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Giurisprudenza

Corte costituzionale - Sentenza n. 105 del 9 giugno 1972

SENTENZA N. 105

ANNO 1972

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 13, 14, 22, 23, 24, 25, 26 e 28, secondo e terzo comma, della legge 22 febbraio 1934, n. 370 (riposo domenicale e settimanale), e successive modifiche, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 30 novembre 1970 dal pretore di Trieste nel procedimento penale a carico di Pasini Umberto, iscritta al n. 394 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.42 del 17 febbraio 1971;

2) ordinanza emessa il 31 dicembre 1970 dal pretore di Bari nel procedimento penale a carico di Azzarita Leonardo, iscritta al n. 70 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 21 aprile 1971;

3) ordinanza emessa il 18 marzo 1971 dal pretore di Bologna nel procedimento penale a carico di Pelloni Carlo, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 16 giugno 1971;

4) ordinanza emessa il 5 aprile 1971 dal pretore di Napoli nel procedimento penale a carico di Bevilacqua Vincenzo ed altri, iscritta al n. 214 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 7 luglio 1971;

5) ordinanza emessa il 6 agosto 1971 dal pretore di Milano nel procedimento penale a carico di Galli Nevio ed altri, iscritta al n. 417 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 323 del 22 dicembre 1971;

6) ordinanza emessa il 30 settembre 1971 dal pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Masseroni Carlo ed altro, iscritta al n. 462 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 del 26 gennaio 1972.

Visti gli atti di costituzione di Pasini Umberto e di Galli Nevio;

udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1972 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;

uditi l'avv. Carlo Amigoni, per il Pasini, e gli avvocati Antonio Sorrentino e Giovanni Bovio, per il Galli.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 30 novembre 1970 nel corso di un procedimento penale a carico di Pasini Umberto, il pretore di Trieste ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 21, primo e secondo comma, 3 e 41 della Costituzione, degli artt. 13 e 14 della legge 22 febbraio 1934, n. 370, e successive modifiche per la parte in cui dette norme impongono che il riposo settimanale di 24 ore consecutive per gli addetti alle aziende editrici e stampatrici di giornali ed alle aziende per la diffusione al pubblico con qualsiasi mezzo di notizie deve decorrere dalla mattina della domenica alle ore quattro del lunedì, nonché degli artt. 22, 23, 24, 25 e 26 della stessa legge ed inoltre del successivo art. 28, ma limitatamente al suo secondo e terzo comma e con riferimento al solo art. 21, terzo comma, della Costituzione.

La rilevanza della questione proposta deriva, secondo il giudice a quo, dalla imputazione mossa al prevenuto di non aver accordato il riposo settimanale ai lavoratori dipendenti nel periodo prescritto dalla legge innanzi indicata, mentre sarebbe non influente ai fini del decidere l'accertamento della circostanza se il riposo stesso fosse stato, in ottemperanza all'art. 36 , comma terzo, della Costituzione, concesso in un giorno diverso.

Ciò premesso, l'ordinanza assume, sotto il profilo della non manifesta infondatezza, che le prime due tra le norme impugnate, sotto l'apparenza di disciplinare il diritto del lavoratore al riposo settimanale, mirerebbero in sostanza ad impedire la pubblicazione di giornali e quotidiani nel periodo in esse considerato, come risulterebbe confermato dalle successive disposizioni più chiaramente e incondizionatamente contrarie alla pubblicazione nello stesso periodo di notizie a carattere politico e dalle stesse sanzioni previste per l'inosservanza di quei divieti e consistenti, fuori dei casi costituzionalmente ammissibili, nelle misure del sequestro e, in caso di recidiva, della sospensione delle pubblicazioni. Ulteriori vizi di legittimità costituzionale sono poi ravvisati in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione per la possibilità di turno nel riposo settimanale conferita a talune imprese che implicherebbe una disparità di trattamento per le aziende giornalistiche e di stampa, nonché ed al tempo stesso per l'esistenza di una non giustificabile interferenza nella sfera del loro sistema organizzativo e produttivo.

2. - Si sono costituite nel presente giudizio la società Editrice Triestina s.p.a. e la S.T.T. Stabilimento Tipografico Triestino s.r.l. con deduzioni depositate il 10 febbraio 1971, nelle quali ampliano e ribadiscono gli argomenti a sostegno della incostituzionalità della normativa in esame, già esposti nell'ordinanza pretorile. La difesa delle predette società ha, poi, chiarito in udienza di essersi costituita in rappresentanza dell'Amministratore delegato sig. Pasini Umberto, pur non risultando tale circostanza con tutta chiarezza dal tenore testuale dell'atto.

