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Professione giornalista

I nuovi media, una sfida per una nuova professionalità

14.11.01
Sintesi della relazione presentata da Manlio Cammarata al convegno internazionale Professione giornalista, nuovi media, nuova informazione svoltosi a Montesilvano (PE) il 14 novembre 2001 nell'ambito del 23. Congresso nazionale della stampa italiana.

C'è una notizia della scorsa settimana che mi sembra utile per introdurre il discorso: la Repubblica ha dato inizio al passaggio a pagamento dell'edizione on line del quotidiano. E' una cattiva notizia per chi è abituato ad avere gratis tutto quello che si trova sull'internet, ma una buona notizia per chi con l'internet lavora e vorrebbe ricavarne un giusto profitto. Ma è necessario capire che cosa significa questa novità nel quadro della "nuova informazione".

Quando si dice "nuovi media" si pensa subito all'internet e quando si dice "nuova informazione" si pensa alle possibilità offerte dalla grande rete, e in particolare dal world wide web.
Credo che sia utile tentare una lettura meno superficiale di queste associazioni di idee, per capire quali possano essere gli sviluppi dell'informazione - non solo di quella on line - e gli inevitabili cambiamenti della nostra professione.
Partiamo da alcune considerazioni su che cosa c'è di veramente nuovo nell'informazione e nella comunicazione on line.

Libertà di ascoltare e di dire. Con un costo limitato e con minime conoscenze tecniche chiunque può ricevere informazioni o conoscere le idee di altri, e nello stesso tempo può diffondere le proprie informazioni e idee. Questa possibilità fino a pochi anni fa non era nemmeno pensabile. Si deve risalire molto indietro nel tempo, alla dimensione antica del villaggio o della città-stato per trovare una libertà di comunicazione paragonabile a questa. Solo che ora il villaggio è "globale", come ci ha spiegato McLuhan molti anni fa, e questo cambia completamente la dimensione dell'informazione, che non è più riservata ai professionisti. Però non è vero che, come dice qualcuno, con il web "siamo tutti giornalisti". Evidentemente chi fa questa affermazione non sa che cosa sia veramente la professione di giornalista, e quale preparazione e quali responsabilità comporti.

Delocalizzazione, assenza di confini. Attenzione, non si tratta del ciberspazio, la bella invenzione letteraria di Gibson, ma semplicemente del fatto che qualsiasi informazione messa in rete, non importa "da dove", si trova "dovunque". Una delle conseguenze più interessanti dell'assenza di confini della Rete è la facilità con cui si possono aggirare le limitazioni della libertà di espressione che esistono in molti stati.

Memoria. Un contenuto messo on line, se interessa qualcuno, è probabile che vi rimanga a tempo indefinito, anche se il suo autore dopo qualche tempo lo rimuove, perché altri lo hanno ripreso. Comunque mantenerlo costa pochissimo denaro e nessuno sforzo, sicché il tempo passato è sempre presente. Questa è un'altra "rivoluzione mentale" con la quale dobbiamo fare i conti.

Multimedialità. E' un aspetto che viene spesso frainteso, perché non è vero che la multimedialità sia soltanto l'unione o la coesistenza di media diversi. Vedremo più avanti quale sia il vero significato di questa espressione e quali le sue conseguenze per il tema che ci interessa.

Ipertestualità. Questa è una caratteristica specifica del web e costituisce uno degli aspetti più interessanti dei nuovi media. Nella comunicazione tradizionale ogni "prodotto editoriale" vive in uno spazio determinato, presenta un certo numero di informazioni, non una di più, non una di meno. Invece nel web, se viene realmente sfruttata l'ipertestualità, ogni informazione può aprire al strada a un numero praticamente infinito di altre informazioni, comprese quelle che fanno parte della "memoria" di cui ho parlato un attimo fa e che invece nei media tradizionali costituiscono l'insieme dei "numeri arretrati", una specie di deposito informe nel quale la ricerca è molto difficile. Invece nel web è possibile scavare, con qualche competenza e con molta pazienza, in un gigantesco "giacimento" di informazioni.

