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Professione giornalista

Riflessioni sulla dentologia in un libro di vent'anni fa

Giornalista, chi ti ha fatto re?

di Claude Almansi
2 luglio 2009
Mio padre Bernard Béguin aveva pubblicato nel 1988 "Journaliste, qui t'a fait roi? - Les médias entre droit et liberté" (Giornalista, chi ti ha fatto re? I media tra legge e libertà), in occasione di un corso sulla deontologia del giornalismo che aveva tenuto all'università di Neuchâtel.

Il libro era fuori catalogo da anni ma veniva ancora citato ogni tanto da qualche studioso. Lui ne aveva soltanto una copia, però siccome ho uno scanner e un programma di riconoscimento ottico di caratteri (OCR) decente, gliene ho fatto una versione PDF testuale.

Mio padre ha 86 anni e l'idea di leggere un libro su schermo gli sembra perlomeno peregrina per non dire delirante. Però ha trovato il PDF comodo per la ricerca per termini. Quindi - con l'autorizzazione dell'editore Edipresse, che comunque non fa più libri - l'ha messo sull'Internet Archive in questa pagina  (questo il link diretto al PDF).

Incoraggiare gli autori, persino attempati e poco "geek", colpiti dal "Google Books Settement" a fare la stessa cosa?

La breve nota della professoressa Almansi ci fa scoprire un testo di singolare interesse, perché tratta da un punto di vista non comune il delicato tema della deontologia del giornalista. Scritto più di vent'anni fa, il libro è ancora attuale, nell'era dei cosiddetti nuovi media e del presunto citizen journalist. Che non è giornalista, ma testimone di fatti (vedi La sfida dell'internet dall'Iran a Viareggio). La differenza è chiara solo a scorrere il sommario del libro di Bernard Béguin (basta masticare un minimo di francese) e si riassume in un passaggio della conclusione. Dove Béguin dice del giornalista: 

"Sa liberté n'est pas un privilège personnel, c'est une chose due à son public. Le lecteur doit savoir que celui qu'il l'informe, ou qui commente pour lui les événements, a librement choisi les faits et les arguments qu'il expose. Librement, c'est-à dire sans asservissement à des pouvoirs publics ou privés. Mais non pas sans responsabilité, ni sans référence aux règles communes de l'éthique professionnelle. Cela s'applique d'abord au journalisme d'information. Mais cela n'exclut pas le journalisme engagé; engagé, mais professionnellement honnête, acceptant donc, s'agissant de l'éthique, «le jugement de ses pairs» et, s'agissant du droit, le jugement des tribunaux. Une société démocratique admet, encourage et assure l'existence d'un pluralisme permettant au public - supposé adulte, «majeur et vacciné» - de former lui-même sa propre opinion à travers la diversité des avis exprimés. Si vous n'y croyez pas, si vous pensez que le public est un débile mental collectif qu'il convient de tenir sous tutelle et de nourrir de la seule bonne parole qui a emporté votre conviction, alors nous avons perdu notre temps ensemble".

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