Manlio Cammarata repoprter Manlio Cammarata reporter - Archivio 2006-2013
Home Curriculum Blog Mappa del sito E-mail Storico

Documenti

Disegno di legge S932
Modifiche ai codici penale e di procedura penale in materia di intercettazione di conversazioni e comunicazioni e di pubblicità degli atti di indagine

10.05.11

d’iniziativa dei senatori CASSON, FINOCCHIARO, ADAMO, CAROFIGLIO,
CECCANTI, CHIURAZZI, D’AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI,
INCOSTANTE, MARITATI e DE SENA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 LUGLIO 2008

Onorevoli Senatori. – La cronaca non solo delle ultime settimane, ma degli ultimi anni, ha ripetutamente portato anche alla nostra attenzione il tema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche. Le polemiche scatenate dalla pubblicazione sui giornali di stralci o addirittura di interi verbali relativi a conversazioni captate dalla magistratura nell’ambito di indagini penali alle volte sono state roventi e hanno coinvolto gli stessi vertici istituzionali italiani. Ciò è successo particolarmente nei casi in cui si è avuta l’impressione di una strumentalizzazione del mezzo investigativo in questione, ad opera di determinate parti politiche o di alcuni organi di informazione o persino degli stessi organi inquirenti. Si è spesso gridato allo scandalo, alla grave violazione di diritti fondamentali della persona, all’abuso da parte della magistratura. Non sempre si è esattamente percepita la reale situazione giuridica e di fatto, come ben di rado si è compresa e individuata (o si è voluta comprendere e individuare) l’origine di una determinata «fuga di notizie» con conseguente pubblicazione da parte degli organi di informazione. E non sempre le presunte fughe di notizie erano davvero tali, in quanto i giornali si limitavano a pubblicare notizie fornite magari dai difensori degli indagati una volta venuto meno il segreto di indagine ai sensi dell’articolo 329 del codice di procedura penale. Va detto peraltro che la formulazione delle varie norme in materia, tra un codice penale retaggio d’altri tempi ed un codice di rito impreciso e ondivago, non ha orientato adeguatamente né gli interpreti né gli operatori del diritto.

    Nel corso degli anni abbiamo assistito a diversificate fattispecie di abusi (con diversi gradi di gravità) in tema di intercettazioni: da quelli (del tutto fuori legge) che hanno condotto nel 2006 alla emanazione del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n. 281, a quelli attribuiti ad appartenenti a servizi di sicurezza, da quelli riferiti a uffici della polizia giudiziaria e del personale giudiziario o alla stessa magistratura a quelli compiuti dagli stessi difensori a tutela dei propri assistiti.
    Nel contrasto di norme, di comportamenti, ma soprattutto di rilevanti interessi in campo, è proliferato quasi un gioco al massacro, inaccettabile, che rischia di confondere gravemente le acque e di inquinare pesantemente ruoli e funzioni istituzionali.
    È fuor di dubbio, infatti, che in questa materia i profili ed i beni giuridici di rilievo costituzionale siano almeno quattro: l’azione necessaria e indipendente della magistratura; la tutela della dignità e della riservatezza di ogni persona; il diritto alla difesa; il diritto-dovere ad informare e ad essere informati. Il problema è quello di trovare un giusto equilibrio tra tutti questi interessi in gioco.
    Parimenti non c’è dubbio che sia necessario intervenire con una serie di norme, con una nuova disciplina, al fine di correggere le storture normative e comportamentali da tutti rilevate.
    Fondamentale innanzitutto è il richiamo prioritario all’articolo 15 della nostra Carta costituzionale, che prevede una doppia riserva (di legge e giurisdizionale) per ogni limitazione della libertà e della segretezza delle comunicazioni, altrimenti definite inviolabili. È questa una garanzia pressoché unica nell’intero panorama giuridico mondiale (ove il ricorso ad intercettazioni non giudiziali, effettuate cioè da autorità amministrative o di polizia o addirittura dai servizi segreti, è assolutamente prevalente, con i conseguenti rischi di maggiori e incontrollabili abusi e costi). Garanzia che fa del nostro Paese un Paese istituzionalmente all’avanguardia nella tutela dei diritti delle persone, peraltro in ossequio a norme internazionali come gli articoli 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848, e come gli articoli 1, 7 e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
    Già nella XV legislatura, in sede di indagine conoscitiva, la commissione Giustizia del Senato aveva concluso i propri lavori con una relazione approvata all’unanimità che confermava espressamente tali circostanze e rilievi. E confermava soprattutto che quello delle intercettazioni (nelle sue variegate forme e fattispecie) continua ad essere uno strumento più che necessario, essenziale, nel contrasto ai maggiori fenomeni criminali e ai principali delitti.
    D’altra parte, quello delle intercettazioni è uno dei tipici mezzi di ricerca della prova (non mezzo di prova), al pari delle perquisizioni, dei sequestri e delle ispezioni e come esplicitamente recita il codice di rito, che inserisce tale strumento nel capo IV del titolo del libro III della parte I (quello delle «prove»).
    Tali riflessioni ci portano a dire che, nonostante l’uso arbitrario o strumentale che alle volte è stato fatto e che è stato ripetutamente denunciato, va garantito da parte del legislatore il ricorso a tale mezzo d’indagine, nei limiti di ammissibilità riconosciuti e fissati dalla normativa in vigore (articolo 266 del codice di procedura penale), soprattutto perché i lamentati abusi non hanno mai avuto a che fare con la questione della ammissibilità delle intercettazioni, bensì con le norme attinenti alla loro esecuzione, alla custodia degli atti e alla tutela della riservatezza. Anche di ciò si trova ampia conferma e ragionevole conforto nella citata indagine conoscitiva della commissione Giustizia del Senato:

    «si ritiene indispensabile l’urgente esame da parte dei competenti organismi parlamentari dei vari disegni di legge già presentati in materia di intercettazioni, con particolare riferimento alla fase più delicata e “sensibile“, che è quella del momento del deposito dei verbali e degli atti delle intercettazioni... imporre, in maniera chiara e precisa, che al momento del deposito il magistrato effettui una scelta processuale tra le intercettazioni da utilizzare e quelle che utili processualmente non ritiene, con la conseguente eliminazione di queste ultime».
    Le conseguenze sono evidenti. È connaturato al concetto stesso di atto di indagine preliminare il fatto che le intercettazioni (nella variegata indicata accezione) siano atti coperti dal segreto. È fondamentale infatti che un’attività di tal genere, che ha nella sorpresa la sua stessa essenza ed efficacia, rimanga «coperta» in ottica e a fini probatori, procedimentali e processuali. Almeno fino a quando il dominus dell’indagine preliminare non si renda conto o comunque non decida che la segretezza possa venir meno. E proceda quindi a quella che viene definita come discovery. Infatti, se scopo di una intercettazione (per definizione) è quello di «ricerca della prova», soddisfatta tale esigenza e valutata la necessità di procedere oltre (magari ad un arresto o ad un sequestro), è naturale e perfettamente comprensibile che il titolare dell’indagine decida di poter fare a meno della segretezza. La quale, essendo finalizzata all’indagine e al suo procedere, soltanto per motivi di indagine può protrarsi o venir meno. E tale decisione non può spettare che al magistrato procedente, mediante appunto la citata discovery.

