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Rileggiamo le sentenze più recenti su internet e stampa

I saggi giudici della Cassazione hanno capito l'internet

La sentenza della Cassazione del 16 luglio scorso non è la prima che inquadra correttamente il problema dell'applicabilità delle norme sulla stampa alla informazione on line. Diversamente da molte decisioni dei giudici di merito.

di Daniele Minott* - 4 ottobre 2010

Ineuntis enim aetatis inscitia senum constituenda et regenda prudentia est (Cicerone, Doveri, I, 122)

La legge è troppo vecchia per Internet. E’ questa, al di là del “legalese”, l’estrema sintesi, se vogliamo anche in una prospettiva socio-giuridica, della più recente sentenza della Cassazione in tema di “stampa” telematica (n. 35511 del 16 luglio 2010).
La massima giuridica, invece, potrebbe essere questa: “Il direttore di una testata online, attesa la particolarità del mezzo, non risponde necessariamente per omesso controllo ex art. 57 c.p.”.

Non è certo il caso di ripetere quanto scritto, in modo condivisibile, da Manlio Cammarata proprio su questa pagina.
Preferirei, invece, ripercorrere brevemente le più recenti sentenze in tema di responsabilità del direttore di una testata online e, traslando, di blogger e amministratori di forum, ovviamente per contenuti inseriti da altri.

Aosta, maggio 2006. Le motivazioni depositate poco dopo, a giugno, parificano il blogger al direttore responsabile delle testate giornalistiche. Con acrobazie giuridiche senza alcuna grazia e pregio, si giunge a sostenere che chi gestisce un blog risponde ex art. 596-bis c.p. “essendo la sua posizione identica a quella del direttore responsabile” perché il primo avrebbe il “totale controllo di quanto viene postato e, per l’effetto, allo stesso modo di un direttore responsabile, ha il dovere di eliminare quelli offensivi”.
In realtà, leggendo la pronuncia si scopre che il processo aveva fornito la prova della paternità degli scritti ritenuti lesivi proprio al blogger. Dunque, le apodittiche (e inutili) conclusioni sulla responsabilità per contenuti postati da altri assumono ancora minor valore.

Cassazione, dicembre 2008, motivazioni del marzo dell’anno successivo. La Suprema Corte, per la prima volta, afferma a chiare lettere che “i messaggi lasciati su un forum di discussione (che, a seconda dei casi, può essere aperto a tutti indistintamente, o a chiunque si registri con qualsiasi pseudonimo, o a chi si registri previa identificazione) sono equiparabili ai messaggi che potevano e possono essere lasciati in una bacheca (sita in un luogo pubblico, o aperto al pubblico, o privato) e, così come quest'ultimi, anche i primi sono mezzi di comunicazione del proprio pensiero o anche mezzi di comunicazione di informazioni, ma non entrano (solo in quanto tali) nel concetto di stampa, sia pure in senso ampio”. In un procedimento che, in realtà, riguarda la sequestrabilità di un dato sito, penso sia possibile estrarre il messaggio (un vero e proprio principio giuridico) secondo cui il direttore non risponde dei contenuti non riconducibili al concetto di stampa, cioè, ad esempio, quelli autonomamente introdotti da commentatori e partecipanti a forum di discussione.

Firenze, febbraio 2009, motivazioni a maggio. Un brutto passo indietro rispetto alla Cassazione appena menzionata ed evidentemente non conosciuta. Dei messaggi postati in un forum (incidentalmente inserito in un sito testata registrata) risponde il direttore responsabile per omesso controllo ex art. 57 c.p. Non c’è scampo, ma, ancora una volta, senza tante spiegazioni: la responsabilità per colpa permette di sorvolare su molto.

E così arriviamo ai tempi più recenti, alla sentenza di legittimità di cui ci occupiamo oggi in queste pagine, la n. 35511 del 16 luglio 2010. Ribadendo che non è mia intenzione procedere ad una nuova e specifica analisi del provvedimento (anche perché condivido quanto già scritto da Cammarata), ciò che mi ha sorpreso in questa sequenza di decisioni chiaramente contrastanti è che coloro che hanno compreso meglio la natura telematica (nella fattispecie, ciò che dovrebbe essere controllato, ben più ampio di un giornale cartaceo, per giunta in continuo potenziale divenire) non sono i giovani giudici del merito, ma gli ermellini romani che si suppongono più anziani dei primi.

L’anzianità del giudice porta con sé una certa saggezza giuridica (e maggiore ponderazione nel giudicare). In questo caso, appunto sorprendentemente, l’anziano si è dimostrato più acuto osservatore (dunque, conoscitore) della tecnologia, quella cosa giovane che altri giovani non hanno saputo (o voluto) comprendere.

* Avvocato in Genova

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