista senza tessera? Sopra di lui c'è sempre un editore che decide che cosa si pubblica e chi fa il servizio.

Siamo al nodo centrale della questione. Chi svolge la professione di giornalista può farlo perché c'è un editore che lo paga (o promette di pagarlo, prima o poi, forse). Da quando esiste la stampa, in ogni parte del mondo, è sempre e solo un editore quello che decide chi è giornalista e chi no. A volte il più bravo, spesso - da noi - quello che lavora gratis o quasi.

Questa una delle ragioni sostanziali dell'inutilità dell'Ordine dei giornalisti, degli esami di idoneità professionale e di tutto l'ambaradan che ruota intorno a comode poltrone, redditizie scuole di giornalismo e organismi disciplinari che proteggono solo gli interessi della corporazione.

In questo quadro si inserisce la questione del disegno di legge sull'equità retributiva. Come ho sottolineato in I (giornalisti) precari presi in giro due volte, la proclamata equità retributiva riguarda solo gli iscritti all'Ordine. I giornalari sono fuori e non c'è nessuna prospettiva di miglioramento per la loro situazione.

Ma anche per i pubblicisti il disegno di legge nasconde (neanche tanto) una trappola mortale. Perché, se gli editori saranno costretti a pagare compensi "equi" agli iscritti all'ordine, si rivolgeranno ai giornalari. Quelli che devono accontentarsi di pochi euro per un pezzo che magari ha richiesto una giornata di lavoro.

Ma anche questi ultimi - ultimi in ogni senso - sono a rischio di estinzione. Saranno vittime dell'informazione spontanea in Rete, quella di cui già oggi gli editori fanno man bassa per riempire gratis le pagine delle edizioni on line o dei notiziari televisivi.

La situazione non è allegra e non c'è nulla all'orizzonte che possa accendere speranze di tempi migliori. Non restano che gli auguri di buone vacanze, per il caso che tra i lettori di questa pagina ci sia qualcuno  che possa permettersele.

Nota: non si trova un testo completo e attendibile del Parere del Consiglio di Stato sulla bozza di regolamento delle professioni. Il motore di ricerca del sito www.giustizia-amministrativa.it  è "in manutenzione" da tempo immemorabile.

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