    A seguito di tali considerazioni, si ritiene allora che debba essere semplificata la normativa attinente al segreto investigativo, soprattutto unificandone le disposizioni quanto al momento della cessazione del vincolo della segretezza, che può farsi coincidere con il momento in cui l’indagato o il suo difensore possano avere conoscenza dell’atto o dell’attività investigativa. Se il dominus dell’indagine ritiene di non aver più «bisogno» del segreto, non c’è motivo per cui debba essere limitata la conoscibilità dell’attività della magistratura, anche attraverso la stampa e i vari mezzi di informazione: anche questo vuol dire trasparenza e correttezza della pubblica amministrazione, delle istituzioni tutte e della classe politica («governo della cosa pubblica in pubblico», come sosteneva Norberto Bobbio, parlando dei sistemi democratici).
    Il problema semmai è e rimane quello di evitare che atti coperti dal segreto o atti riferiti a terze persone inconsapevoli e a circostanze e fatti del tutto estranei al procedimento possano finire nel tritacarne dei mezzi di comunicazione.
    A tal fine, sono inserite nel disegno di legge tutta una serie di norme volte a stringere le maglie attorno agli atti e alle attività concernenti i vari sistemi di intercettazione, responsabilizzando gli attori di ogni singola fase procedimentale (magistrati, polizia giudiziaria, cancellieri, segretari, avvocati), istituendo un archivio riservato, imponendo la eliminazione di qualsiasi nota o appunto concernenti persone estranee al procedimento, prevedendo specifiche sanzioni disciplinari nei confronti dei magistrati «disobbedienti» ai dettami normativi.
    Ultima rilevante questione da affrontare è quella relativa alle responsabilità di giornalisti ed editori.
    Si assiste quotidianamente ad un tentativo, preso atto della pratica impossibilità di impedire le fughe di notizie, di scaricare ogni responsabilità sull’ultimo anello della catena, rappresentato in questo caso dal terminale giornalistico. È un modo estremamente semplicistico di affrontare la questione e soprattutto di cercare di risolverla. Si cozza però inevitabilmente contro quel sacrosanto baluardo costituzionale rappresentato dall’articolo 21 della Costituzione, posto a tutela sì dei giornalisti, ma soprattutto dei cittadini. Ora, proprio per salvaguardare l’equilibrio istituzionale e costituzionale già ricordato, nel presente disegno di legge si è cercato di proporre soluzioni rispettose sia del singolo leso nel suo buon diritto, sia del diritto-dovere di una libera informazione. A questo proposito, non è assolutamente fuori luogo menzionare la Corte europea dei diritti umani, che nella sentenza del 7 giugno 2007 (ricorso n. 1914/02 – affaire Dupuis et autres c. France) ha chiaramente allargato gli spazi della libertà di stampa, richiamandosi peraltro all’esigenza di delineare un equo bilanciamento tra istanze contrapposte.
    Analizzando nel merito le norme del disegno di legge, si osserva come gli articoli 1 e 2 introducano modifiche agli articoli 266 e 266-bis del codice di procedura penale, tali da estendere la disciplina delle intercettazioni telefoniche di cui al Capo IV del codice di rito alla captazione di flussi di dati telematici.
    L’articolo 3 estende parimenti la disciplina delle intercettazioni telefoniche a quelle relative a corrispondenza postale, tali da non interrompere il corso della spedizione, nonché alle operazioni di ripresa visiva a contenuto captativo di conversazioni, nonché a quelle non captative di conversazioni che si svolgano in luoghi di privata dimora, sulla scorta delle indicazioni desumibili dalla sentenza delle sezioni unite della Cassazione n. 26795 del 28 luglio 2006. Si precisa inoltre che le riprese visive che si svolgono in luoghi pubblici possono essere eseguite dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa, ma devono essere convalidate dal pubblico ministero entro le quarantotto ore successive.
    L’articolo 4 modifica l’articolo 267 del codice di rito, relativo ai presupposti e alle forme del provvedimento. In particolare, la norma proposta prevede un tendenziale limite (non applicabile tuttavia a procedimenti relativi a delitti gravi come i reati contro la pubblica amministrazione, il riciclaggio e il reimpiego di beni di provenienza illecita) alle proroghe delle intercettazioni, fissato in tre mesi (ossia la metà del termine ordinario di durata delle indagini preliminari), superabile qualora siano emersi nuovi elementi di indagine. Tali elementi debbono essere chiaramente indicati nel provvedimento di proroga.
    Si prevede, poi, un tendenziale limite (non applicabile anche qui, relativamente a indagini per i reati citati) a due proroghe per le intercettazioni tra presenti, salvo che siano emersi nuovi elementi investigativi. Restano ferme le diverse disposizioni dettate in relazione ai delitti di criminalità organizzata, terrorismo, di schiavitù e tratta.
    L’articolo 5 disciplina l’acquisizione di dati relativi al traffico telefonico, disposta in sede processuale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 132 del Codice sul trattamento dei dati personali, in relazione all’acquisizione amministrativà di dati, conformemente alla direttiva europea cosiddetta data retention, recepita dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109.
    L’articolo 6 modifica l’articolo 268 del codice di rito, introducendo una profonda innovazione relativamente agli impianti da utilizzare per lo svolgimento delle operazioni di intercettazione ed armonizzando il residuo contenuto del testo con gli articoli successivi. In particolare, viene previsto dal novellato comma 3 che le operazioni di registrazione dovranno essere effettuate per mezzo di impianti installati e custoditi in centri di intercettazione telefonica da istituirsi presso ogni distretto di corte d’appello.
    Le operazioni di ascolto delle conversazioni saranno invece compiute mediante gli impianti installati presso la procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero procedente, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini.
    Tale disciplina è volta a concentrare le operazioni di captazione ed ascolto nel minor numero di strutture possibile, onde ridurre i soggetti che possano avere accesso alle informazioni riservate da esse emergenti e garantire il miglior livello di sicurezza nella acquisizione e nel trattamento dei dati.
    Gli articoli 7 e 8 rispettivamente introducono gli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater e 268-quinquies e riformulano l’articolo 269 del codice di procedura penale.
    La riservatezza dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni viene assicurata attraverso un intervento diretto sul procedimento delineato dall’articolo 268 del codice di procedura penale. La sequenza procedimentale del deposito e della eliminazione del materiale irrilevante in una prima fase (preliminare) viene modificata, attribuendo prima al pubblico ministero e poi al giudice il potere-dovere di selezionare le intercettazioni da acquisire. La procedura prevista è la più snella possibile, non prevedendosi in questa fase un’apposita udienza, che avrebbe comportato un inutile appesantimento ed allungamento dei tempi procedimentali, bensì una facoltà del giudice di «sentire le parti, ove necessario, senza formalità».
    Viene comunque adeguatamente garantito il diritto di difesa, attraverso la previsione dell’interlocuzione del difensore, che può chiedere al giudice l’integrazione delle acquisizioni.
    In particolare, si prevede (articolo 7, comma 1, che introduce l’articolo 268-bis) che al termine delle operazioni (salvo che il giudice non autorizzi il cosiddetto «ritardo del deposito») il pubblico ministero debba depositare in segreteria, unitamente ai decreti di autorizzazione e proroga, i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, indicando le ragioni della rilevanza di essi; tutti gli altri atti relativi alle intercettazioni, ossia quelli irrilevanti in quanto «riguardanti fatti o circostanze estranei alle indagini», ovvero quelli di cui è vietata l’utilizzazione, devono invece confluire nell’archivio riservato.
    Ai difensori delle parti è dato immediatamente avviso che, entro il termine stabilito, hanno facoltà:

        a) di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell’archivio riservato;

        b) di ascoltare le registrazioni, ivi comprese quelle custodite nell’archivio riservato;
        c) di indicare specificamente al giudice le conversazioni non depositate delle quali chiedono l’acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza;
        d) di indicare specificamente al giudice le conversazioni depositate che ritengono irrilevanti o inutilizzabili.

