Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013
Home Curriculum Blog Mappa del sito E-mail Storico

Professione giornalista

Giornalista on line: un "mestiere" che non è per tutti

Come diventare giornalista e fondare un giornale?

Sono più di mille le e-mail che mi sono arrivate da quando mi occupo di questi problemi. Tutte con due domande, sempre le stesse, con pochissime variazioni: come si da a diventare pubblicista? Come si mette in piedi una casa editrice?

16 settembre 2010

Con questa pagina cerco di saldare un vecchio debito verso tutti quelli che mi hanno scritto ponendomi le due domande del titolo. E non hanno ricevuto una risposta esauriente. Qui ci sono alcune considerazioni generali, con alla fine qualche indicazione pratica. Per i dettagli ci sono le pagine delle FAQ sulle regole dell'informazione on line.

Giornalista: Perché?

Il "mestiere" di giornalista attrae molti giovani. Ma a chi mi dice che vuole fare il giornalista, chiedo: perché?

Ci sono due risposte ricorrenti: "perché mi piace scrivere" e "perché mi piace viaggiare".
Nel primo caso replico "allora prova a fare lo scrittore"; nel secondo "cerca un lavoro in un'agenzia di viaggi".
Perché il giornalismo non è semplicemente scrivere e viaggiare. E' una curiosità continua verso il mondo e le persone, è ricerca, è riflessione. E', soprattutto, cercare di capire che cosa c'è sotto la "buccia" della realtà. Che debba fare una cronaca di quartiere o un viaggio in capo al mondo, un "pastone" politico o la cronaca di un evento sportivo, la scrittura è solo il passaggio finale di un percorso spesso lungo e accidentato.

Giornalista: Come?

Dunque scrivere è l'ultima preoccupazione del giornalista. Ma deve essere anche la prima: occorre saperlo fare. Ortografia, grammatica, sintassi sono basi indispensabili. Poi viene il linguaggio, lo stile. Ma buona parte delle mail di aspiranti giornalisti mostra una desolante mancanza delle basi elementari della lingua italiana. Messaggi confusi, sgrammaticati, a volte addirittura incomprensibili.
Colpa, in parte, della scuola degli ultimi anni. Ma anche, forse soprattutto, delle poche letture. Per imparare a scrivere bisogna leggere, leggere, leggere.
Leggere di tutto. Romanzi, novelle, saggi. Ma anche giornali, tanti giornali diversi.

Solo in questo modo si può "fare l'orecchio" al linguaggio scritto. Alternare la scrittura di un autore contemporaneo a quella di un classico è un esercizio utilissimo. Provate, per fare un esempio, a leggere una storia di Camilleri e subito dopo un capitolo dei Promessi sposi. Poi tornate a Camilleri o a qualsiasi libro dei nostri giorni: come vorreste scrivere? Come il Manzoni che vi hanno somministrato a scuola o come un autore da milioni di copie? Ve lo dico in un orecchio: il ritmo di Manzoni bisogna averlo dentro, per poi scrivere come Camilleri.

Poi è necessario vedere e ascoltare telegiornali e giornali radio, per capire come dalla parola scritta si passa alla "parola parlata" e alla sua fusione con le immagini. D'accordo, in molti casi si vede come "non" si passa dallo scritto alla voce, come le parole "non" vanno d'accordo con le immagini. Anche questo è un ottimo esercizio!
Infine - ma, forse, prima di tutto - occorre quella dote che non si insegna in nessuna scuola, che non è scritta in nessun manuale: il senso della "notizia". Può essere innato, ma più spesso si acquista con la pratica e con buoni maestri.

Un altro aspetto da tenere ben presente è che sta velocemente cambiando la natura dei "prodotti editoriali". Prima c'erano la stampa, la radio, la televisione. Tre mezzi differenti. Poi è arrivata l'internet, con forme di comunicazione che si rinnovano continuamente, si contaminano, si mescolano. Il giornalista sta diventando "multimediale" o, ecco un neologismo, "cross-mediale". E deve saper fare tante cose diverse e usare strumenti nuovi. L'esperienza dei padri in molti casi non funziona più.

Giornalista? Forse...

Dopo queste premesse ce n'è un'altra: cercare di fare il giornalista, oggi in Italia, è un'impresa disperata. Che riesce a pochissimi. In questo periodo sono forse più quelli che perdono di quelli che trovano il lavoro.
Ottenere il certificato di praticante - se non si hanno "santi in paradiso" (e di quelli buoni) è più difficile che azzeccare la sestina dell'Enalotto.
Le scuole di giornalismo sono costose fabbriche di disoccupati.

La strada obbligata è quella delle collaborazioni. Si cerca di conoscere il direttore o il caporedattore di un giornale e si propone un primo servizio. E' importante presentarsi con un'idea, un tema, uno spunto che possa far scattare l'interesse di chi, di aspiranti giornalisti, ne ha piene le tasche.
Ottenuto, e svolto a dovere il primo incarico, diventa più semplice averne altri ed entrare nella vasta schiera dei giornalisti precari. Anzi dei non-giornalisti, dei (giornalisti) tra parentesi. Sapendo che i compensi sono miserabili, la fatica è tanta e la tessera professionale un traguardo incerto e comunque lontano.

E ora passiamo alle indicazioni pratiche, di massima. Per maggiori dettagli si vedano le FAQ sulle regole dell'informazione on line.

L'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti

Per l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti è necessario presentare una domanda all'Ordine della regione di residenza e allegare copia degli articoli scritti negli ultimi due anni (firmati o con la certificazione del direttore), insieme alla documentazione che attesta che le collaborazioni sono state regolarmente retribuite. Le procedure e il numero minimo di articoli sono spesso diversi da una regione all'altra. La sola cosa da fare è andare alla sede dell'Ordine regionale e chiedere.

L'iscrizione nell'elenco dei professionisti

Richiede diciotto mesi di praticantato presso una testata che abbia almeno cinque professionisti in redazione e il superamento di un esame di idoneità professionale. Il praticantato può essere sostituito in parte dalla frequenza a una scuola di giornalismo riconosciuta dall'Ordine, con lo stage in una redazione. Ma ci sono dubbi che questa procedura sia del tutto legittima.

Diventare editore

E' una cosa lunga e difficile. Prima di tutto si devono circoscrivere i temi della pubblicazione (politica, cronaca, sport, spettacolo, tecnologie, letteratura...). Poi esaminare il mercato, sia per quanto riguarda pubblicazioni simili già esistenti sia per capire se c'è un pubblico abbastanza numeroso da giustificare l'impresa.
Superati questi passaggi, occorre fare un business plan. Cioè si deve calcolare quanto costerà avviare e tenere in piedi la pubblicazione fino al momento in cui le entrate saranno tali da pareggiare le uscite e remunerare il capitale (le entrate possono derivare dalla vendita delle copie, dagli abbonamenti e dalla pubblicità). Quindi farsi i conti in tasca...
Se i conti tornano, almeno sulla carta, si può pensare alla forma dell'impresa editoriale: ditta individuale o società di persone o di capitali. E a questo punto la competenza è del notaio (per la costituzione dell'eventuale società) e del commercialista, per tutti gli adempimenti societari e fiscali.
Naturalmente chiunque può aprire un sito internet e scriverci dentro qualsiasi cosa. Ma questo non significa essere un editore.

A questo punto, chi ha ancora voglia di andare avanti porrà molte domande. Le risposte alle più comuni sono nelle FAQ sulle regole dell'informazione on line.

Per intervenire su questo argomento scrivi a

Top Indice della sezione Home

© Manlio Cammarata 2010

Informazioni di legge