Confusione. Questa è una caratteristica che deriva dalla combinazione di tutte le altre. E' compito dei professionisti dell'informazione mettere ordine e offrire all'utente percorsi informativi non casuali.

Se osserviamo l'insieme di queste caratteristiche - a parte, forse, l'ultima - ci accorgiamo che esse disegnano una totale rottura nei confronti dei mezzi di informazione tradizionale. Impongono conoscenze tecniche che non fanno parte del bagaglio culturale della maggior parte dei giornalisti, mentre le nuove modalità di lettura richiedono un tecniche e stili di comunicazione diversi. Inoltre la navigazione ipertestuale - questo è un aspetto determinante - mette chiunque in grado di confrontare le notizie offerte da fonti diverse, diminuendo quindi la "fedeltà del lettore" tipica dei media tradizionali.

Si giustificano così la diffidenza e in qualche caso la sorda ostilità di molti giornalisti nei confronti dei nuovi mezzi. Per non parlare degli editori, che hanno anche il problema di ottenere ricavi dall'informazione on line, che fino a oggi è stata data gratis e non sarà redditizia ancora per qualche tempo. Quanto possa essere lunga questa attesa dipende da quanto tempo dovrà passare prima che giornalisti ed editori capiscano che non può esistere l'informazione on line come realtà diversa e separata da quella off line, né che il notiziario diffuso via web non può essere la semplice riedizione telematica del giornale di carta o del radio o telegiornale.

L'irruzione del web nel mondo dell'informazione è stata così rapida che quasi nessuno degli operatori ha avuto il tempo di impadronirsi delle tecniche - è il caso di dire anche della "cultura" - dei nuovi media. Si è solo capito che in un modo o nell'altro è necessario essere presenti sull'internet. Così sono state create le "redazioni telematiche", nelle quali sono stati spostati i pochi giornalisti che "capiscono di internet". Redazioni di serie B, tanto che il contratto di lavoro prevede per questi colleghi un trattamento meno favorevole.
Una curiosa e deleteria conseguenza di questa situazione è che nelle redazioni tradizionali sono rimasti i colleghi che di internet e dei nuovi media non capiscono nulla, come si vede dalle inesattezze (per usare un garbato eufemismo) che scrivono ogni volta che devono occuparsi di questioni che riguardano le tecnologie. Questo comporta anche un ritardo nella cosiddetta "alfabetizzazione" del pubblico. Ci sono forse delle eccezioni, ma la realtà è questa.

La soluzione delle "redazioni telematiche" non porta da nessuna parte. Come non porta da nessuna parte la trovata di pubblicare a pagamento un'edizione telematica del giornale di carta, che la riproduce nei dettagli (con la conseguenza che per acquisire un articolo occorre molto più tempo di connessione, che in Europa significa molti più soldi). Certo, la cosa può interessare chi non ha la possibilità di acquistare ogni giorno in edicola il quotidiano tradizionale fresco di stampa, ma questo non è e non può essere il valore aggiunto che permette il pareggio o l'utile economico dell'edizione telematica.
Il valore aggiunto dell'informazione on line è nelle caratteristiche proprie del mezzo telematico: la "bidirezionalità", la multimedialità, l'ipertesto, la memoria.

L'ultimo punto, la memoria, merita un discorso a parte. Nelle statistiche degli accessi alle pagine di InterLex, la rivista che dirigo, c'è un dato molto interessante: l'altissima percentuale di richieste che riguardano vecchi articoli, percentuale che cresce a mano a mano che aumentano le dimensioni dell'archivio (oggi siamo intorno all'80%). Le pagine più consultate in assoluto sono gli indici delle diverse sezioni, che elencano i pezzi pubblicati dal 1995. E questo nonostante la cadenza settimanale, con argomenti sempre legati all'attualità.
Dalle tabelle si vede anche un altro dato importante: la quantità di contatti che arrivano da altri siti, che presentano link alla prima pagina o a pagine interne. Sono diverse migliaia i link a InterLex sparsi non solo in Italia.