    Scaduto il termine, il giudice dispone con ordinanza l’acquisizione delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l’utilizzazione. Il giudice può sempre esaminare, se lo ritiene necessario, gli atti custoditi nell’archivio riservato previsto dall’articolo 268, comma 3-ter, del codice di procedura penale.

    La documentazione depositata della quale il giudice non ha disposto l’acquisizione è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell’archivio riservato sopra indicato.
    Si prevede poi l’applicazione, nei limiti della compatibilità, della suddetta normativa ai dati relativi al traffico telefonico.
    La selezione preventiva della documentazione rilevante, prima ad opera del pubblico ministero e successivamente ad opera del giudice, riduce i rischi di divulgazione dei contenuti delle intercettazioni, senza abbassare il livello di tutela del diritto di difesa dell’imputato, al quale viene riconosciuta la facoltà di prendere cognizione di tutta la documentazione, compresa quella che il pubblico ministero ha ritenuto non rilevante, e di indicare al giudice le conversazioni in relazione alle quali reputi necessaria l’acquisizione.
    La nuova disciplina si caratterizza, inoltre, per l’istituzione di un apposito archivio riservato (articolo 268, comma 3-ter, del codice di procedura penale, introdotto dall’articolo 6 del disegno di legge) nel quale il pubblico ministero deve custodire i verbali e le registrazioni ed il cui accesso è consentito ai difensori delle parti solo per la verifica della completezza del materiale acquisito e per la eventuale richiesta al giudice di integrazione.
    La documentazione relativa alle intercettazioni non rilevanti è custodita nell’archivio riservato fino alla decisione non più soggetta ad impugnazione ed è coperta da segreto (articolo 329-bis, introdotto dall’articolo 16).
    Nel medesimo archivio sono destinati a confluire anche i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni rilevanti, una volta effettuata la trascrizione. È stata infatti ridisegnata la procedura di trascrizione delle conversazioni nelle forme della perizia (articolo 268-ter, come introdotto dall’articolo 7, comma 1), prevedendosi che, appena concluse le operazioni, i verbali e le registrazioni siano immediatamente ricollocati nell’archivio riservato, mentre le trascrizioni confluiranno nel fascicolo per il dibattimento. Si prevede altresì (e ciò vale anche per le trascrizioni effettuate dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari al fine di presentare le proprie richieste al giudice, ex articolo 268-quater) il divieto di trascrizione di quelle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente persone, fatti o circostanze estranei alle indagini, e che il giudice disponga che i nominativi e i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni, ove ciò non rechi pregiudizio all’accertamento dei fatti per cui si procede.
    È stato regolamentato (articolo 268-quater, come introdotto dal comma 1 dell’articolo 7) in forma analoga al meccanismo procedurale dell’acquisizione delle intercettazioni fin qui descritto, il caso in cui il pubblico ministero richieda al giudice provvedimenti cautelari nel corso delle indagini preliminari, precedentemente, cioè, alla formale acquisizione dei risultati delle intercettazioni.
    Si è previsto che il pubblico ministero possa presentare al giudice solo le conversazioni che considera rilevanti, e che il giudice debba restituire quelle ritenute non rilevanti. Si prevede, altresì, che dopo che la persona sottoposta alle indagini ovvero il suo difensore abbiano avuto conoscenza del provvedimento, si applica la disposizione di cui al comma 8 dell’articolo 268-bis, che consente ai difensori di estrarre copia soltanto delle conversazioni di cui è stata disposta l’acquisizione.
    È stata, infine, prevista e disciplinata la facoltà di accesso all’archivio riservato da parte del giudice, d’ufficio ovvero a richiesta di parte, anche nel corso dell’udienza preliminare e successivamente alla chiusura delle indagini preliminari.
    L’articolo 268-quinquies (comma 1 dell’articolo 7) disciplina le ipotesi in cui l’ascolto e l’acquisizione delle conversazioni vengano disposte dal giudice dopo la conclusione delle indagini preliminari. Si prevede che dopo la chiusura delle indagini preliminari e nell’udienza preliminare il giudice, ai fini della decisione da adottare, può sempre disporre anche d’ufficio l’esame dei verbali e l’ascolto delle registrazioni custodite nell’archivio riservato. All’esito può disporre con ordinanza l’acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia.
    Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre, su specifica e motivata richiesta delle parti, l’acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza.
    L’articolo 8, nel riformulare l’articolo 269 del codice di procedura penale, prevede che il giudice disponga la distruzione della documentazione custodita nell’archivio riservato successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, ovvero in seguito al decorso dei termini di prescrizione dei reati per i quali si era proceduto, nei casi di intervenuta archiviazione (comma 2).
    Si prevede inoltre (comma 4) che, anche prima del decorso dei termini suddetti, gli interessati possano chiedere la distruzione della documentazione non rilevante per il procedimento. In tale caso il giudice, prima di decidere, deve sentire le parti.
    Diversamente, nel caso di documentazione assolutamente estranea alle indagini, si prevede che il giudice, sentito il pubblico ministero, possa disporne, anche d’ufficio, la distruzione anticipata, salvo che si proceda per delitti di terrorismo, criminalità organizzata o comunque per i reati di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a) (comma 3). In relazione a tali ultime ipotesi si seguono i tempi e la procedura ordinari.
     Gli articoli 9 e 11 adeguano alla nuova disciplina, rispettivamente, l’ipotesi di trasmissione ad altra autorità giudiziaria delle intercettazioni per l’utilizzabilità in altro procedimento (articolo 270) e la normativa in tema di intercettazioni finalizzate alla ricerca dei latitanti prevista dall’articolo 295 del codice di procedura penale.
    Gli articoli 12 e 13 disciplinano rispettivamente la perizia e le modalità di redazione del verbale di consistenza relativamente ad intercettazioni illegalmente disposte, secondo le norme introdotte dal decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n. 281.
    L’articolo 12 inserisce un comma 1-bis nell’articolo 220 del codice di rito, volto a limitare l’esperibilità della perizia sui documenti relativi a intercettazioni e raccolte di dati illecite, unicamente ove sia dedotta o rilevata l’incompletezza o la contraddittorietà delle risultanze del verbale di consistenza, disciplinato dall’articolo 240-ter, introdotto dall’articolo 13 del disegno di legge.
    La norma di nuovo conio disciplina l’udienza per la redazione del verbale di consistenza, in cui il giudice, in contraddittorio tra le parti, accerta la tipologia dei documenti relativi ad intercettazioni o raccolte di dati illegali (costituenti corpo del reato) e i soggetti destinatari della illecita captazione.
    La lettera a) del comma 1 dell’articolo 14 modifica l’articolo 114 del codice di rito, limitando il divieto di pubblicazione degli atti secretati al momento precedente a quello in cui l’imputato o il suo difensore abbiano potuto averne conoscenza. Si dispone inoltre il divieto di pubblicazione anche parziale della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto e anche se inseriti in altri provvedimenti del pubblico ministero o del giudice per le indagini preliminari, fino alla conclusione delle indagini preliminari.
    Al fine di garantire il necessario collegamento tra azione penale e responsabilità disciplinare per la violazione del divieto di pubblicazione da parte di pubblici funzionari o persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato, si prevede in capo al procuratore della Repubblica l’obbligo di informare l’organo titolare del potere disciplinare, anche al fine dell’eventuale assunzione di misure interdittive di natura cautelare (articolo 15).
