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                      Come funziona altrove
                       Nel resto d’Europa la professione è governata da
                      logiche prevalentemente associativo-sindacali, anche se
                      non mancano iniziative di regolazione professionale con il
                      concorso di autorità pubbliche. In Austria, Belgio,
                      Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Regno Unito il
                      giornalismo non è considerata una professione. In Belgio,
                      Francia, Norvegia, Portogallo è attività
                      professionalizzata ma l’abilitazione è affidata alle
                      organizzazioni sindacali, in alcuni casi attraverso
                      commissioni miste in cui sono presenti gli editori (Belgio
                      e Francia) o solo i giornalisti (Norvegia, Portogallo). In
                      Austria, il titolo abilitante è rilasciato da una
                      Commissione mista editori-giornalisti con il visto del
                      Ministero degli Interni. Nella stragrande maggioranza di
                      questi Paesi esistono scuole e facoltà di giornalismo, la
                      cui frequenza non è però obbligatoria per svolgere l’attività
                      giornalistica e non equivale al periodo svolto in una
                      redazione per fare la pratica necessaria all’abilitazione
                      (quando è richiesta). Rispetto all’Italia, nel resto d’Europa
                      dunque il giornalismo non è considerato una libera
                      professione alla stregua dell’avvocatura, della
                      medicina, dell’ingegneria. 
                      In Francia l’attività giornalistica è regolamentata
                      da norme di legge, con il rilascio di un documento di
                      identificazione da parte di una commissione statale. Non
                      esiste un Ordine professionale; per esercitare il lavoro
                      di giornalista non viene richiesto un titolo di studio
                      specifico, mentre è necessario aver svolto un periodo di
                      praticantato di almeno due anni. L’art. 762-1 del codice
                      del lavoro francese dà la definizione legale del
                      giornalista. “Giornalista è colui che ha per
                      professione principale, abituale e retribuita, l’esercizio
                      della sua professione in una o più pubblicazioni,
                      quotidiane e periodiche o in una o più agenzie di stampa
                      e da cui ricava la sua entrata principale”. In
                      conclusione l’esercizio della professione giornalistica
                      in Francia è libero. 
                      In Germania non è presente alcuna forma di regolazione
                      della professione da parte dello Stato, né forme di
                      protezione del titolo professionale di giornalista.
                      Chiunque può titolarsi giornalista e può svolgere
                      attività giornalistica professionalmente. Non è
                      richiesto dalla legge alcun titolo di studio né generale
                      né specifico. Le assunzioni dei giornalisti sono lasciate
                      agli editori. Tutti i cittadini stranieri, appartenenti
                      alla Unione europea o meno, purché esplichino attività
                      redazionale per due anni, possono essere riconosciuti
                      giornalisti professionisti ed iscritti al sindacato. I
                      criteri di idoneità per lo svolgimento di un lavoro a
                      carattere giornalistico vengono quindi definiti
                      sostanzialmente dagli editori delle varie testate. 
                      Anche nel Regno Unito e in Irlanda la professione
                      giornalistica non è sottoposta ad un controllo normativo
                      di natura pubblica, mentre esistono associazioni private
                      di categoria. Queste associazioni hanno una identità
                      organizzativa complessiva a metà strada tra il sindacato
                      e il club. Di fatto non è previsto un vincolo di adesione
                      ad un’organizzazione specifica per l’esercizio della
                      professione giornalistica, anche se le varie strutture
                      associative mettono in atto specifiche iniziative di
                      promozione e di tirocinio per i propri i scritti. 
                      In Olanda c’è un sindacato unico che raccoglie al
                      proprio interno sia giornalisti dipendenti che free lance,
                      figure tra le quali non sussistono distinzioni particolari
                      in termini di tutela dell’attività. Non esiste un
                      Ordine professionale né una normativa di regolazione dell’attività
                      o del titolo. Esistono accademie di giornalismo, la cui
                      formazione non ha comunque un valore certificatorio in
                      termini professionali. 
                      In Belgio e in Lussemburgo per diventare giornalisti
                      non serve un titolo di studio specifico, solo un
                      praticantato di due anni in una redazione. L’attribuzione
                      del titolo di giornalista dopo questo periodo viene svolta
                      da una Commissione statale. Non esiste un Ordine dei
                      giornalisti. 