Tutto questo significa che è necessario ripensare al modi di porgere l'informazione on line, in termini di linguaggio, di uso delle immagini e dei suoni, di impaginazione, di scelta dei tempi. Dopo la televisione, anche l'internet imporrà un cambiamento nel modo di fare i giornali. Ma adesso l'importante è capire in che modo si può spiccare il lungo il salto dall'informazione scritta e illustrata sulla carta a quella offerta attraverso un personal computer, o attraverso qualcuno dei dispositivi mobili annunciati per il prossimo futuro.

Vediamo, per esempio, la struttura tipica di un quotidiano on line: invece di una pagina con alcuni articoli si vede un solo pezzo, ma accanto ci sono gli indici e i rimandi alle diverse sezioni del giornale. Da una parte queste informazioni sono uno stimolo a leggere altre cose, ad approfondire, ma dall'altra sono un invito a distrarsi, a vagare senza meta, a seguire percorsi puramente emozionali. Dobbiamo tener conto di questi aspetti e imparare a lavorare in modo diverso da quello a cui siamo abituati. Noi oggi, nel giornale di carta, diamo l'informazione pensando a un lettore che segue un percorso preparato da noi, un percorso guidato dall'impaginazione e quindi sulla distribuzione delle notizie nella singola pagina e da una pagina all'altra.
Invece nell'informazione on line l'utente segue percorsi ipertestuali o comunque trasversali, suggeriti da una quantità di elementi che spesso sfuggono al nostro controllo. E' necessario che impariamo a controllare questi elementi: le possibilità tecniche e comunicative esistono, ma non è facile sfruttarle.

Fin qui il discorso per la carta stampata. Nell'informazione radiotelevisiva c'è un limite ancora più stretto, dato dalla successione cronologica delle notizie, per cui l'ascoltatore/spettatore non ha possibilità di scelta, se non quella di cambiare canale. Con la multimedialità il discorso cambia: la combinazione dell'informazione della radio e della TV con il web apre possibilità ancora quasi tutte da esplorare.
Con il web la radio acquista una dimensione in più e offre incredibili spazi comunicativi, come ci ha dimostrato Gianluca Nicoletti con la straordinaria esperienza di Golem. La televisione si fonde più facilmente col mezzo telematico, in virtù della sua natura di audiovisivo. Ma anche il telegiornale, riprodotto sul web (e compatibilmente con la larghezza di banda disponibile) acquista una dimensione in più, quella della "sfogliabilità" e della memoria, oltre naturalmente a quella mai abbastanza sfruttata dell'ipertestualità.

Dove voglio arrivare? Voglio arrivare a una visione (che non è un sogno o un'utopia, ma piuttosto una "pre-visione") di una redazione veramente multimediale. Proviamo a immaginare.

Ci sono dei punti di raccolta delle notizie, chiamiamoli "desk di ingresso", divisi per materie o in funzione degli argomenti di maggiore attualità, che non solo raccolgono le notizie, ma le "tracciano" e le inseguono, e poi le passano ai redattori.
Questi - e qui viene il difficile - elaborano i loro "pezzi" tenendo conto delle diverse forme in cui dovranno essere pubblicati: sul quotidiano di carta (che esce il giorno dopo), sul settimanale (che richiede un diverso approfondimento) ma anche sul web, dove usciranno subito e saranno immediatamente confrontabili con i prodotti della concorrenza.
Lo smistamento e l'adattamento dei pezzi avviene su appositi desk (desk di uscita), che completano anche la notizia con i riferimenti ipertestuali che vengono sia dal "tracciamento" compiuto nei desk di ingresso, sia dall'archivio, sia dai riferimenti tra le uscite della stessa notizia sui diversi media dello stesso editore. Si creano cioè nello stesso tempo l'ipertesto e l'archivio.

