Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013
Home Curriculum Blog Mappa del sito E-mail Storico

 

Internet e stampa

Editoria elettronica, un pasticcio legislativo

03.06.97

Il disegno di legge S1021 "Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sul sistema radiotelevisivo" contiene un passaggio di grande interesse per la discussione sulle "regole di Internet".
Nel testo approvato dal Senato il 22 maggio scorso e passato alla Camera (dove si prevede che sarà modificato, con la conseguenza di un secondo esame del Senato) è stata aggiunta una disposizione che non appariva nel testo originario presentato dal Ministro delle poste e telecomunicazioni nel luglio dello scorso anno. In questo si leggeva infatti all'art. 1, comma 4, lettera A, n. 1): [La commissione per le infrastrutture e le reti] cura la tenuta del registro degli operatori di comunicazione al quale si devono iscrivere, in virtù della presente legge, i soggetti destinatari di concessione ovvero di autorizzazione in base alla vigente normativa da parte dell'Autorità o delle amministrazioni competenti, le imprese concessionarie di pubblicità da trasmettere mediante impianti radiofonici o televisivi o da diffondere su giornali quotidiani o periodici, le imprese di produzione e distribuzione dei programmi radiofonici e televisivi, nonchè le imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici o riviste e le agenzie di stampa di carattere nazionale; nel registro sono altresì censite le infrastrutture di diffusione operanti nel territorio nazionale. Nel testo approvato è stata aggiunta, dopo il penultimo periodo riportato, la frase nonchè le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa l'editoria elettronica.

A prima vista ci si potrebbe rallegrare di questa aggiunta, perché è il segno di una qualche consapevolezza del fatto che la comunicazione è sempre più "multimediale" e non si può regolamentare sempre e solo stampa e televisione, come è stato fatto fino a ora. Ma un più attento esame del testo rivela un mezzo pasticcio. Vediamo perché.
Il disegno di legge prevede che la costituenda Autorità sia divisa in due commissioni, una "per le infrastrutture e le reti" e una "per i servizi e i prodotti". Distinzione opportuna, perché quando si parla di informazione in molti casi è necessario distinguere i supporti dai contenuti. I problemi delle infrastrutture sono diversi da quelli dell'editoria.
Tuttavia, affidando alla prima commissione la tenuta di un unico registro, le si attribuiscono compiti che spetterebbero alla seconda. Non c'è dubbio che la commissione per le infrastrutture e le reti è competente per quanto riguarda i soggetti destinatari di concessione ovvero di autorizzazione [all'installazione e alla gestione di infrastrutture] e le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni e le infrastrutture di diffusione operanti nel territorio nazionale. Si tratta, appunto, di infrastrutture e di reti, e dei servizi che a queste sono correlati. Ma le imprese concessionarie di pubblicità, le imprese di produzione e distribuzione dei programmi radiofonici e televisivi e l'editoria elettronica fanno parte non delle infrastrutture, ma dei "servizi e prodotti" di competenza della seconda commissione.

La frase aggiunta aumenta la confusione perché l'avverbio "ivi" inserisce l'editoria elettronica, cioè i contenuti, tra le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni, che invece fanno parte delle infrastrutture. Con ogni probabilità la fuorviante appendice è un modo per inserire nella forma più indiretta e criptica possibile il fornitori di servizi Internet, campo sconosciuto al Ministero delle poste (come si può vedere dall'elenco dei siti della pubblica amministrazione riportato nell'apposita pagina di questa rivista, oltre che dalla bozza di "Codice di autoregolamentazione per i servizi Internet" di recente diffusione).

Fra parentesi è bene ricordare che l'espressione "editoria elettronica" è normalmente usata per indicare la produzione e la diffusione di CD-ROM e simili, ma si può tranquillamente usare anche per indicare le attività editoriali telematiche. A stretto rigore sarebbe più precisa la dizione "editoria digitale", perché dal punto di vista tecnologico anche le video e audiocassette sono editoria "elettronica", come i dischi audio analogici. Anche se ormai la definizione è entrata nell'uso comune, un testo di legge dovrebbe essere preciso nell'individuazione delle fattispecie che intende regolare.

In ogni caso, l'effetto di questa disposizione dovrebbe essere l'inserimento dei "nuovi media" nel campo dell'editoria in generale. Siamo ancora lontani dal concetto di "multimedialità", che se fosse accettato porterebbe a una legge impostata diversamente, ma comunque è un passo avanti. In questo senso è positivo anche il cambiamento della denominazione dell'Istituto superiore delle poste e delle telecomunicazioni, che diventa "Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione" (art. 1, comma 4, lettera c), n. 3).

Ma il legislatore non trae tutte le conseguenze da queste novità, perché nell'elenco dei compiti della commissione per i servizi e i prodotti si dimentica dell'editoria elettronica. Recita infatti l'art. 1, comma 4, lettera b) che la commissione 5) verifica il rispetto nel settore radiotelevisivo delle norme in materia di tutela dei minori anche tenendo conto dei codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori; 6) verifica il rispetto nel settore radiotelevisivo delle norme in materia di diritto di rettifica. Ma non verifica il rispetto di queste norme nell'informazione telematica.

Il problema è che questo disegno di legge, come quello sulla riforma del sistema delle telecomunicazioni che porta il numero S1138, non è stato pensato per la comunicazione di domani, che sarà "multimediale" nel vero senso della parola. E' ormai chiaro e accettato da tutti gli esperti che l'intero sistema dell'informazione si evolve a grandi passi verso la fusione tra il sistema televisivo e il "sistema Internet", anche se non si può ancora prevedere con quali meccanismi: se con l'adozione di buona parte di Internet nella televisione, o con il passaggio della televisione al modello di Internet, o con uno schema intermedio. Ma comprendere il sistema dell'informazione digitale nel sistema televisivo attuale è un errore che potremmo pagare molto caro in un futuro abbastanza prossimo.

Per concludere si deve rilevare un'altra dimenticanza, questa volta nel ddl S1138 "Disciplina del sistema delle telecomunicazioni", non ancora esaminato dal'assemblea di Palazzo Madama. L'art. 10, comma 2, stabilisce: Ai telegiornali e ai giornali radio si applicano le norme sulla registrazione dei giornali e periodici contenute negli articoli 5 e 6 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. I direttori dei telegiornali e dei giornali radio sono, a questo fine, considerati direttori responsabili. Da una parte è una disposizione pleonastica e inutile, perché è già contenuta, con le stesse parole, nella legge 14 aprile 1975 n. 103 "Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva" e nella legge 6 agosto 1990 n. 223 (la "Mammì"): la prima norma non mai è stata abrogata e quindi era già di troppo nella seconda legge, a che pro ripeterla ancora una volta nella "Maccanico"?

E' invece necessario inserire un comma che stabilisca: "Alle testate telematiche che ne facciano richiesta si applicano le norme sulla registrazione dei giornali e dei periodici contenute negli articoli 5 e 6 della legge 8 febbraio 1948 n. 47. I direttori delle testate telematiche sono, a questo fine, considerati direttori responsabili" (si veda il mio articolo "L'informazione su Internet e le leggi sulla stampa").
Così si incomincerebbe a mettere un po' di ordine nell'informazione on-line.

 

Per intervenire su questo argomento scrivi a

Top - Indice della sezione - Home

© Manlio Cammarata 2009

Informazioni di legge