    L’articolo 16 prevede che i verbali, le registrazioni e tutta la documentazione custodita nell’archivio riservato e non acquisita al procedimento siano sempre coperti da segreto. Si è ritenuto di prevedere tale disciplina con norma autonoma rispetto a quella dell’articolo 329 del codice di procedura penale, già disciplinante la materia del segreto in corso di indagine; ed invero tale scelta è apparsa più opportuna per meglio evidenziare la differente natura del segreto inerente gli atti contenuti nell’archivio riservato (volto a tutelare la riservatezza dei soggetti intercettati) rispetto al segreto di indagine (volto invece a tutelare il corretto andamento delle attività investigative). Tale diversità si evidenzia, poi, nella maggiore durata del segreto posto a tutela della riservatezza, il quale si protrae anche oltre il termine delle indagini preliminari e copre l’intera permanenza della suddetta documentazione all’interno dell’archivio riservato.
    Gli articoli 18 e 19 recano modifiche all’articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (decreto legislativo 28 luglio 1989, n.  271) e vi introducono l’articolo 89-bis. Le due disposizioni disciplinano l’istituzione e la tenuta dell’archivio riservato delle intercettazioni, nonché la figura del funzionario responsabile delle intercettazioni, nominato dal procuratore della Repubblica; è previsto, inoltre, che l’archivio in questione venga tenuto sotto la responsabilità, direzione e sorveglianza del procuratore della Repubblica, con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione in esso contenuta.
    In particolare, il funzionario responsabile dovrà comunicare ogni due mesi al procuratore della Repubblica l’elenco delle operazioni che si protraggono da oltre tre mesi; tale disposizione è stata prevista per consentire al capo dell’ufficio giudiziario di essere costantemente al corrente della mole di intercettazioni in corso presso la struttura da egli diretta e rendere attuabile il suo consapevole controllo sulle predette attività, anche sotto il profilo delle spese affrontate per realizzarle.
    L’articolo 20 sancisce in capo al procuratore della Repubblica l’obbligo di trasmettere annualmente al Ministro della giustizia una relazione sulle spese di gestione e amministrazione relative alle operazioni di intercettazione, al fine di assicurare un monitoraggio costante in ordine agli oneri finanziari connessi al ricorso a tale mezzo di ricerca della prova.
    L’articolo 21, comma 1, lettera a), riformula l’articolo 379-bis del codice penale, recante rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale; la nuova formulazione della norma sanziona con la reclusione da uno a quattro anni la condotta di chiunque riveli indebitamente notizie inerenti atti del procedimento penale coperti da segreto dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio, o ne agevoli in qualsiasi modo la conoscenza.
    Se il fatto è commesso per colpa, le pene sono considerevolmente diminuite, mentre se la condotta è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio le pene sono aumentate.
    In tale modo, si è approntata una tutela penale fondata sull’accesso «qualificato» ad atti del procedimento penale, configurando pertanto il reato in esame come reato «proprio» (ad esempio anche del difensore o dell’investigatore privato incaricato delle investigazioni difensive).
    Il quarto comma del medesimo articolo riproduce il secondo comma della vecchia formulazione della norma, che sanziona l’inottemperanza all’ordine di non divulgare notizie del procedimento penale impartito al sommario informatore dal pubblico ministero ai sensi dell’articolo 391-quinquies del codice di procedura penale, anche se la sanzione (prevista prima fino a un anno di reclusione) è stata elevata da uno a tre anni.
    La lettera b) dell’articolo in esame introduce, poi, una ulteriore fattispecie di reato (articolo 617-septies del codice penale) volta a sanzionare chiunque prenda illecitamente diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto; tale formulazione consente di escludere la responsabilità penale di chi si sia limitato a ricevere gli atti di cui sopra, senza concorrere nell’accesso illecito ai luoghi ove gli stessi vengono custoditi.
    La medesima lettera introduce poi due ulteriori fattispecie, inerenti rispettivamente alla detenzione di documenti illecitamente formati o acquisiti e alla rivelazione del contenuto di documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, al fine di garantire una maggiore tutela sia alla riservatezza individuale, sia al segreto istruttorio.
    L’articolo 22 estende la responsabilità da reato degli enti, di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.  231, alle ipotesi di realizzazione della contravvenzione di cui all’articolo 684 del codice penale.
    L’articolo 23 sancisce il diritto al rispetto della presunzione di innocenza, conferendo al soggetto leso la possibilità di richiedere al giudice, anche attraverso la procedura di cui all’articolo 700 del codice di procedura civile, l’adozione di ogni provvedimento idoneo a far cessare il comportamento lesivo, sulla scorta peraltro di quanto previsto dal codice civile francese, in seguito alle riforme del 1993.
    L’articolo 24 reca talune modifiche alla legge sulla stampa (legge 8 febbraio 1948, n. 47), relativamente al procedimento per la rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti interessati, diffuse attraverso trasmissioni radiofoniche e televisive ovvero mediante siti internet. Si prevede altresì una specifica procedura di rettifica anche per la stampa non periodica, precisandosi inoltre che la rettifica non rechi nessun commento ulteriore.
    L’articolo 25, infine, oltre ad adeguare l’articolo 132 del citato codice di cui al decreto legislativo n.  196 del 2003 alla nuova disciplina delle intercettazioni, introduce, all’articolo 164-bis del medesimo codice, sanzioni amministrative per le condotte di pubblicazione a fini di informazione giornalistica di dati personali in violazione delle disposizioni previste dal codice medesimo e dal codice di deontologia: la sanzione prevista consiste nella pubblicazione della decisione che abbia accertato la violazione. L’espressa qualificazione in termini di illiceità di simili condotte determina inoltre, di riflesso, la possibilità del soggetto leso di agire nei confronti del giornalista con un’azione di responsabilità aquiliana.
    L’articolo 26 coordina il testo del decreto-legge 22 settembre 2006, n.  259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n.  281, alla nuova disciplina delle intercettazioni, mentre l’articolo 27 introduce, all’interno del decreto legislativo 25 febbraio 2006, n.  109, talune fattispecie disciplinari relative alla condotta di magistrati responsabili di violazioni della riservatezza, al fine di garantire una maggiore tutela della privacy e al contempo di responsabilizzare maggiormente i magistrati nel ricorso alle intercettazioni. L’articolo 28, quindi, prevede tra l’altro l’abrogazione dell’articolo 9 della legge 8 aprile 1974, n. 98, norma che indica una particolare procedura per l’individuazione di apparecchi o strumenti idonei ad operare intercettazioni di comunicazioni ai sensi del vigente codice di rito e che appare in contrasto con i princìpi comunitari di libera circolazione delle merci, nonché con la specifica normativa del settore degli apparati radio e terminali di telecomunicazione (direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, recepita con il decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269).
    L’articolo 29, poi, chiarisce che le disposizioni processuali introdotte dalla legge non si applicano ai procedimenti già trasmessi al giudice dell’udienza preliminare alla data della sua entrata in vigore, e che il novellato articolo 268, comma 3, potrà trovare applicazione soltanto decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro della giustizia disciplinante l’entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo articolo 268.
    L’articolo 30, infine, prevede le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento.

