Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013
Home Curriculum Blog Mappa del sito E-mail Storico
Sistema informazione

Intercettazioni e pubblicazioni: i veri problemi

28.09.06
Scandalo Telecom. Il "decreto Mastella" pone alcuni questioni sul diritto di informare. Ma prima si deve leggere con attenzione l'ordinanza del GIP.
Un'associazione per delinquere messa in piedi dal responsabile della sicurezza di Telecom Italia avrebbe condotto per anni un'estesa attività di "dossieraggio" a carico di un grande numero di cittadini (il condizionale è d'obbligo perché non c'è una sentenza definitiva di condanna e quindi gli indagati - non ancora imputati - devono essere considerati innocenti). Questa è la sostanza dello "scandalo Telecom" di cui si parla in questi giorni .
L'informazione, soprattutto all'inizio, non è stata sempre corretta e non ha messo nella giusta luce alcuni problemi molto seri, e ben noti agli addetti ai lavori, che riguardano la protezione dei dati personali nel nostro Paese.

Per capire meglio i termini della questione, si dovrebbe leggere con attenzione l'ordinanza di applicazione di misure cautelari e sequestri emessa dal giudice per le indagini preliminari Paola Belsito.
"Misure cautelari", per inciso, non significa condanna e neppure rinvio a giudizio, ma solo che dalle indagini condotte fino a questo punto emerge la necessità di arrestare alcuni indagati e sequestrare determinati beni.
Sono trecentoquarantaquattro pagine, con lunghi elenchi di spioni e di spiati ma, avverte il giudice, non è tutto: l'inchiesta prosegue e ci saranno altri elenchi di spioni e di spiati.

Il primo dato che salta all'occhio di ha la pazienza di leggere l'ordinanza, è che tra gli illeciti contestati dalla Procura di Milano non ci sono intercettazioni. C'è solo il caso del ritrovamento di una microspia nell'automobile dell'allora amministratore delegato di Telecom, Bondi, presumibilmente piazzata dalla stessa persona che poi ha fatto finta di "scovarla". Dunque c'è stata un'informazione imprecisa, perché fino a questo punto delle indagini non risulterebbe che la macchina spionistica illegale abbia compiuto intercettazioni telefoniche o telematiche, ma solo accessi abusivi a banche dati. Questo getta sulla vicenda una luce diversa, forse ancora più preoccupante.

Vediamo infatti da quali fonti gli indagati attingevano i dati. Si legge nell'ordinanza a pagina 173: "...informazioni raccolte presso il Centro elaborazione dati delle forze di polizia e che riguardano tutti i soggetti presenti sul territorio dello stato, e all'interno della Comunità. Informazioni e dati che attengono all'ordine ed alla sicurezza pubblica, alla prevenzione e alla repressione della criminalità, ivi comprese le notizie relative alla situazione bancaria e alle operazioni compiute dai singoli". Nelle pagine seguenti si aggiungono le informazioni dell'anagrafe tributaria e soprattutto, i data base della stessa Telecom, con tutti i dati di traffico contenuti nei tabulati telefonici.

Impressionante l'elenco delle informazioni: "precedenti di polizia, precedenti penali e casellari giudiziali, conti correnti, auto, patenti, hotel, controlli su strada, dichiarazioni dei redditi e quant'altro necessario". Ancora, servizi di pedinamento, cariche riservate partecipazioni e protesti. Ed è singolare che gli spioni della società telefonica non abbiano mai usato gli strumenti che avevano più a portata di mano, le intercettazioni telefoniche e telematiche. Emergerà qualcosa nel prosieguo dell'inchiesta?

Ma ecco il dato più inquietante, sempre nelle parole del giudice: "I due [Tavaroli e Cipriani, n.d.r.] hanno costruito un sistema apparentemente perfetto. Esso si è sviluppato con la formazione di un archivio da far invidia a un servizio segreto, e ciò attraverso l'acquisizione, tra l'altro, di informazioni abusivamente ottenute [...] per mezzo di una rete di pubblici ufficiali e di incaricati di pubblico servizio compiacenti, e/o corrotti, che utilizzavano gli strumenti di conoscenza forniti loro per ragioni d'ufficio per propalare informazioni riservate sui cittadini. In altri termini i due, mettendo insieme dati provenienti da più banche delle forze dell'ordine e/o di organi pubblici, avevano finito per avere la disponibilità di un centro di raccolta di informazioni più completo, addirittura, di quelli delle forze dell'ordine"(pag. 287 dell'ordinanza).