3. - Analoghe questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate con ordinanza emessa il 31 dicembre 1970 nel corso di un procedimento penale a carico di Azzarita Leonardo dal pretore di Bari, che fa riferimento peraltro anche al principio costituzionale di garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo (art. 2 Cost.); con ordinanza emessa il 18 marzo 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di Pelloni Carlo dal pretore di Bologna, senza riferimento tuttavia all'art. 41 della Costituzione; e con ordinanza emessa il 5 aprile 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di Bevilacqua Vincenzo ed altri dal pretore di Napoli, limitatamente agli artt. 13, 14 e 28 della legge impugnata e con riferimento ai soli artt. 3 e 21 della Costituzione.

4. - Questioni interamente analoghe a quelle sollevate dal pretore di Trieste vengono proposte anche dal pretore di Milano con ordinanza emessa il 6 agosto 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di Galli Nevio ed altri. Ed il Galli si é costituito innanzi a questa Corte con deduzioni depositate il 6 dicembre 1971, svolgendo argomenti a sostegno della illegittimità della normativa impugnata.

5. - Infine il pretore di Torino, con ordinanza emessa il 30 settembre 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di Masseroni Carlo e Jorio Lorenzo, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, sempre in riferimento agli artt. 3, 21, primo comma, e 41 della Costituzione, della stessa legge n. 370 del 22 febbraio 1934, ma limitatamente alla parte in cui essa dispone (artt. 13 e 14 in relazione all'art. 5, n. 4, ed al d.m. 22 giugno 1935, tabella III, voce 11) che il riposo settimanale di 24 ore consecutive per il personale addetto alle aziende editrici ed alla stampa dei giornali deve decorrere dal mattino della domenica alle ore 4 del lunedì ed alla parte in cui prevede - ancora per il personale addetto alle aziende editrici - una disparità di trattamento rispetto ai redattori sportivi e teatrali, al personale delle aziende Ansa e Italia (già Stefani), delle imprese di trasmissioni radiofoniche ed a quello addetto alla trasmissione di notizie ai sensi dell'art. 26, comma secondo. La medesima ordinanza propone poi anche essa, rispetto all'art. 21, comma terzo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 28 della normativa impugnata nella parte in cui impone il sequestro del giornale.

6. - Alla pubblica udienza le parti costituite hanno insistito nelle conclusioni già formulate.

Considerato in diritto

1. - Le sei ordinanze sollevano questioni strettamente analoghe: i relativi giudizi vengono perciò riuniti e decisi congiuntamente con unica sentenza.

2. - Le disposizioni di cui sorge questione, in riferimento agli artt. 21, primo, secondo e terzo comma, 3 e 41 della Costituzione (cui si aggiunge, nell'ordinanza del pretore di Bari, l'art. 2) sono contenute nella legge del 22 febbraio 1934, n. 370, sul riposo settimanale e domenicale.

Di esse, quelle degli artt. 13 e 14, denunciate da tutte le ordinanze, hanno per oggetto immediato il riposo di 24 ore settimanali, spettante al personale addetto alle aziende editrici di giornali ed altre agenzie di diffusione al pubblico, con ogni mezzo, di notizie (art. 13, commi primo e secondo) nonché al personale addetto alla stampa dei giornali (art. 14, comma primo). Ed in proposito, stabiliscono tassativamente che detto riposo settimanale debba decorrere dalla mattina della domenica alle ore quattro del lunedì. Viene fatta eccezione, consentendosi il turno, per i redattori sportivi e teatrali, per il personale della "Agenzia Stefani" (oggi non più esistente) e delle imprese di trasmissioni radiofoniche, nonché per quello addetto alla trasmissione di notizie telegrafiche e telefoniche previsto dal successivo art. 26, comma secondo. Il riposo per turno é anche ammesso (dall'art. 13, comma terzo) limitatamente al "personale di redazione" dei giornali quotidiani, che, "per esigenze straordinarie, abbia prestato la sua opera fra la mattina della domenica e le ore quattro del lunedì", ove sia consentito dal contratto collettivo di lavoro e contro corresponsione dell'aumento percentuale di retribuzione da quest'ultimo prescritto.

Delle anzidette disposizioni viene denunciato in particolare il contrasto con gli artt. 21 e 41 Cost., per le ingiustificate limitazioni che ne derivano alla libertà di manifestazione del pensiero attraverso la stampa periodica e alla libertà della iniziativa economica privata, e con l'art. 3 Cost., per l'arbitraria discriminazione - entro l'ambito delle imprese giornalistiche e similari - nei confronti con la (sola) "Agenzia Stefani" e con l'ente radiotelevisivo, nonché - entro un ambito più largo - tra le imprese giornalistiche e similari, e le altre, per le quali l'art. 5 della legge prevede invece che il riposo settimanale possa cadere in giorno diverso dalla domenica ed essere attuato mediante turni al personale.

