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Internet e stampa

Il punto sui problemi normativi delle pubblicazioni telematiche

Informazione on line, ecco il caos delle norme

Questa sezione di MCreporter conta più di cento articoli sull'informazione on line e le sue regole. In questa pagina una sintesi dei problemi aperti ormai da quindici anni. Che si aggiungono a quelli della professione di giornalista.

16 settembre 2009

La regola è chiara (a prima vista) e non ci sono eccezioni: i "prodotti editoriali" pubblicati a cadenza regolare, cioè quotidiani e periodici, sono soggetti all'obbligo di iscrizione nel registro della stampa tenuto dal tribunale del luogo della pubblicazione. Gli altri, cioè le pubblicazioni che non escono a intervalli regolari, devono soltanto riportare la cosiddetta "gerenza", cioè indicare le generalità dell'editore, il luogo e la data di pubblicazione eccetera, come prescrive l'art. 2 della legge "Disposizioni sulla stampa" la n. 47 del lontano 1948.

Salta agli occhi che le regole di quasi sessant'anni fa sono difficili da applicare nell'era dell'internet, a partire dalla definizione di "stampa" e "stampato" dell'art. 1. Il legislatore ha creduto di risolvere il problema con la legge n. 62 del 7 marzo 2001. Invece ha complicato la situazione. Ma andiamo con ordine.

La legge 8 febbraio 1948, n. 47, prescrive che "ogni giornale o altro periodico deve avere un direttore responsabile" (art. 3) e che "Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi" (art. 5). Inoltre, lo stesso articolo 5 richiede, per i direttore responsabile, "un documento da cui risulti l'iscrizione all'albo dei giornalisti".
Tutto questo, però, riguarda formalmente le pubblicazioni che rientrano nella definizione di "stampa" e "stampato" dell'art. 1: "Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o  fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione".

Sulla base di questi principi, molti tribunali hanno rifiutato per lungo tempo l'iscrizione delle testate telematiche (se non come supplementi di pubblicazioni su carta), anche in considerazione del fatto che per l'estensione del regime della stampa ai notiziari radiofonici e televisivi era stata emanata un'apposita disposizione nella la legge 223/90 (la famosa "Mammì", che avrebbe dovuto mettere ordine nel settore radiotelevisivo rivoluzionato dalla lunga stagione dello sviluppo dell'emittenza privata).
Solo nel 1997, una coraggiosa ordinanza del tribunale di Roma accoglieva la richiesta di registrazione della testata InterLex, come periodico "trasmesso a mezzo rete telefonica, in formato digitale con i protocolli tecnici della rete INTERNET".

In seguito alcuni tribunali hanno seguito l'esempio di Roma, altri hanno continuato a sollevare obiezioni. Con la conseguenza che l'editore di una pubblicazione periodica on line poteva incorrere nel reato di stampa clandestina, previsto dall'art. 16 della legge del 1948:

Stampa clandestina. - Chiunque intraprende la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza che sia stata eseguita la registrazione prescritta all'art. 5, è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire 500.000.
La stessa pena si applica a chiunque pubblica uno stampato non periodico, dal quale non risulti il nome dell'editore né quello dello stampatore o nel quale questi siano indicati in modo non conforme al vero.

Nel 2001, con la legge legge 7 marzo 2001, n. 62 "Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", alla nozione di "stampa" è stata sostituita quella di "prodotto editoriale", comprendendo ogni mezzo di pubblicazione, anche in formato digitale. Vediamo gli aspetti essenziali.

1. Al primo punto c'è la definizione di "prodotto editoriale", che comprende "il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici" (art. 1, c. 1). Non rientrano nella nozione di prodotto editoriale "i supporti che riproducono esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche ed i prodotti destinati esclusivamente all’informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il pubblico" (art. 1. c. 2).

2. Stabilisce poi la legge che "Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948" (art. 1, c. 3; l'art. 5 della legge 47 prevede la registrazione dei periodici, con l'indicazione del direttore responsabile). Questo è il punto-chiave, dal quale derivano i problemi di oggi. Infatti la legge del 48, dopo aver limitato all'art. 1 la nozione di "stampa o stampato" ai soli prodotti su carta, all'art. 2 introduce due obblighi per chi pubblica:

a) di indicare "il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore". Queste indicazioni, in sostanza, valgono per i libri; inoltre "i giornali, le pubblicazioni delle agenzie d'informazioni e i periodici di qualsiasi altro genere devono recare la indicazione: del luogo e della data della pubblicazione; del nome e del domicilio dello stampatore; del nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile";

b) una seconda, essenziale prescrizione è che "all'identità delle indicazioni, obbligatorie e non obbligatorie, che contrassegnano gli stampati, deve corrispondere identità di contenuto in tutti gli esemplari".