E se tutto questo non basta, ecco la notizia recentissima di un'altra inchiesta della Procura di Milano su altri spioni, persino negli uffici della stessa Procura.
Che cosa sta succedendo? Quali rischi corriamo, inconsapevoli cittadini, evidentemente controllati e schedati per 24 ore al giorno?
La risposta, purtroppo, è semplice. Una massa enorme di informazioni che ci riguardano è presente in un numero impressionante di banche di dati, alcune legali, alcune illegali o gestite senza troppi riguardi. Particolarmente ricche di informazioni quelle a disposizione delle forze dell'ordine. Le tecnologie dell'informazione aiutano ad analizzare e correlare questi dati fino a tracciare un profilo dettagliato di ogni cittadino. Siamo nudi.

Qualcuno dirà c'è una quantità di norme - troppe? - che dovrebbero proteggere questi dati da occhi estranei e impedirne la divulgazione. Evidentemente non bastano.
C'è un'autorità indipendente, il Garante per la protezione dei dati personali, che dovrebbe vigilare sui trattamenti, bloccare quelli illeciti o svolti senza le necessarie garanzie, sanzionare i titolari che non rispettano le regole. Ma la sua azione non è incisiva: lo stesso presidente del Garante, il professor Pizzetti, ha candidamente dichiarato martedì scorso a Ballarò che nel dicembre 2005 le ispezioni avevano accertato i rischi e ai gestori telefonici erano stati dati 180 giorni per mettere a posto le cose. Scaduto il termine, è stata concessa una proroga di altri 90 giorni.

Ma come? Dopo otto anni dalla sua entrata in funzione, dopo almeno altrettanti anni di illeciti, solo alla fine del '95 il Garante si accorge che i data base delle compagnie telefoniche sono colabrodi?
E qual è la sua prima iniziativa quando apprende dello scandalo? Un bel comunicato: "Nessuno pubblichi i contenuti dei dossier illegali"! Che accompagna il decreto-legge varato in fretta e furia dal Governo, che impone la distruzione dei dossier e prevede pesantissime sanzioni per chi ne divulgasse i contenuti.

Come giornalisti tutto questo ci riguarda direttamente. E solleva ancora una volta le questioni della libertà di stampa tante volte richiamate per la pubblicazione di atti giudiziari sui quali vige il segreto istruttorio. "Ho una notizia, la pubblico", è la risposta che nella maggior parte dei casi viene data da chi, in forza del diritto-dovere di cronaca, ha concorso a violare un segreto. Molte volte, però, ci dovremmo chiedere se l'esercizio di questo diritto-dovere non danneggi gravemente persone estranee, o che si riveleranno successivamente estranee all'inchiesta in corso.

Dovrebbe essere una decisione indipendente o l'applicazione di un principio deontologico, non un'imposizione di legge, perché ogni norma che incide sulla libertà di stampa colpisce la democrazia.
Le dimensioni dello scandalo Telecom, con la violazione del fondamentale diritto alla riservatezza di migliaia di cittadini, possono giustificare un fermo e assoluto divieto di pubblicazione? Tra i due beni in gioco, quello della libertà di stampa e quello della privacy, quale deve prevalere?

Se al diritto-dovere di informare da parte della stampa corrisponde il diritto del cittadino di essere informato, in un caso di questa gravità, quando l'informazione è frutto di una così pesante serie di atti illeciti, può essere accettabile una compressione di questi diritti. Se da fascicoli illegali, destinati per legge a essere distrutti, nemmeno il pubblico ministero può ricavare notizie di reato,  allora si giustifica la prevalenza del diritto alla reputazione e alla riservatezza dei cittadini, con una del tutto occasionale limitazione della libertà di stampa.
Ma questo non risolve tutti gli altri problemi.

Per intervenire su questo argomento scrivi a

Top - Indice della sezione - Home

© Manlio Cammarata 2009

Informazioni di legge