 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

    1. All’articolo 266, comma 1, del codice di procedura penale, la parola: «telecomunicazione» è sostituita dalla seguente: «comunicazione».

Art. 2.

    1. Al comma 1 dell’articolo 266-bis del codice di procedura penale, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «secondo le norme del presente capo».

Art. 3.

    1. Dopo l’articolo 266-bis del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

    «Art. 266-ter. - (Intercettazione di corrispondenza postale). – 1. Le norme del presente capo si applicano, in quanto compatibili, anche alle intercettazioni di corrispondenza postale che non interrompono il corso della spedizione.
    Art. 266-quater. – (Riprese visive). - 1. Nei procedimenti relativi ai reati indicati nell’articolo 266, comma 1, le disposizioni relative alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche si applicano:
        a) alle operazioni di ripresa visiva captative anche di conversazioni;

        b) alle operazioni di ripresa visiva a contenuto non captativo di conversazioni che si svolgono nei luoghi di cui all’articolo 614 del codice penale.
        2. Fuori dei casi di cui al comma 1, lettera a), le riprese visive che si svolgono in luoghi pubblici o aperti o esposti al pubblico possono essere eseguite di propria iniziativa dalla polizia giudiziaria, ma devono essere convalidate con decreto motivato del pubblico ministero nelle 48 ore successive».

Art. 4.

    1. L’articolo 267 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

    «Art. 267. - (Presupposti e forme del provvedimento). – 1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a disporre le operazioni previste dall’articolo 266. L’autorizzazione è data con decreto motivato che deve contenere, a pena di inutilizzabilità dei risultati dell’intercettazione ai sensi dell’articolo 271, comma 1, la valutazione della sussistenza di gravi indizi di reato e della circostanza che l’intercettazione sia assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. Nella valutazione degli indizi di reato si applica l’articolo 203.

    2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l’intercettazione con decreto motivato, che deve essere comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice per le indagini preliminari. La motivazione del decreto deve specificare il grave pregiudizio che giustifica l’urgenza dell’intercettazione. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato ai sensi del comma 1. Se il decreto del pubblico ministero non è convalidato nel termine stabilito, l’intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati.
    3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l’intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di quindici giorni, prorogabile dal giudice con decreto motivato in pari misura e per una durata complessiva massima non superiore a tre mesi, fatta eccezione per i casi in cui l’intercettazione sia disposta nell’ambito di indagini per i reati di cui al comma 5 o per reati contro la pubblica amministrazione o per i reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1. La durata di tre mesi può essere superata solo qualora siano emersi nuovi elementi investigativi in relazione ai presupposti indicati nel comma 1. Tali elementi devono essere specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai requisiti indicati nel comma 1. Con il decreto, il pubblico ministero individua l’ufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto adempimento delle operazioni.
    4. La durata dell’intercettazione di comunicazioni tra presenti eseguite nei luoghi di cui all’articolo 614 del codice penale non può essere prorogata più di due volte, fatta eccezione per i casi in cui l’intercettazione sia disposta nell’ambito di indagini per i reati di cui al comma 5 o per reati contro la pubblica amministrazione o per i reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale e salvo che siano emersi nuovi elementi investigativi in relazione ai presupposti indicati nel comma 1. Tali nuovi elementi devono essere specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai requisiti indicati nel comma 1.
    5. Per quanto concerne la sussistenza di indizi sufficienti, la durata delle intercettazioni e il numero delle proroghe, nonché l’intercettazione di comunicazioni tra presenti nei luoghi di cui all’articolo 614 del codice penale, resta fermo quanto previsto dall’articolo 9 della legge 11 agosto 2003, n. 228, dall’articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, dall’articolo 3 del decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438, e successive modificazioni.
    6. Il pubblico ministero procede alle operazioni personalmente oppure avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria.
    7. In apposito registro riservato tenuto presso ogni ufficio del pubblico ministero sono annotati, secondo l’ordine cronologico, la data e l’ora di emissione e la data e l’ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l’inizio e il termine delle operazioni, nonché i nominativi del personale intervenuto, compreso quello della polizia giudiziaria.

Art. 5.

    1. Dopo l’articolo 267 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

    «Art. 267-bis. - (Acquisizione di dati relativi al traffico telefonico). – 1. Nel corso delle indagini preliminari, i dati relativi al traffico telefonico sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del pubblico ministero anche su istanza del difensore della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa.

    2. Nel corso delle indagini preliminari, il difensore della persona sottoposta alle indagini e quello della persona offesa possono richiedere direttamente al fornitore i dati relativi alle utenze intestate al proprio assistito con le modalità indicate dall’articolo 391-quater.
    3. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice su istanza del pubblico ministero, del difensore dell’imputato, della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa».

Art. 6.

    1. All’articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

         a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
    «3. Le operazioni di registrazione sono compiute per mezzo degli impianti installati e custoditi nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso le procure generali o presso le procure della Repubblica della sede del distretto di corte di appello. Le operazioni di ascolto delle conversazioni intercettate sono compiute mediante impianti installati nei punti di ascolto istituiti presso la competente procura della Repubblica. Quando tali impianti o punti di ascolto risultano insufficienti o inidonei ovvero esistono particolari ragioni di urgenza o di coordinamento celere delle indagini, il pubblico ministero può disporre, con decreto motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.»;
        b) dopo il comma 3-bis sono inseriti i seguenti:
    «3-ter. I verbali e le registrazioni sono trasmessi immediatamente, e comunque non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione, al pubblico ministero. Essi sono custoditi in un apposito archivio riservato e secondo le modalità e le procedure previste dagli articoli 89 e 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie.

    3-quater. Ai procuratori generali presso la corte di appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti sono attribuiti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione dei centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al comma 3.»;
        c) i commi da 4 a 8 sono abrogati.

    2. Al fine di garantire la concreta rispondenza degli apparati di registrazione e ascolto installati presso le procure della Repubblica alle finalità e alle previsioni della presente legge, il Ministro della giustizia, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, definisce le procedure e le specifiche tecniche degli apparati, indicando l’ente che deve provvedere alla loro omologazione.

    3. All’attuazione del comma 2 si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 7.

    1. Dopo l’articolo 268 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

    «Art. 268-bis. – (Deposito e acquisizione dei verbali e delle registrazioni) - 1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero deposita presso la segreteria i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, indicando le ragioni della rilevanza. Sono contestualmente depositati anche i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione nonché le relative richieste. Gli atti relativi a conversazioni di cui è vietata l’utilizzazione e a quelle prive di rilevanza, in quanto riguardanti esclusivamente fatti, persone o circostanze estranei alle indagini, restano custoditi nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268.

    2. Gli atti rimangono depositati per il tempo stabilito dal pubblico ministero, comunque non inferiore a cinque giorni, salvo che il giudice riconosca necessaria una proroga.
    3. Il giudice può autorizzare il pubblico ministero a ritardare il deposito di cui al comma 1, non oltre la chiusura delle indagini preliminari, qualora dal deposito possa derivare grave pregiudizio per le indagini espressamente indicato in apposito decreto.
    4. Ai difensori delle parti è dato immediatamente avviso che, entro il termine di cui al comma 2, hanno facoltà:

        a) di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268;

        b) di ascoltare le registrazioni, ivi comprese quelle custodite nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268, ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche;
        c) di indicare specificamente al giudice le conversazioni non depositate delle quali chiedono l’acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza;
        d) di indicare specificamente al giudice le conversazioni depositate che ritengono irrilevanti o di cui sia vietata l’utilizzazione.

