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Giurisprudenza

Corte costituzionale - Ordinanza n. 13 del 9 gennaio 1989

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Dott. Francesco SAJA,

Giudici

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 19.88 dal Pretore di Sannicandro Garganico nel procedimento penale a carico di Malizia Nazario ed altri, iscritta al n. 330 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 novembre 1988 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto che con l'ordinanza indicata in epigrafe il Pretore di Sannicandro Garganico ha sollevato, in riferimento all'art . 3 Cost., una questione di legittimità costituzionale dell'art. 195, primo comma, n. 2 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (T.U. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nel testo sostituito con l'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103, nella parte in cui assoggetta a concessione ed a sanzione penale in mancanza di essa, l'esercizio degli apparecchi radioelettrici ricetrasmittenti di debole potenza di cui all'art. 334 dello stesso T.U., con ciò dettando un regime più sfavorevole rispetto a quello vigente, a seguito della sentenza n. 202 del 1976, per gli impianti radiotelevisivi di portata non eccedente l'ambito locale, nonostante che questi offendano in maggior misura il principio del monopolio statale dei mezzi di telecomunicazione di cui all'art. 1 stesso d.P.R.;

che il giudice a quo, pur consapevole che tale questione é stata ritenuta non fondata con la sentenza n. 237 del 1984, sostiene che sarebbe nel frattempo mutato il presupposto dell'anomalia e transitorietà della disciplina degli impianti radiotelevisivi su cui tale decisione essenzialmente si basava per desumere l'inidoneità di questa a fungere da metro di legittimità della regola generale sulla necessita di concessione o autorizzazione per l'installazione e l'esercizio degli impianti di telecomunicazione: e ciò sia perchè la giurisprudenza ha ritenuto non punibile l'esercizio di tali impianti pur in mancanza di autorizzazione; sia perchè il legislatore, col d.l. 6 dicembre 1984, n. 807, convertito in legge 4 febbraio 1985, n. 10, ha autorizzato ope legis l'esercizio di tali impianti -anche se eccedenti l'ambito locale-e, non provvedendo all'emanazione della prevista legge generale sul sistema radiotelevisivo, ha indotto l'interprete a ritenere che la legittimazione così concessa abbia assunto carattere definitivo;

che, conseguentemente, il regime di libertà in assenza di autorizzazione o concessione, per il fatto di investire la parte quantitativamente e qualitativamente più rilevante degli impianti radioelettrici di telecomunicazione, dovrebbe essere ormai considerato la regola, e quindi dovrebbe essere ritenuto irragionevolmente discriminatorio quello vigente per gli apparecchi di debole potenza;

che il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto che la questione sia dichiarata manifestamente infondata, alla stregua della sentenza n. 237 del 1984;

Considerato che la questione in esame é stata dichiarata manifestamente infondata-alla stregua della sentenza dianzi citata - con numerose ordinanze (nn. 23, 77, 294 del 1985; 91 del 1986; 35 e 166 del 1987; 282 e 1025 del 1988) e, da ultimo, con la sentenza n. 1030 del 1988;

che con quest'ultima decisione la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma impugnata nella parte in cui comprende gli apparecchi contemplati dall'art. 334 d.P.R. cit. tra gli impianti radioelettrici soggetti a concessione, anzichè tra quelli sottoposti ad autorizzazione;

che, quanto al preteso carattere definitivo della disciplina concernente gli impianti radiotelevisivi contenuta nella citata legge n. 10 del 1985, questa Corte, con la recente sentenza n. 826 del 1988, ha ritenuto che essa possa <trovare una base giustificativa> <nella sua provvisorietà>: e ciò, pur avvertendo che, se la nuova legge sul sistema radiotelevisivo ivi preannunciata <dovesse tardare oltre ogni ragionevole limite temporale, la disciplina impugnata - tenuto conto che e in vigore già da oltre tre anni-non potrebbe più considerarsi provvisoria e assumerebbe di fatto carattere definitivo: sicchè questa Corte, nuovamente investita della medesima questione, non potrebbe non effettuare una diversa valutazione con le relative conseguenze>;

che conseguentemente, non potendo dirsi ancora mutato il presupposto da cui muoveva la citata decisione n. 237 del 1984, la questione in esame va dichiarata manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 195, primo comma, n. 2 del d.P.R. 29 marzo 1975, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nel testo sostituito con l'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., dal Pretore di Sannicandro Garganico con ordinanza in data 5 febbraio 1988 (r.o. 330/88).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/01/89.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ugo SPAGNOLI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 18/01/89.

10.08.08

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