                      In Danimarca i giornalisti sono rappresentati da un’organizzazione
                      privata, la Federazione della stampa, che provvede alla
                      tenuta dell’albo. Per diventare giornalisti in Danimarca
                      serve una laurea specifica (4 anni) e poi il superamento
                      di un esame universitario. 
                      In Spagna esiste un organismo privato cui sono iscritti
                      la maggior parte dei giornalisti ed è la Federazione de
                      la “Prensa”. Per essere iscritti alla Federazione
                      occorre la laurea in giornalismo. La durata del corso di
                      laurea è di cinque anni; ottenuto il titolo l’iscrizione
                      è consequenziale. Qualora si abbia altra laurea che non
                      sia quella di giornalismo, per essere iscritti occorrono
                      due anni di pratica. Non vi sono esami per l’iscrizione
                      né dopo la laurea, né dopo due anni di pratica. L’Ordine
                      dei giornalisti è stato però recentemente istituito con
                      legge in Catalogna ed è in corso di istituzione nella
                      regione Basca, Navarra, Andalusia, Galizia e Canarie
                      (tutte regioni a statuto autonomo). Ma il quadro
                      complessivo in cui si inseriscono queste forme nascenti di
                      regolamentazione pubblica è quello di una professione
                      esercitata ampiamente secondo modalità svincolate da
                      meccanismi di controllo normativo esplicito. 
                      Il Portogallo è il Paese che si avvicina più all’Italia
                      rispetto all’ordinamento dell’attività giornalistica.
                      Anche in Portogallo la nascita dell’Ordine risale al
                      sistema corporativo instaurato da un regime antiliberale.
                      La corporazione Stampa-Arti Grafiche e Tipografi, cioè
                      dei giornalisti, nasce con il dittatore Antonio Salazar e
                      l’inquadramento statale-corporativo di tutte le
                      categorie. Fino al 1974, epilogo della dittatura
                      portoghese, la corporazione faceva parte del Ministero
                      delle Corporazioni. Era obbligatorio essere iscritti alla
                      Corporazione per esercitare la professione. Nel 1974 fu
                      abolito il sistema corporativo. Nel 1979 fu regolato con
                      legge lo statuto professionale dei giornalisti. È
                      possibile esprimere liberamente il proprio pensiero
                      attraverso la stampa, ma non esercitare l’attività
                      giornalistica in forma professionale. 
                      Conclusione 
                      In sostanza si vede chiaramente che nel resto d’Europa
                      (degli Stati Uniti non ne parliamo neppure) l’attività
                      giornalistica è concepita secondo logiche di mercato,
                      associativo-sindacali e organizzative proprie delle
                      aziende editoriali in cui viene svolto il lavoro vero e
                      proprio. Da una parte gli editori dall’altra i
                      giornalisti (tutelati da uno o più sindacati). Lo Stato
                      interviene in rari casi, partecipando alle commissioni che
                      abilitano i giornalisti alla professione. In altri casi,
                      come in Gran Bretagna o in Germania, lo Stato non c’entra
                      affatto. 
                      Potrebbero avere ragione gli “abolizionisti” se l’Ordine,
                      come pare, non riuscirà ad adeguarsi alle moderne forme
                      di associazionismo presenti nei paesi più evoluti d’Europa.
                      D’altra parte non si vede come possa sussistere un
                      Ordine che è in aperto contrasto con gli indirizzi
                      prevalenti in Europa circa la modalità della professione
                      giornalistica. Né va dimenticato che l’opinione
                      pubblica ha scarsa fiducia nella categoria dei
                      giornalisti, che l’Ordine, recepito come un organismo
                      che tutela i loro interessi corporativi, è un elemento
                      che aumenta la diffidenza. 
                      La proposta dell’Istituto Bruno Leoni è che l’Italia
                      segua il modello più avanzato europeo e apra l’esercizio
                      della professione a tutti coloro che la esercitano di
                      fatto. Il lungo dibattito sulla riforma dell’Ordine,
                      dibattito che non è arrivato a nulla, dimostra l’impossibilità
                      di riformarlo. O forse nasconde proprio la volontà di non
                      volerne fare un’altra cosa, per mantenere posizioni di
                      rendita e di potere di pochi. E questa, di per sé,
                      sarebbe già una buona ragione per lasciarselo alle
                      spalle. 
                      Paolo Bracalini, giornalista, lavora nella redazione
                      de Il Giornale. Ha collaborato con L’Indipendente,
                      Ideazione, Tempi, Mediaset e Sky 
                      
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