    5. Scaduto il termine di cui al comma 2, il giudice, sentite le parti senza formalità, dispone con ordinanza l’acquisizione delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l’utilizzazione. Il giudice può sempre esaminare, se lo ritiene necessario, gli atti custoditi nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268.

    6. La documentazione depositata della quale il giudice non ha disposto l’acquisizione è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268.
    7. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 si applicano, in quanto compatibili, anche ai dati relativi al traffico telefonico.
    8. I difensori delle parti possono estrarre copia soltanto delle conversazioni di cui è stata disposta l’acquisizione.
    9. I difensori, fino a quando non sia avvenuta la distruzione della documentazione ai sensi dell’articolo 269, possono esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni custoditi nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268, secondo le modalità di cui all’articolo 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie.

    Art. 268-ter. - (Trascrizione delle registrazioni) – 1. Il giudice, compiute le formalità di cui all’articolo 268-bis, dispone perizia per la trascrizione delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite. Al termine delle operazioni i verbali e le registrazioni utilizzate per lo svolgimento dell’incarico sono immediatamente restituiti al pubblico ministero e sono custoditi nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268. È vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente fatti, circostanze o persone estranei alle indagini. Il giudice dispone che i nominativi o riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni.

    2. Le trascrizioni delle registrazioni e le stampe sono inserite nel fascicolo del dibattimento a norma dell’articolo 431.
    3. Delle trascrizioni e delle stampe i difensori possono estrarre copia, anche su supporto informatico.

    Art. 268-quater. - (Utilizzo delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari) – 1. Il pubblico ministero, anche prima del deposito previsto dall’articolo 268-bis, comma 1, al fine di presentare le sue richieste al giudice, può disporre la trascrizione delle conversazioni che ritiene rilevanti, anche per riassunto, ad opera della polizia giudiziaria o del consulente tecnico nominato ai sensi dell’articolo 359. È vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente fatti, circostanze o persone estranei alle indagini. Il pubblico ministero dispone che i nominativi o riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni, ove ciò non rechi pregiudizio all’accertamento dei fatti per cui si procede. L’eventuale pregiudizio deve essere espressamente indicato con decreto motivato.

    2. Quando il giudice deve adottare una decisione prima del deposito previsto dall’articolo 268-bis, comma 1, il pubblico ministero trasmette i verbali e le registrazioni delle conversazioni che ritiene rilevanti, anche a favore della persona sottoposta alle indagini, e di cui non è vietata l’utilizzazione.
    3. Il giudice dispone l’acquisizione delle sole conversazioni ritenute rilevanti per la decisione nel proprio fascicolo degli atti di indagine e restituisce le altre al pubblico ministero. Queste ultime sono custodite nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268.
    4. La persona sottoposta alle indagini ovvero il suo difensore, avuta conoscenza del provvedimento del giudice, possono richiedere il deposito dei verbali, delle trascrizioni e delle registrazioni relativi alle conversazioni utilizzate dal giudice stesso per l’adozione del provvedimento, nonché una nuova trascrizione con le formalità di cui all’articolo 268-ter.
    5. Sono soggette ad autorizzazione del pubblico ministero le seguenti attività:

        a) la stampa dei dati relativi alle intercettazioni, che deve essere in ogni caso corredata dalla precisa indicazione delle pagine stampate;

        b) la trasmissione dei dati relativi alle intercettazioni su supporti informatici e cartacei o per via telematica, che deve essere in ogni caso corredata dall’annotazione degli estremi della destinazione, degli utenti, del giorno e dell’ora di trasmissione e ricezione. Per ogni consegna di copia di documenti viene redatto specifico e dettagliato verbale.

    Art. 268-quinquies. – (Ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice) - 1. Dopo la chiusura delle indagini preliminari e nell’udienza preliminare il giudice, ai fini della decisione da adottare, può sempre disporre anche d’ufficio l’esame dei verbali e l’ascolto delle registrazioni custodite nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268. All’esito può disporre con ordinanza l’acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia.

    2. Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre, su richiesta specificamente motivata delle parti, l’acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si applicano le disposizioni di cui all’articolo 268-ter».

Art. 8.

    1. L’articolo 269 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

    «Art. 269. - (Conservazione della documentazione) – 1. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268.

    2. Salvo quanto previsto dall’articolo 271, comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione o, nei procedimenti conclusi con decreto di archiviazione, fino a che non sia decorso il termine di prescrizione dei reati per i quali si era proceduto. Decorsi tali termini, il giudice dispone anche d’ufficio la distruzione della documentazione di cui al comma 1.
    3. Nei casi di documentazione ritenuta assolutamente estranea alle indagini, il giudice, sentito il pubblico ministero, può disporne, anche d’ufficio, la distruzione anticipata, salvo che le intercettazioni siano state eseguite per taluno dei reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, o di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a).
    4. Nei casi di documentazione ritenuta irrilevante per il procedimento, gli interessati possono chiederne la distruzione anticipata al giudice che procede, a tutela della riservatezza. Sull’istanza, sentite le parti, il giudice decide con decreto motivato.
    5. La distruzione viene eseguita sotto controllo del giudice. Dell’operazione è redatto verbale».

Art. 9.

    1. Il comma 2 dell’articolo 270 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

    «2. Ai fini dell’utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi all’autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni degli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater e 268-quinquies».

Art. 10.

    1. All’articolo 292 del codice di procedura penale, dopo il comma 2-ter è inserito il seguente:

    «2-quater. Nell’ordinanza le intercettazioni di conversazioni, comunicazioni telefoniche o telematiche possono essere richiamate soltanto nel contenuto».
    2. Al comma 3 dell’articolo 293 del codice di procedura penale, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Sono depositati soltanto i verbali e le autorizzazioni relativi alle intercettazioni espressamente indicate nella richiesta del pubblico ministero, previa verifica della intervenuta espunzione delle parti concernenti fatti, persone o circostanze estranei al procedimento o comunque non aventi rilevanza penale».

Art. 11.

    1. All’articolo 295 del codice di procedura penale, il comma 3 è sostituito dal seguente:

    «3. Al fine di agevolare le ricerche del latitante, il giudice o il pubblico ministero, nei limiti e con le modalità previsti dagli articoli 266 e 267, può disporre l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di comunicazione. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 268, 268-bis, 268-ter, 268-quater, 268-quinquies, 269 e 270».

Art. 12

    1. All’articolo 220 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

    «1-bis. La perizia sui documenti di cui all’articolo 240-bis è ammessa soltanto nel caso in cui venga dedotta o comunque rilevata l’incompletezza o la contraddittorietà dei dati che emergono dal relativo verbale di consistenza, redatto ai sensi dell’articolo 240-ter. Le attività peritali devono in tale caso essere compiute esclusivamente sui documenti il cui esame risulta necessario per rispondere ai quesiti posti dal giudice».

Art. 13.

    1. Dopo l’articolo 240 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

    «Art. 240-bis. - (Documenti relativi a intercettazioni e raccolte di dati illecite) – 1. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni o comunicazioni, telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente formati o acquisiti e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni non possono essere acquisiti al procedimento né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato ai sensi dell’articolo 253, comma 2, o che provengano comunque dell’imputato.