E' chiaro a prima vista che queste prescrizioni non si possono estendere automaticamente ai prodotti editoriali telematici perché: a) il "luogo della pubblicazione" è di difficile identificazione, dal momento che il server web dal quale la pubblicazione è diffusa è indifferente e può essere cambiato in brevissimo tempo con estrema semplicità"; b) non esiste uno "stampatore" come soggetto che riproduce in n copie lo stesso prodotto; c) non c'è "identità di contenuto in tutti gli esemplari", poiché ogni utente costruisce il suo esemplare prendendo solo le pagine che gli interessano, anche pubblicate in date diverse.

3. Stabilisce poi l'art. 16 della legge del 2001 che "i soggetti tenuti all’iscrizione al registro degli operatori di comunicazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della legge 31 luglio 1997, n. 249, sono esentati dall’osservanza degli obblighi previsti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47". Con un'aggiunta: "L’iscrizione è condizione per l’inizio delle pubblicazioni".

Sotto la rubrica "semplificazioni" che contraddistingue questo articolo, si nasconde in realtà un terribile pasticcio. Infatti: a) i "soggetti" contemplati dalla legge 249/97 (la celebre "Maccanico") sono solo "imprese" e non persone fisiche; b) l'iscrizione al registro della stampa comporta l'indicazione del direttore responsabile (che per la legge 63/69 deve essere iscritto all'Ordine dei giornalisti), mentre questa condizione non è richiesta per l'iscrizione al registro degli operatori di comunicazione; c) l'iscrizione come "condizione per l'inizio delle pubblicazioni" potrebbe cozzare contro l'art. 21 della Costituzione, costituendo di fatto una "autorizzazione".

Queste disposizioni, come può constatare chiunque abbia la pazienza di scorrere le pagine citate alla fine di questo articolo, hanno suscitato accese polemiche. Sicché il legislatore è intervenuto con una specie di "interpretazione autentica" nell'art. 7, c. 3, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, che chiarisce: "La registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente per le attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62".

Ma, a parte il fatto che non sono previste "provvidenze" per l'informazione on line, resta il problema della differente natura dei due registri: in quello del tribunale sono iscritte le "testate", con l'indicazione del giornalista che svolge il ruolo di direttore responsabile; nel ROC, invece, devono essere iscritte le "imprese", che per la loro natura giuridica non hanno un direttore responsabile. C'è un rappresentante legale, che svolge un ruolo ben diverso. E, a leggere con attenzione, la norma non dice se la registrazione riguarda il registro del tribunale o il ROC.

Riassumendo e semplificando, la situazione oggi è questa:
a) nessun obbligo è previsto per le pubblicazioni non periodiche, tranne le indicazioni previste dall'art. 2 della legge del '48 (alle quali si aggiunge il numero di partita IVA, secondo l'art. 35, c. 1, del DPR 633/72, come modificato nel 2001);
b) i prodotti editoriali periodici devono essere iscritti al registro della stampa del tribunale del luogo di pubblicazione (quindi devono avere il direttore responsabile iscritto all'Ordine dei giornalisti);
c) le imprese editoriali che intendono avvalersi delle provvidenze per l'editoria devono iscriversi al ROC. L'iscrizione al ROC esonera dall'iscrizione nel registro della stampa, quindi non occorre il direttore responsabile (una stranezza in forte odore di incostituzionalità, perché comporta una disparità di trattamento non indifferente tra la carta e il web).

In conclusione, non c'è alcuna norma che obblighi i titolari di siti internet personali, blog, forum e quant'altro, a qualsivoglia iscrizione in qualsivoglia registro. A condizione che l'aggiornamento del sito non sia periodico (cioè a intervalli regolari).

Per approfondire:

Stampa e Rete, il problema non è l'articolo 5 - 07.12.00
Come riconoscere l'informazione professionale on line? di Rodolfo Falvo - 14.12.00
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