Nel quadro che ho delineato molto sommariamente dovrebbe essere chiaro come si può guadagnare dall'informazione on line: sfruttandone a fondo le potenzialità , si ottiene un valore aggiunto tale da giustificare la richiesta di un prezzo di abbonamento.
Ma per ottenere questo risultato è necessaria un'organizzazione del lavoro completamente diversa da quella attuale. Come? Ecco una proposta, o piuttosto una provocazione: portare le redazioni tradizionali (giornali, radio, TV) all'interno quelle telematiche, per costruire il prodotto cartaceo o radiotelevisivo come un componente dell'ipertesto multimediale che, prima o poi, costituirà il modello di tutta l'informazione.
Oggi esiste, per quel che mi risulta, un solo tentativo di "redazione multimediale": quella di Rai News24. Un tentativo ancora immaturo, a mio avviso, ma che potrebbe costituire il punto di partenza di interessanti esperimenti sulla comunicazione del prossimo futuro.

A questo punto dovrebbe emergere con sufficiente chiarezza anche la risposta a un timore, non sempre espresso ma comunque evidente, che pervade la nostra professione: quello della "concorrenza" portata dall'informazione spontanea, non professionale, che però è ben presente e vitale sull'internet.
La difesa corporativa è perdente. Leggi come la 62/01, che pretende di sottoporre l'informazione on line alle stesse anacronistiche regole dell'informazione tradizionale, sono destinate a naufragare nelle aule dei tribunali, oltre che nel ridicolo.

Per capirlo bastano pochi spunti. Per esempio: la registrazione delle testate, con il connesso obbligo di iscrizione all'Albo del direttore responsabile, ha un presupposto territoriale, perché l'iscrizione deve essere fatta presso il tribunale competente per il luogo di pubblicazione. Per aggirare questa disposizione basta pubblicare su un server posto negli USA, dove qualsiasi tentativo di regolamentare la stampa trova l'ostacolo insormontabile del Primo Emendamento. Qualcuno potrebbe obiettare che un giornale diffuso dagli USA e visibile in Italia ricade comunque sotto la giurisdizione italiana, ma la conseguenza di questo principio è paradossale: l'editore del New York Times in versione telematica deve essere processato nel nostro Paese per "stampa clandestina", ai sensi dell'articolo 16 della legge del 1948.

Lasciamo stare la legge 62, che contiene persino gravi errori di diritto. Riflettiamo però su un altro aspetto: se per pubblicare un periodico telematico è necessario essere iscritti all'Albo, e se per ottenere l'iscrizione si deve conseguire la laurea in giornalismo (come sostiene Franco Abruzzo), se ne deduce che solo chi ha la laurea in giornalismo può dare informazione sul web, con tanti saluti all'articolo 21 della nostra Costituzione. Siamo seri!

E' necessario invece studiare come si può conciliare la difesa delle professione - e quindi del pubblico - con la libertà di espressione, alla quale l'internet offre nuove possibilità di sviluppo. Ne ho parlato più volte su InterLex e credo che la strada non possa essere molto diversa da quella indicata da Rodolfo Falvo, in un intervento a titolo personale, pubblicato su InterLex alla fine dell'anno scorso (Come riconoscere l'informazione professionale on line?).

La difesa della professione e la garanzia per il pubblico sono nell'evoluzione dell'informazione professionale. Oggi, in qualche situazione, alcuni siti amatoriali possono battere quelli delle testate più prestigiose in termini di originalità delle notizie, di riferimenti ipertestuali, di freschezza informativa.
Ma se i professionisti dell'informazione sapranno sfruttare le possibilità dei nuovi media, cioè se la nuova informazione sarà fatta da nuovi giornalisti, allora tra il Corriere della Sera multimediale e un sito di informazione spontanea ci sarà la stessa differenza che oggi c'è tra il Corriere di carta e il bollettino della parrocchia.

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