    2. Salvo quanto previsto dall’articolo 240-ter, decorsi cinque anni dalla data nella quale i documenti sono pervenuti alla procura della Repubblica, gli stessi sono distrutti con provvedimento adottato annualmente dal procuratore della Repubblica. Delle relative operazioni è redatto verbale.

    Art. 240-ter. - (Udienza per la redazione del verbale di consistenza) – 1. Quando vengono acquisiti al procedimento i documenti costituenti corpo del reato ai sensi dell’articolo 240-bis, il pubblico ministero richiede entro dieci giorni al giudice per le indagini preliminari di procedere alla redazione del verbale di consistenza di cui al comma 4. Entro il medesimo termine il pubblico ministero trasmette anche i documenti acquisiti. Qualora sugli stessi debbano essere effettuati in va preliminare accertamenti tecnici di cui agli articoli 359 e 360, il giudice può autorizzare il pubblico ministero a ritardarne la trasmissione per non più di un mese, prorogabile motivatamente, per una sola volta, per un altro mese.

    2. Il giudice fissa l’udienza in camera di consiglio, da tenere entro dieci giorni dalla data della trasmissione dei documenti di cui al comma 1, per accertare:

        a) la tipologia dei documenti e dei dati in essi raccolti;

        b) i soggetti destinatari della captazione o della raccolta illecita di informazioni.

    3. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall’articolo 127, commi 1, 2, 6 e 10. L’avviso della data fissata per l’udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero; esso è notificato, entro lo stesso termine, all’imputato, al suo difensore e agli altri soggetti interessati che risultino immediatamente individuabili dai documenti di cui al comma 1. Il pubblico ministero e i difensori sono sentiti se compaiono. Fino al giorno dell’udienza i documenti restano depositati in cancelleria, con facoltà per i difensori di esaminarli. È in ogni caso vietato il rilascio di copia degli stessi.

    4. Delle operazioni effettuate è redatto apposito verbale, ma il contenuto dei documenti non può in nessun caso costituirne oggetto al di fuori dei limiti di cui al comma 2.
    5. Il verbale di cui al comma 4 è inserito nel fascicolo del dibattimento ai sensi dell’articolo 431, comma 1, lettera h-bis).
    6. All’esito delle operazioni, i documenti sono immediatamente restituiti al pubblico ministero e custoditi nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268. Si applicano le disposizioni dell’articolo 269, comma 2».

Art. 14

    1. All’articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) al comma l sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «fino a che l’imputato o il suo difensore non ne abbiano potuto avere conoscenza e salvo quanto disposto dal comma 2»;

        b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

    «2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto e anche se inseriti in altri provvedimenti del pubblico ministero o del giudice per le indagini preliminari, fino alla conclusione delle indagini preliminari.»;
        c) il comma 3 è abrogato;

        d) il comma 7 è sostituito dal seguente:

    «7. È in ogni caso vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la espunzione ai sensi degli articoli 268-ter, comma 1, e 268-quater, comma 1, ovvero la distruzione ai sensi dell’articolo 269».

Art. 15.

    1. All’articolo 115 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:

    «2. Di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone indicate al comma 1, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente l’organo titolare del potere disciplinare che, nel mese successivo, qualora siano verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità e sentito il presunto autore del fatto, può disporre la sospensione cautelare dal servizio o dall’esercizio della professione fino a tre mesi.

Art. 16.

    1. Dopo l’articolo 329 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

    «Art. 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni). – 1. I verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268, non acquisiti ai sensi degli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater e 268-quinquies, nonché la documentazione comunque ad essi inerente, sono sempre coperti dal segreto.

    2. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni o comunicazioni, telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente formati o acquisiti e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, ove non acquisiti al procedimento, sono sempre coperti dal segreto; i medesimi documenti, se acquisiti al procedimento come corpo del reato ai sensi dell’articolo 240-bis, sono coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari».

Art. 17.

    1. All’articolo 431, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:

    «h-bis) il verbale di cui all’articolo 240-ter, comma 4».

Art. 18.

    1. All’articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e del responsabile delle operazioni»;

        b) al comma 2, le parole: «I nastri contenenti le registrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «I supporti contenenti le registrazioni e i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche»;
        c) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

    «2-bis. Il procuratore della Repubblica designa un funzionario responsabile del servizio di intercettazione e della tenuta del registro riservato delle intercettazioni, di cui all’articolo 267, comma 7, del codice, e dell’archivio riservato, previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268 del codice, nel quale sono custoditi i verbali e i supporti.

    2-ter Il funzionario di cui al comma 2-bis comunica al procuratore della Repubblica ogni due mesi l’elenco delle operazioni che si protraggono da oltre tre mesi».

    2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge nessun rimborso è corrisposto per i costi sostenuti dagli operatori per le prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazione ovvero di richieste di acquisizione di dati relativi al traffico telefonico da parte delle competenti autorità giudiziarie.

    3. I costi sostenuti dagli operatori per le prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni ovvero di richieste di acquisizione di dati relativi al traffico telefonico da parte delle competenti autorità giudiziarie, avanzate antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono rimborsati secondo il listino approvato con decreto del Ministro delle comunicazioni 26 aprile 2001, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio 2001.

Art. 19.

    1. Dopo l’articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

    «Art. 89-bis. - (Archivio riservato delle intercettazioni) – 1. Presso la procura della Repubblica è istituito l’archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268 del codice.

    2. L’archivio è tenuto sotto la responsabilità, direzione e sorveglianza del procuratore della Repubblica, ovvero di un suo delegato, con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione in esso contenuta.
    3. Oltre agli ausiliari autorizzati dal procuratore della Repubblica, all’archivio possono accedere, nei casi stabiliti dalla legge, il giudice e i difensori. Ogni accesso, anche dei magistrati della procura, è annotato in apposito registro, con l’indicazione della data, dell’ora iniziale e finale dell’accesso e degli atti contenuti nell’archivio di cui è stata presa conoscenza.
    4. Nei casi previsti dalla legge, il difensore può ascoltare le registrazioni esclusivamente con apparecchi a disposizione dell’archivio».

Art. 20.

    1. Nel capo VI del titolo I delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo l’articolo 90 è aggiunto il seguente:

    «Art. 90-bis. - (Spese di gestione e di amministrazione in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali). – 1. Entro il 31 marzo di ogni anno, ciascun procuratore della Repubblica trasmette al Ministro della giustizia una relazione sulle spese di gestione e di amministrazione avente ad oggetto le intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nell’anno precedente. Ai fini del controllo sulla gestione amministrativa di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, la relazione è trasmessa dal Ministro della giustizia al procuratore generale della Corte dei conti».

Art. 21.

    1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) l’articolo 379-bis è sostituito dal seguente:
    «Art. 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). – Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti o attività del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio, svolti in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

    Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno.
    Se il fatto di cui ai commi primo e secondo è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, la pena è della reclusione, rispettivamente, da due a sei anni e da uno a due anni.
    Chiunque, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell’articolo 391-quinquies del codice di procedura penale è punito con la reclusione da uno a tre anni.»;

        b) dopo l’articolo 617-sexies sono inseriti i seguenti:
    «Art. 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). – Chiunque, mediante modalità o attività illecita, prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni.

