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Professione giornalista

In Europa il giornalismo non è una libera professione

di Rodolfo Falvo
Vice-direttore della Federazione nazionale stampa italiana - FNSI
03.01.02
Vedi anche Professione giornalistica e università di F. Abruzzo e Cambiare le regole non significa abolirle di M. Cammarata

Mi consentirete di introdurre una breve nota nell’interessante dibattito fra l’amico e collega Manlio Cammarata, direttore di InterLex, e l’amico e collega Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine della Lombardia.

Vediamo in breve il quadro. In Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Regno Unito, Svezia, il giornalismo non è attività professionalizzata. In Austria, in particolare, il titolo abilitante è rilasciato da una Commissione mista editori-giornalisti con il visto del Ministero degli Interni.
In Belgio, Francia, Norvegia, Portogallo è attività professionalizzata ma il rilascio dei relativi documenti, o tessere, è affidato alle organizzazioni sindacali, in alcuni casi attraverso commissioni miste in cui sono presenti gli editori (Belgio e Francia) o solo i giornalisti (Norvegia, Portogallo).
Nella stragrande maggioranza di questi Paesi esistono scuole superiori e facoltà di giornalismo, la cui frequenza non è però obbligatoria per svolgere l’attività giornalistica.

Nel resto d’Europa, dunque, il giornalismo non è considerato una libera professione alla stregua dell’avvocatura, della medicina, dell’ingegneria. Potrà non piacere ed essere del tutto in contrasto con i motivi che condussero alle legge del 1963, ma le cose stanno così. E l’Ordine così come è concepito dalla legge costituisce una barriera oggettiva al lavoro degli altri cittadini dell’Unione in Italia.

Al contrario, per sette attività considerate come professioni (medici generici e specialisti, infermieri, dentisti, ostetriche, veterinari, farmacisti e architetti) è ormai operante un meccanismo di riconoscimento automatico dei diplomi e delle qualifiche. Esso è accompagnato, salvo che per gli architetti, da un coordinamento minimo delle formazioni per cui chi esercita una di queste professioni può beneficiare di un riconoscimento automatico negli altri paesi dell'Unione Europea. Se la professione che si intende svolgere non è regolamentata nello Stato di accoglienza non è necessario alcun riconoscimento del diploma. Non possono quindi essere frapposti ostacoli giuridici alla formazione o alle qualifiche.

E’ certo dunque che sarà il modello straprevalente in Europa, e non solo in Europa, a determinare i futuri assetti del lavoro giornalistico, dal momento che è impensabile che la "anomalia" italiana, rappresentata dall’Ordine, possa resistere al proseguimento auspicabile processo di unificazione.

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