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Professione giornalista

Denuncia penale per il presidente della Regione Siciliana

Quando l'uomo pubblico è un giornalista abusivo

Rosario Crocetta ha mandato a spasso i troppi giornalisti dell'ufficio stampa della Regione e comunica in prima persona. Ma la corporazione non ci sta e si appella a leggi che non esistono in nessun altro paese democratico.

15.07.13

La notizia: il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta è stato denunciato dall'Ordine dei giornalisti e dal sindacato siciliano, in sede penale, per esercizio abusivo della professione giornalistica.

Dalla nota dell'AGI, riportata da Franco Abruzzo sul suo sito:

Secondo Ordine e sindacato, Crocetta e i suoi assessori eserciterebbero abusivamente la professione di giornalista, violando le norme che riservano ai giornalisti l'esercizio delle attivita' di informazione istituzionale. Crocetta ha accentrato su di se' e sugli assessori la stesura e l'invio dei comunicati, la convocazione delle conferenze stampa e le altre attivita' di pertinenza dei giornalisti dopo avere liquidato in novembre, subito dopo il proprio insediamento, l'ufficio stampa della Presidenza della Regione. L'Associazione siciliana della stampa esprime "grande apprezzamento per l'attenzione con la quale la procura della Repubblica di Palermo ha voluto accogliere le ripetute segnalazioni del sindacato e dell'ordine a carico del governatore Rosario Crocetta per l'emissione, continuata, di comunicati stampa a firma sua e di vari esponenti della sua giunta". Il sindacato dei giornalisti "si ritiene certo che l'attento e scrupoloso lavoro della magistratura servira' a fare luce su una vicenda che - partendo dall'azzeramento dell'ufficio stampa della Regione e dal licenziamento di 21 giornalisti - sarebbe sconfinata nell'esercizio abusivo e quindi in una fattispecie di rilevanza penale".

Cerchiamo di capire, leggendo la norma che Crocetta avrebbe violato. E' l'art. 45 della legge n. 69 del 1993, art. 45 "Ordinamento della professione di giornalista":

Nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell'albo professionale. La violazione di tale disposizione è punita a norma degli artt. 348 e 498 del cod. pen., ove il fatto non costituisca un reato più grave.

Gli articoli 348 e 498 del codice penale stabiliscono che

"Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da centotre euro a cinquecentosedici euro" e che "Chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato [...] è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinquantaquattro euro a novecentoventinove euro. Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente. Per le violazioni di cui al presente articolo si applica la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento [...] e non è ammesso il pagamento in misura ridotta [...]

Conclusione: in Italia la professione di giornalista non è libera. E' l'unico Paese dell'Occidente che si dice democratico in cui esistono disposizioni di questo segno.
Ma non basta: il qualche caso la professione di giornalista è... "obbligatoria". Lo dice la legge n. 150 del 2000, art. 9:

1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa.
2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all'albo nazionale dei giornalisti [...]

C'è una contraddizione profonda in questa norma. Dice sempre la legge 69/63 "Ordinamento della professione di giornalista, all'art. 2:

È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.

Ora non c'è dubbio che nel lavoro di addetto stampa non c'è spazio per la libertà di critica né può essere obbligato al rispetto della verità sostanziale dei fatti. Anzi, l'addetto stampa deve adeguarsi alla verità che interessa il suo datore di lavoro, pena il licenziamento.
Sono sempre stato dell'opinione che il giornalista che assuma la funzione di addetto stampa, non importa se in un ente pubblico o privato, debba essere sospeso dall'albo professionale per tutta la durata dell'incarico.

Ma si sa che tante leggi, in Italia e non solo, sono il frutto delle pressioni delle varie corporazioni. E da noi quella dei giornalisti è particolarmente forte.

Ma torniamo al presidente Rosario Crocetta. Egli fa una cosa del tutto normale: comunica. Ciò che comunica può essere importante, perché riveste una carica pubblica elettiva e deve rendere conto del suo operato agli elettori. Ma è libero di comunicare anche come qualsiasi cittadino, come garantisce l'art. 21 della Costituzione

Ma la corporazione si ricorda dell'articolo 21 solo quando le fa comodo.

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