    Art. 617-octies. - (Detenzione di documenti illecitamente formati o acquisiti). – Fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 617 e 617-quater del presente codice e all’articolo 167 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, chiunque, avendo consapevolezza dell’illecita formazione, acquisizione o raccolta, illecitamente detiene documenti che contengono dati inerenti a conversazioni e comunicazioni, telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente formati o acquisiti, ovvero documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
    Art. 617-novies. - (Rivelazione del contenuto di documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto di documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
    Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, la pena è della reclusione da uno a cinque anni»;

        c) l’articolo 684 è sostituito dal seguente:
    «Art. 684. - (Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale). – Chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o nel contenuto, atti o documenti di cui sia vietata per legge la pubblicazione è punito con l’ammenda da euro 500 a euro 5.000.

    Se gli atti o documenti si riferiscono a intercettazioni o alle captazioni di cui all’articolo 266-quater del codice di procedura penale, coperte dal segreto ai sensi dell’articolo 329-bis del medesimo codice, la pena è dell’ammenda da euro 1000 a euro 10.000.
    La condanna comporta la pubblicazione della sentenza a norma dell’articolo 36».

Art. 22.

    1. Dopo l’articolo 25-sexies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:

    «Art. 25-sexies.1. - (Responsabilità per il reato di cui all’articolo 684 del codice penale). – 1. In relazione alla commissione del reato previsto dall’articolo 684 del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da cento a cinquecento quote».

Art. 23.

    1. Chiunque, prima della definizione del giudizio, sia indicato, a mezzo della stampa o di qualsiasi altro mezzo di pubblicità, come autore di un fatto previsto dalla legge come reato, può richiedere al giudice, anche avvalendosi della procedura prevista dall’articolo 700 del codice di procedura civile, di disporre ogni misura idonea a far cessare la violazione del diritto al rispetto della presunzione di innocenza. È comunque fatto salvo il diritto al risarcimento di ogni danno patrimoniale e non patrimoniale subito.

Art. 24.

    1. L’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è sostituito dal seguente:

    «Art. 8. - (Risposte e rettifiche). – 1. Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche senza commento dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.

    2. Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma 1 sono pubblicate, non oltre due giorni dopo quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono.
    3. Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce.
    4. Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le medesime caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.
    5. Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate senza commento nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate.
    6. Per la stampa non periodica l’autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all’articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a proprie cura e spese, su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o affermazioni da essi ritenuti lesivi della propria reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di rilevare penalmente. La pubblicazione in rettifica è effettuata, entro sette giorni dalla richiesta, con idonea collocazione, visibilità e caratteristica grafica e deve inoltre fare inequivoco riferimento allo scritto che l’ha determinata.
    7. Qualora, trascorso il termine di cui ai commi 2, 3, 4, relativamente ai siti informatici, e 6, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dai commi 2, 3, 4, relativamente ai siti informatici, 5 e 6, l’autore della richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell’articolo 21, può chiedere al giudice, ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione.
    8. Della medesima procedura di cui al comma 7 può avvalersi l’autore dell’offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta».

Art. 25.

    1. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 132, il comma 3 è sostituito dal seguente:
    «3. I dati sono acquisiti presso il fornitore con le modalità di cui all’articolo 267-bis del codice di procedura penale, ferme restando, nel caso previsto dal comma 2 del medesimo articolo, le condizioni di cui all’articolo 8, comma 2, lettera f), del presente codice per il traffico entrante.»;
        b) all’articolo 139, al comma 5 sono premesse le parole: «Ferma restando l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 164-bis,»;

        c) dopo l’articolo 164 è inserito il seguente:

    «Art. 164-bis. - (Illeciti per finalità giornalistiche) – 1. In caso di diffusione o comunicazione di dati per le finalità di cui all’articolo 136, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137 ovvero del codice di deontologia adottato ai sensi dell’articolo 139, comma 1, è applicata la sanzione amministrativa della pubblicazione, per intero o per estratto, della decisione che accerta la violazione, ovvero di una dichiarazione riassuntiva della medesima violazione, nella testata attraverso la quale è stata commessa la violazione nonché, ove ritenuto necessario, anche in altre testate. La pubblicazione è effettuata, secondo le modalità indicate dall’ordinanza, a spese dei responsabili.

    2. Il Consiglio nazionale e il competente consiglio dell’ordine dei giornalisti, nonché, ove lo ritengano, le associazioni rappresentative di editori, possono far pervenire documenti e la richiesta di essere sentiti ai sensi dell’articolo 18, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.
    3. Il Garante trasmette al Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti l’ordinanza di cui al comma 1 per l’applicazione di eventuali sanzioni disciplinari»;

        d) all’articolo 165, comma 1, le parole: «162 e 164» sono sostituite dalle seguenti: «162, 164 e 164-bis».

Art. 26.

    1. All’articolo 4 del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n. 281, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) al comma 1, primo periodo, dopo la parola: «pubblicazione» sono inserite le seguenti: «o della diffusione» e le parole: «degli atti o dei documenti di cui al comma 2 dell’articolo 240 del codice di procedura penale» sono sostituite dalle seguenti: «dei documenti di cui all’articolo 240-bis del codice di procedura penale»;

        b) al comma 2, il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai seguenti: «Agli effetti della prova della corrispondenza degli atti o dei documenti pubblicati con quelli di cui all’articolo 240-bis del codice di procedura penale fa fede il verbale di cui all’articolo 240-ter, comma 4, dello stesso codice. Si applicano le norme previste dagli articoli da 737 a 742 del codice di procedura civile. Non si applica l’articolo 40, terzo comma, dello stesso codice.»;
        c) al comma 4, le parole: «determinazione e» sono soppresse.

Art. 27.

    1. Al comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo 25 febbraio 2006, n. 109, e successive modificazioni, dopo la lettera h) sono inserite le seguenti:

        «h-bis) l’inserimento nella motivazione di un provvedimento giudiziario di circostanze relative a fatti personali di terzi estranei, che non rilevano a fini processuali e che ledono l’onore o la riservatezza dei predetti;

        h-ter) la mancata osservanza delle norme di cui agli articoli 268-bis, comma 1, 268-ter, comma 1, ultimo periodo, 268-quater, commi 1, 2 e 3, e 293, comma 3;
        h-quater) il mancato rispetto delle norme di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271»;

Art. 28.

    1. I commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 240 e il comma 1-bis dell’articolo 512 del codice di procedura penale sono abrogati.

    2. L’articolo 9 della legge 8 aprile 1974, n. 98, è abrogato.
    3. All’articolo 96 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, al comma 2, il secondo e il terzo periodo sono soppressi, e il comma 4 è abrogato.
    4. L’articolo 3 del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n. 281, è abrogato.

Art. 29.

    1. Le disposizioni della presente legge non si applicano ai procedimenti già trasmessi al giudice dell’udienza preliminare alla data della sua entrata in vigore.

    2. Le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 268 del codice di procedura penale, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, si applicano decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore di apposito decreto del Ministro della giustizia che dispone l’entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo comma 3. Fino a tale data, continuano a trovare applicazione le disposizioni del comma 3 dell’articolo 268 del codice di procedura penale nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 30.

    1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 268 del codice di procedura penale, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, pari a 820.000 euro per l’anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del fondo speciale di conto capitale dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.

    2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Top   Indice della sezione   Home

© Manlio Cammarata 2011

Informazioni di legge