Altre disposizioni della medesima legge, denunciate nelle ordinanze dei pretori di Trieste, Bari, Bologna e Milano, e precisamente quelle degli artt. da 22 a 26, sono raggruppate nel testo legislativo sotto la rubrica "Edizione e vendita dei giornali ed attività analoghe" ed hanno per oggetto diretto ed immediato la diffusione al pubblico della stampa periodica e delle pubblicazioni delle agenzie di notizie, fatta sempre eccezione per l'"Agenzia Stefani" e le imprese radiofoniche.

Viene così stabilito che i quotidiani posti in vendita prima del mezzogiorno debbano omettere l'edizione del lunedì, riprendendo le pubblicazioni il martedì mattina, mentre i quotidiani pomeridiani debbano omettere l'edizione della domenica, riprendendo le pubblicazioni al mezzogiorno o dopo il mezzogiorno del lunedì. Un particolare regime é invece consentito per i quotidiani sportivi, cui é peraltro proibito pubblicare notizie e commenti "che non siano di natura strettamente sportiva" (art. 22, ultimo comma).

É inoltre espressamente vietato dare edizioni straordinarie e ordinarie settimanali di giornali quotidiani, "sia pure con titolo diverso", nel periodo durante il quale, come testé accennato, devono restare sospese le edizioni ordinarie (art. 24); un ulteriore divieto di pubblicazione dalle 13 della domenica alle 12 del lunedì concerne i giornali "anche non quotidiani, sia in edizione ordinaria che in edizione straordinaria o sotto forma di bollettini o supplemento, allo scopo di diffondere notizie di avvenimenti improvvisi" (art. 25). Tali divieti risultano indirettamente rafforzati da quello imposto alle tipografie (anche diverse da quelle inserite nelle aziende giornalistiche e similari, in ordine alle quali vale il riposo domenicale obbligatorio del personale a norma del sopra ricordato art. 14) di iniziare il lavoro "per i giornali di qualunque natura dopo terminato il lavoro della domenica e fino alle ore quattro del lunedì".

L'intera disciplina fin qui riassunta viene infine estesa dall'art. 26, primo comma, alle pubblicazioni delle agenzie a stampa ed in genere "a qualunque altro mezzo di edizione e di diffusione di notizie" (eccettuata, al solito, la "Agenzia Stefani" e le imprese radiofoniche). Ché anzi l'ultimo comma dello stesso art. 26 permette, bensì, alle agenzie telegrafiche e telefoniche di diffondere dalle ore 5 della domenica alle ore 5 del lunedì "non più di un comunicato relativo ad atti di governo o ad avvenimenti di notevole importanza", purché tale diffusione non rivesta carattere di vendita al pubblico o forme analoghe.

Anche della disciplina dettata dagli artt. 22 a 26 della legge, quale la si é qui sopra riassunta, é posta in dubbio dalle ordinanze poc'anzi richiamate la legittimità costituzionale, alla stregua degli artt. 21, 41 e 3 Cost. (con riguardo, per quanto concerne quest'ultima norma costituzionale, alla diversità di trattamento, nell'ambito delle imprese giornalistiche e similari, rispetto alla "Agenzia Stefani" e all'ente radiotelevisivo).

Tutte le ordinanze denunciano infine l'art. 28, commi secondo e terzo, che, per le contravvenzioni alle riferite disposizioni della legge, comminano la misura del sequestro del giornale (o del "qualunque altro mezzo adottato per la diffusione"), autorizzando altresì il magistrato a disporre la sospensione del giornale "per un periodo di tempo determinato". Per questa parte, si deduce il contrasto con il terzo comma dell'art. 21 Cost., che ammette il sequestro della stampa solo per atto motivato della autorità giudiziaria (e comunque, nei casi di urgenza, salvo convalida ad opera della stessa), nel caso di delitti previsti dalla legge sulla stampa o per violazione delle norme da questa prescritte per l'indicazione dei responsabili delle pubblicazioni.

3. - A giudizio della Corte, le disposizioni fin qui ricordate sono tra loro interdipendenti, formando nel loro insieme un sistema unitario che conduce - obiettivamente - al risultato di impedire, dalle ore 13 della domenica alle 12 del lunedì, la libera diffusione e circolazione delle notizie e delle opinioni, sia a mezzo della stampa periodica, sia attraverso altri mezzi equipollenti, eccezion fatta per il mezzo radiofonico (oggi, radiotelevisivo).

