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Internet e stampa

La sentenza della Cassazione sulla responsabilità del direttore 

Su carta e on line, la confusione del doppio binario

di Andrea Monti - 14 settembre 2009

Rispondo alla domanda con la quale Manlio Cammarata pochi giorni fa chiudeva il suo articolo La Cassazione: il direttore on line non è "responsabile": alla luce della decisione n. 35511, di che cosa è responsabile il direttore responsabile di una testata on line registrata al tribunale?
La sentenza, che stabilisce un doppio binario di responsabilità per il direttore di una testata riprodotta su carta e quello di una testata diffusa online, inserisce un ulteriore e inutile elemento di confusione in un dibattito - quello sulla stampa online - tutto sommato inutile e fomentato da chi, aspirando a fare il giornalista senza però essere iscritto al relativo albo, ha cercato di attribuirsi in modo suicida uno status giuridico analogo a quello dei professionisti dell’informazione.

La stampa, quella di cui parla la Costituzione, non è il supporto sul quale si riproducono i contenuti ma quella con la “S” maiuscola. Come ha efficacemente detto Manlio Cammarata, la differenza si capisce traducendo i concetti nella lingua inglese: la Costituzione si occupa di “Press” e non di “print”. Alla luce di questa banale considerazione - ma non evidentemente tale per tutti - si capisce perché l’annoso dibattito sull’applicabilità della normativa sulla stampa ai siti personali, ai forum e alle mailing-list sia off-topic.

Chi fa professionalmente informazione, a prescindere dalla content-delivery platform è sottoposto alla legge sulla stampa. Chi pubblica online i propri pensieri, le proprie opinioni no. Ne parlammo già tanto tempo fa su queste pagine commentando l’ennesimo "al lupo al lupo" sulla libertà di pensiero (Editoria: è il prodotto che fa la differenza).

Possiamo certamente discutere sull’anacronismo della regolamentazione della professione giornalistica; e possiamo sicuramente riflettere sul fatto che la cosiddetta “informazione professionale” è sempre più simile al mero rilancio di comunicati stampa. Possiamo anche riconoscere che molti “non professionisti” producono informazione di qualità eccellente. Ma questo non cambia il fatto che la sentenza in commento sia molto discutibile.

In primo luogo perché àncora la sussunzione di un fatto all’interno di una norma al mero requisito tecnico (la stampa è cartacea, la pubblicazione online no, quindi la legge non si applica). Il risultato è che un legislatore di stampo mediorientale potrebbe semplicemente modificare la legge ed estenderne l’applicazione “a ogni altro mezzo di diffusione dell’informazione”. In secondo luogo perché, come detto, introduce una incomprensibile asimmetria nel sistema della responsabilità per la direzione di una testata, che non trova giustificazione nel mero distinguo tecnico. In terzo luogo perché in modo apodittico stabilisce la sussistenza della difficoltà del moderare i contenuti per il direttore responsabile di una testata online, senza operare un distinguo su base casistica.

Un conto è moderare i commenti pubblicati su una testata ad altissimo traffico, un conto è moderare i contributi a una piccola testata locale. In altri termini, l’esigibilità (o la non esigibilità) del controllo non può essere un valore assoluto. Infine, è difficilmente comprensibile il richiamo al d.lgs. 70/2003 e al relativo regime di responsabilità che riguarda i fornitori di servizi della società dell’informazione e non i direttori di giornale.
C’è da sperare che questo orientamento venga superato da ulteriori e più avvedute sentenze.

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