Tuttavia, poiché alcune tra esse, e specificamente gli articoli 13 e 14, appaiono rivolte al fine primario di garantire che il riposo settimanale dei dipendenti dalle agenzie giornalistiche e similari abbia sempre e necessariamente luogo la domenica, deve essere qui preliminarmente rilevato che una siffatta rigida disciplina non potrebbe, oggi, ritenersi imposta dal principio costituzionale che tutela il diritto (irrinunciabile) dei lavoratori al riposo settimanale (oltre che alle ferie annuali). Nessun accenno alla domenica o ad altro giorno determinato si rinviene, infatti, nel terzo comma dell'art. 36, che - come questa Corte ha già avuto occasione di affermare nelle sentenze n. 150 del 1967 e n. 146 del 1971 - si limita ad enunciare il principio del riposo settimanale, senza regolarne l'esercizio e senza prescrivere, per tutte le possibili ipotesi, una rigorosa periodicità.

Sgombrato così il campo dell'indagine da insussistenti esigenze di rispetto dell'art. 36, la cui attuazione bene può assumere, invece, forme più elastiche e comunque differenziate secondo la varia natura propria di ciascuna attività, deve riconoscersi che il particolare regime dettato per la stampa periodica, per le agenzie di notizie ed altrettanti mezzi di diffusione del pensiero contrasta con l'art. 21 Cost., che solennemente proclama uno tra i principi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, garantendo a "tutti" il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero "con ogni mezzo di diffusione" e dettando per di più ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole.

Naturalmente, che "tutti" abbiano diritto di manifestare il proprio pensiero "con ogni mezzo", non può significare che tutti debbano avere, in fatto, la materiale disponibilità di tutti i possibili mezzi di diffusione, ma vuol dire, più realisticamente, che a tutti la legge deve garantire la giuridica possibilità di usarne o di accedervi, con le modalità ed entro i limiti resi eventualmente necessari dalle peculiari caratteristiche dei singoli mezzi o dalla esigenza di assicurare l'armonica coesistenza del pari diritto di ciascuno o dalla tutela di altri interessi costituzionalmente apprezzabili, giusta i criteri di cui questa Corte ha fatto applicazione in varie occasioni (sentenze n. 59 del 1960, n. 48 del 1964, n. 11 del 1968).

4. - Ora, come risulta dalla analitica esposizione che se n'é fatta qui sopra al punto 2, le disposizioni della legge del 1934, di cui é questione, contengono una disciplina ispirata a criteri del tutto opposti rispetto a quelli innanzi precisati. Per un verso, e con particolare riguardo alla stampa periodica determinano, infatti, un rigoroso sistema di limiti temporali alla diffusione, manifestamente eccedenti rispetto al fine di realizzare il riposo settimanale dei lavoratori addetti al settore ed in nessun modo giustificati da esigenze di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti. Per altro verso, spingendosi oltre l'ambito della stampa periodica, giungono sino a inibire (articolo 26, primo comma) l'uso di una serie indefinita di altri mezzi di diffusione al pubblico (quali potrebbero essere, ad esempio, notiziari parlati, filmati, ecc.) nel corso di un periodo di tempo press'a poco coincidente con quello durante il quale é sospesa la pubblicazione dei giornali.

Ne risulta perciò, dal lato attivo, indebitamente compressa la libertà di manifestazione (libertà di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti); e ne risulta altresì menomato - dal punto di vista, invece, dei destinatari della manifestazione - l'interesse generale, anch'esso indirettamente protetto dall'articolo 21, alla informazione; il quale, in un regime di libera democrazia, implica pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee.

5. - L'accennato contrasto delle disposizioni denunciate con l'art. 21 Cost. ne comporta la declaratoria di illegittimità costituzionale, restando assorbiti gli altri profili dedotti nelle ordinanze. Fa eccezione il secondo comma dell'art. 14, che si limita a stabilire le regole del riposo settimanale per turno nei confronti del personale addetto alla vendita dei giornali, in ordine al quale la questione di legittimità costituzionale deve dichiararsi non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 13, 14, primo comma, 22, 23, 24, 25, 26 e 28 della legge 22 febbraio 1934, n. 370, sul "Riposo domenicale e settimanale";

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, secondo comma, della stessa legge, proposta con le ordinanze di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 21, 2, 3 e 41 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Vezio CRISAFULLI

Depositata in cancelleria il 15 giugno 1972.

 26.11.08

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